Il calcio è scosso da un nuovo enorme scandalo legato alle scommesse. Il j’accuse del reggiano William Punghellini, per quasi un decennio al vertice della serie D: “Non basta trovare capri espiatori, il mondo del calcio è da rifondare”.
Non c’era bisogno di un nuovo clamoroso scandalo per intuire che il calcio dell’epoca post Moggi non fosse tutto rose e fiori. Ciò che sta emergendo in queste ora dalle intercettazioni dell’inchiesta condotta dalla procura di Cremona, però, restituisce la fotografia di un mondo del pallone in stato di decomposizione dal punto di vista morale. Dal calcio scommesse del 1980 a Calciopoli, fino ad arrivare alle cronache di questi giorni: in un trentennio nulla sembra cambiato.
Il reggiano William Punghellini è uno che di calcio se ne intende. Per nove anni è stato presidente della Lega di serie D e attualmente è dirigente del settore immobiliare della Federcalcio Srl. Principale autore del rilancio del massimo campionato della Lega nazionale dilettanti, il suo nome era finito nel calderone dell’inchiesta legata a Calciopoli a causa di una telefonata con Luciano Moggi nel corso della quale aveva espresso giudizi trancianti su alcuni dei dirigenti che all’epoca avevano le redini del mondo del calcio. Parole che sono costate a Punghellini sei mesi di inibizione. Ma in quel processo il dirigente sportivo è anche un teste d’accusa.
Sono passati 6 anni da Calciopoli, eppure sembra non essere cambiato nulla.
“I segnali che qualcosa non andasse c’erano da tempo, tutto ciò è dovuto al processo di commercializzazione estrema che il gioco del calcio ha subito. Un eccesso che ha spalancato le porte a tanti rischi che coinvolgono i tesserati. Oggi tutto il sistema è fondato sul business e si sono persi i valori, il rispetto, l’educazione dei giovani. Si tratta di un processo che ha stravolto l’antica concezione del gioco. E si sono svuotati gli stadi per riempire i salotti televisivi”.
E coloro che avevano il dovere di vigilare?
” Ci sono molte ragioni che impediscono agli organi federali di intervenire con tempestività con controlli e indagini preventive che sono compito della magistratura ordinaria, ma anche le sanzioni sono troppo blande. Bisogna dire che c’è una giustizia sportiva che ha troppe lacune”.
Come si può uscire da questa situazione?
“Bisogna fare piazza pulita. Alcuni personaggi già chiacchierati al tempo dello scandalo scommesse del 1980 sono coinvolti in questa inchiesta. Nel mondo del calcio ci sono troppi personaggi che hanno come unico scopo quello di fare affari, alcuni dei quali condannati per fatti anche molto gravi. E sono sempre meno i dirigenti che hanno la passione per questo sport. E’ venuto il momento di cominciare a chiedere delle credenziali: non basta il certificato antimafia, ma bisogna chiedere anche il certificato penale. E cacciare una volta per tutte chi ha precedenti”.
Oltre ai provvedimenti disciplinari, servirebbero anche buoni esempi.
“Certo, bisogna ripartire dalle fondamenta: è indispensabile il ridimensionamento degli stipendi dei giocatori ma non solo. Non è possibile che ci siano calciatori che fanno parlare di sé più per il gossip, scommesse e veline che per le doti tecniche. Serve una rivoluzione culturale, non capri espiatori su cui scaricare tutte le colpe per evitare di cadere in un baratro da quale sarà impossibile rialzarsi”.