Era il 2006 e, in primavera, il sindaco di Gualtieri chiese a Nadia Mondadori – dipendente comunale – di organizzare degli incontri pubblici con lo scopo di cercare delle famiglie disponibili a ospitare nel periodo estivo i bambini dei campi profughi Sahrawi.
Così Nadia decide di partecipare attivamente al progetto ed è lì che conosce i volontari di Jaima Sahrawi, l’associazione reggiana nata nel 2000 con lo scopo di promuovere l’esperienza di solidarietà nei confronti della popolazione Sahrawi. E tra momenti dedicati alla ricerca di famiglie per l’ospitalità, ai banchetti per le uova di Pasqua o per i panettoni natalizi, alla raccolta di riso e alle cene di solidarietà, Nadia diventa a tutti gli effetti una volontaria che oggi coordina il gruppo di accoglienza di Gualtieri.
Ma è nel 2007 che Nadia e sua figlia, in occasione della Sahara Marathon, si immergono nella dura realtà dei campi profughi Saharawi: “Volevamo renderci conto se tutto ciò che ci avevano raccontato i volontari – spiega Nadia – fosse vero. E purtroppo sì, lo era. E’ stato in quel momento che ho compreso quanto fosse importante il mio contributo per l’associazione e le attività di solidarietà a favore di questo popolo”.
“E nel concreto queste attività – continua Nadia – consistono nel progetto Jaima (per l’accoglienza estiva dei bambini), nel progetto “Farmacia” e nel progetto Jalla Gumu. Ma non solo: l’associazione si muove per organizzare eventi culturali e incontri con gli attivisti per i diritti umani del Sahara Occidentale, altri progetti per convogliare aiuti umanitari come la raccolta alimentare anche per celiaci, attività di sensibilizzazione rivolte a cittadini ma anche alle istituzioni politiche”.
Nadia è tornata da poco da un viaggio durante il quale ha fatto visita ai campi profughi: “E’ una gioia poter rivedere i bambini che ho ospitato – racconta emozionata – vedere che stanno bene e poter conoscere le loro famiglie. Grazie al supporto degli educatori che traducono, ho cercato di interagire il più possibile direttamente con i familiari per capire come si sono trovati i bambini ospitati in Italia”.
All’arrivo al campo, l’accoglienza non si fa desiderare: “I parenti, i vicini della tenda di chi ti ospita, tutti sono lì per conoscerti. Cercano di darti tutto ciò che hanno a partire dal famoso tè con un rituale che può durare anche un’ora”.
“E’ molto emozionante – racconta ancora Nadia – guardare fuori dalla tenda nella notte buia il cielo pieno di stelle così vicino che sembra quasi di poterlo toccare”.
Nella sua ultima visita Nadia ha avuto anche modo di recarsi nei laboratori realizzati nella provincia di Smara: “Un pastificio, un forno e una falegnameria”. E per quanto riguarda i progetti di ospitalità Nadia li definisce “momenti di grande ricchezza per tutta la famiglia” ma non solo: “La nostra disponibilità permette ai piccoli profughi di restare fuori dai campi nei mesi più caldi dell’anno dove le temperature raggiungono anche i 60 gradi, permette loro di mangiare carne, frutta e verdura fresca e di fare numerose visite mediche che altrimenti non possono fare”.
“Ho conosciuto tanti bambini in questi anni – conclude Nadia – vivaci, svegli, pronti a imparare. Alcuni di loro non hanno mai visto il mare o la piscina. Ho ancora in mente le loro espressioni di stupore, il viso dipinto di paura e meraviglia allo stesso tempo e poi la curiosità con cui, grazie agli educatori, si sono avvicinati all’acqua del mare, per loro questo grande sconosciuto…”