Italiani: popolo di incolti, puttanieri e naufraghi

Ah, italiani, italiani! Popolo di poeti, di santi, di navigatori e di rétori! Come si fa a non considerarsi fortunati? Fin dalla più tenera età l’italico virgulto assorbe la poesia ed il belcanto col latte materno grazie al Festival di Sanremo, è impossibile non diventare un po’ navigatori dopo qualche estate di ferie a Pinarella e santi, quello anche solo per restare incensurati ci vuole una vocazione vera e solida. Quanto alla retorica, è prassi comune parlare delle donne sfoggiando metonimia e sineddoche, mentre le metafore, di quelle per diventare esperti basta leggere un qualsiasi quotidiano. Anche distrattamente.

Prendiamo ad esempio la vicenda della Costa Concordia. Come non vedere nell’affondamento della nave il colare a picco dell’Italia tutta, nel momento in cui al timone c’è uno sprovveduto? Navigando tra i procellosi mari dell’economia internazionale, il Paese non è riuscito ad evitare gli scogli della Crisi, trascinando a fondo le speranze di quanti sono a bordo, una roba così. E Schettino, non è forse anche lui più che una persona in carne ed ossa il compimento letterario di un tòpos, il nocchiero impavido che, sfidati i marosi, è costretto a soccombere alle ire di Poseidone? Novello Ulisse, fermo al suo posto con le orecchie ben aperte al canto delle sirene moldave ossigenate, non è egli la personificazione dell’Eroe omerico per eccellenza, metafora dell’uomo faticosamente a galla tra i flutti della vita?

Ma passiamo al Comandante De Falco, il cui nome già è di per sé evocatore di avventurose narrazioni, un nome di quelli che avrebbe potuto scegliere lo stesso Briatore per i suoi figli (non che non l’abbia fatto, in effetti), degno di appellare qualsiasi eroe di un Manga che si rispetti. Egli è metafora del Nume che dall’alto tuona contro i mortali, dapprima guidandoli, poi vaticinando ed infine con la sua Parola ottenendo sfracelli: “Lei si è salvato dal mare ma io la porto veramente molto male. Le faccio passare un’anima di guai”. Roba che l’Achab di Melville al confronto è tenero, questa è degna di Jahvé che rimbrotta Giona nella Balena. Immortali, sospese nel tempo, le parole a monito per chiunque da quel giorno in avanti si mostra titubante nell’accettare un posto di lavoro, nel dichiarare guerra all’Iraq o nel salire sull’autobus: “Vada a bordo, cazzo!”.

Il recupero e l’approdo in porto della Costa Concordia non sono forse metafora di un Paese che, finalmente nelle mani di un capace conduttore, riemerge dall’abisso e svetta fiero, pronto per la ricostruzione (o il disarmo? Ma siamo positivi, suvvia). Schettino che scrive un libro è o no metafora dello stato dell’editoria in Italia? L’amante moldava non è forse metafora di un Paese che va a puttane mentre, invece di fare il contropelo ad un branco di pericolosi cialtroni, sta lì a forgiare metafore per riempire gli spazi tra una pubblicità e l’altra?

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