Job Act di Renzi, sarà vera rivoluzione?

Una rivoluzione nel mondo del lavoro, o meglio, questo è quello cui aspira. Si sta parlando della bozza del Job Act lanciata da Matteo Renzi nella sua E-news, documento che sarà presentato ufficialmente in Direzione Nazionale il prossimo 16 gennaio. Che il segretario non perda tempo è ormai fin troppo chiaro. A un pugno di giorni dalle tre proposte di legge elettorale presentate dal suo PD, ecco l'anticipazione del documento più caldo del paniere di riforme, il perno del rilancio del paese, la pietra angolare dell'unica possibile rinascita sociale prima ancora che economica di un paese che sembra aver scordato il primo articolo della Costituzione. Se alcuni punti del Job Act erano già trapelati nei giorni scorsi (Legge elettorale, appunto, ma anche riforma del Senato, eliminiazione delle Province e Scuola), altri sono un'assoluta novità.

L'unico possibile start, più e più volte annunciato da Renzi, è la semplificazione. Ecco allora che la riduzione delle forme contrattuali (oltre 40) che – scrive Renzi – "hanno prodotto uno spezzatino insostenibile", diventa la priorità assoluta. Il nuovo piano, che dovrà essere "ben comprensibile anche all'estero" attraverserà un "processo verso un contratto di inserimento a tempo indeterminato e tutele crescenti". Tra queste, "un assegno universale per chi perde il posto di lavoro, anche per chi oggi non ne avrebbe diritto, con l'obbligo di seguire un corso di formazione professionale e di non rifiutare più di una proposta di lavoro". Su quest'ultimo punto già sembra di sentire il coro delle opposizioni, ma tant'è: la proposta che non si può rifiutare sarà, al massimo, la seconda. Silenzio assoluto sull'articolo 18, tra gli appunti di Renzi si legge anche la tanto sospirata eliminazione della figura del dirigente a tempo indeterminato nel settore pubblico. Che ci si sappia rinnovare, allora. "Un dipendente pubblico è a tempo indeterminato – scrive – se vince un concorso. Un dirigente no. Stop allo strapotere delle burocrazie ministeriali", e via al contenutismo più costruttivo e produttivo che sia in odor di merito, si può aggiungere.

Altro punto chiave è "l'obbligo di rendicontazione online ex post per ogni voce dei soldi utilizzati per la formazione professionale finanziata a denaro pubblico", che in un colpo solo fa pulito delle acque torbide in cui nuotano i pesci più furbetti. Unico presupposto dovrà essere "l'effettiva domanda delle imprese", ma Renzi butta sul tavolo anche la proposta di introdurre "criteri di valutazione meritocratici delle agenzie di formazione" con minaccia di cancellazione dagli elenchi per chi non rispetta determinati standard. Inquietudine e insonnia già aleggiano. In sintonia con il segretario della Fiom, Maurizio Landini, Renzi propone inoltre di introdurre una legge "sulla rappresentatività sindacale e la presenza dei rappresentanti eletti direttamente dai lavoratori nei Cda delle grandi aziende". Inoltre prevede la nascita di un'Agenzia Unica Federale "che coordini e indirizzi i centri per l'impiego, la formazione e l'erogazione degli ammortizzatori sociali".

Questo è quanto attiene alle regole per "tornare a scommettere sul lavoro", anzi, su "i sette settori per ciscuno dei quali il Job Act conterrà un singolo piano industriale e singole azioni operative": a) Cultura, turismo, agricoltura e cibo; b) Made in Italy (moda, design, artigianato e makes); c) ICT; d) Green Economy; e) Nuovo Welfare; f) Edilizia; g) Manifattura. Ma non di sola occupazione ha scritto Renzi. A dire il vero ce n'è per tutto: dai costi dell'energia, da rivedere per allinearli agli standard europei (e da ridurre del 10% per permettere le aziende di ripartire), alle tasse ("chi produce lavoro paga meno, chi si muove in ambito finanziario paga di più, consentendo una riduzione del 10% dell'IRAP), passando per la revisione della spesa e alla cancellazione dell'obbligo di iscrizione alle Camere di Commercio (che, tradotto, fa risparmio per e aziende e politica anticoroporativista); picchiando forte sulla digitalizzazione di ogni transazione finanziaria come di ogni singola, piccola, spesa e approdando a quanto necessita per uno snellimento significativo del mastodonte-burocrazia (per cui è previsto "un intervento di semplificazione amministrativa sulla procedura di spesa pubblica sia per i residui ancora aperti che per le strutture demaniali, sul modello che vale oggi per gli interventi militari".

Nuova normativa, questa, che dovrà allinearsi con quella in vigore per i sindaci, che "decidono destinazioni e ascoltano il parere in 60 giorni di tutti i soggetti interessati, dopo di ché nessuno può più interrompere il processo"). L'obbligo di trasparenza per amministrazioni pubbliche, sindacati e partiti va da sé.
Il sindaco è sicuro: "L'Italia ha tutto per farcela, deve solo rompere l'incantesimo". Il suo PD tenta l'aiutino con il Job Act, la cui bozza – chiarisce – "è aperta al contributo di tutti".


.

Total
0
Condivisioni
Prec.
Insegnanti, il governo fa marcia indietro sugli stipendi

Insegnanti, il governo fa marcia indietro sugli stipendi

Il segretario Pd Costa in linea con Renzi: il blocco è inaccettabile

Succ.
Notizia al bacio – Il Resto del Fruttino

Notizia al bacio – Il Resto del Fruttino

“GLI ALBICOCCHI SONO GIA’ IN FIORE” titolo – il Resto

You May Also Like
Total
0
Condividi