Keu e bonifica, Rubellini: “La natura delle nostre falde rallenta un po’ l’inquinante”

Firenze – Bonifiche keu, delle tredici aree oggetto delle indagini e degli approfondimenti tecnici della Regione, due hanno già concluso: l’Aeroporto di Pisa, già bonificato, e l’area di Peccioli che è stata messa in sicurezza. A comunicarlo, nel corso del punto che si è svolto oggi a Palazzo Strozzi Sacrati,  l’assessora all’ambiente Monia Monni: “Peccioli è stata messa in sicurezza, la 429 in sicurezza temporanea, sono tutte situazioni diverse tra loro, alcune sono più complesse. Il sito di Pontedera e quello di Bucine non sono più nella disponibilità della famiglia Lerose, ma sono gestiti da un amministratore giudiziario”. A ribadire la complessità della parte tecnica ma anche la effettiva presenza di uno “spazio” che consente di procedere agli studi necessari per intervenire al meglio su una situazione variegata e differenziata per vari aspetti, è il direttore generale dell’Arpat Pietro Rubellini. “Abbiamo siglato con l’Università di Pisa e con l’Università di Firenze due accordi di ricerca – dice – per studiare il materiale che è all’interno dell’aggegato riciclato che produceva la ditta Lerose. Questo perché i primi dati che interessava avere riguardavano le reazioni di questo materiale all’interno di un’aggregato riciclato, quindi in contatto con altri materiali ad esempio terrigeni, rispetto a un processo industriale di produzione di questo aggregato riciclato;  inoltre dovevamo sapere qual era il comportamento dell’aggregato riciclato contenente il keu nei vari comparti ambientali. Il motivo è che, conoscendo i materiali e i loro comportamenti, potevamo  mirare le indagini che avremmo dovuto fare e stiamo facendo rispetto all’individuazione dei meccanismi e dei bersagli dell’eventuale contaminazione di questi materiali”.

I risultati di queste attività di ricerca hanno permesso dunque di calibrare e studiare con a maggior esattezza possibile modalità e tempistica degli interventi. “Da questo punto di vista, siamo arrivati a un punto fermo – spiega Rubellini – che ci ha consentito anche di indirizzare le attività di messa in sicurezza ed emergenza sui siti più esposti agli agenti atmosferici, considerando che, in termini generali, i meccanismi di contaminazione dei comparti ambientali si sviluppano o attraverso l’aria o attraverso l’acqua, dal momento che ci vuole un solvente per creare un soluto; quindi, c’erano alcuni siti più soggetti ad essere eluviati dalle acque meteoriche rispetto ad altri. In buona sostanza, il tracciante principale, che è poi anche la sostanza più pericolosa, è il cromo esavalente che il keu contenuto dentro l’aggregato riciclato può rilasciare; ovvero il cromo in forma ossidata. Fortunatamente, le nostre falde toscane, escludendo alcune con situazioni particolari legate ai fenomeni geotermali, sono tutte riducenti. Considerando che il cromo ridotto, dunque non il cromo esavalente, bensì trivalente, è praticamente insolubile, anche se l’acqua meteorica riesce a eluviare il cromo ossidandolo e portandolo dentro la falda, dal momento che le nostre falde sono riducenti, hanno una sorta di anticorpo, ovvero lo bloccano. Così, ci mette molto tempo a spostarsi, dal momento che il cromo si blocca, poi ci ripiove, si riossida, riparte. Ciò è confermato anche dal fatto che nella stragrande maggioranza delle situazioni che abbiamo individuato, nei pozzi di monitoraggio sulle falde principali, a maggior ragione in quelle profonde, nei dintorni non abbiamo trovato il cromo 6. Lo abbiamo trovato solo in quelle situazioni e nelle falde superficiali dove era presente da più tempo, ad esempio il Green Park a Pisa, e comunque anche nei pozzi immediatamente vicini”.

Tirando le fila, possiamo dunque stare tranquilli per un po’, dal momento che un po’ di tempo per capire bene cosa fare c’è. “Evidentemente, non possiamo non fare niente, perché in prospettiva l’inquinante si sposta e corriamo il rischio che vada a contaminare grandi aree. Tant’è che il sito più preoccupante, dal momento che il materiale era già dentro la falda, e dunque non aveva bisogno neppure delle acque meteoriche per spostarsi, ovvero quello dell’Aeroporto Militare di Pisa è già stato ripulito. A questo punto abbiamo una relativa conoscenza e certezza sui meccanismi di contaminazione potenziale dell’aggregato riciclato contenente keu”.

La questione però si presenta complessa anche da un altro punto di vista. “Il ciclo produttivo de Lerose era un pò da piccolo alchimista – continua a soiegare Rubellini –  nel senso che non ci sono percentuali costanti di keu dentro il materiale che abbiamo osservato; c’è materiale aggregato riciclato che ha 60% di keu, aggregati riciclati che ne contengono il 10% o il 20%. Per fare un esempio, sulla 429, il materiale rilevato dai sondaggi compiuti, rivelano che all’interno del riciclato aggregato c’erano percentuali di keu molto inferiori rispetto a quanto era stato rilevato sulle fiancate. La messa in sicurezza d’emergenza è stata fatta dunque utilizzando un telo ad alta impermeabilità che è stato posto sulla scarpata e l’asfalto, facendo prove di impermeabilità anche sull’asfalto. Si continua anche a fare il monitoraggio ogni tre mesi sui pozzi dei privati messi a disposizione. Ad ora, non abbiamo rilevato nulla e neppure nelle acque superficiali delle canalette di scolo del rilevato stradale. Inoltre, il rilevato stradale è 5-6 metri sopra il piano di campagna, eliminando la preoccupazione che la falda con le sue oscillazioni stagionali, vada a interessare il piano contenente l’inquinante”.

 

 

 

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