Firenze – Il balzo, in questi mesi del 2017, è dl 10% in più. Fantastica performance dell’Italian Food nelle esportazioni, secondo i dati esibiti dalla Coldiretti all’apertura di Tuttofood, alla Fiera di Milano, sulla base dei dati Istat sul commercio estero a gennaio 2017. In testa nell’export agroalimentare del Bel Paese resta il vino, con un valore di 5,6 miliardi nel 2016, seguito dalla frutta fresca e trasformata con 4,6 miliardi, dagli ortaggi freschi e trasformati per 3,7 miliardi, da animali, carni e salumi per 3 miliardi, latte e derivati per 2,7 miliardi, la pasta con 2,3 miliardi e olio di oliva per 1,2 miliardi.
Per quanto riguarda i paesi più “accoglienti” per il cibo italiano, per quasi i due terzi sono i Paesi dell’Unione Europea, con il mercato comunitario che aumenta del 6%. tuttavia le performance del Made in Italy crescono su tutti i principali mercati, dal Nordamerica all’Asia fino all’Oceania. Un balzo del 59% si registra in Russia, pur considerando che si continua a scontare l’embargo, che ha colpito gran parte dei prodotti alimentari ad eccezione del vino e della pasta. A parte gli stati dell’Unione, il principale mercato extraeuropeo rimangono gli Stati Uniti, che, con una crescita dell’11%, risultando anche il terzo in termini generali dopo Germania e Francia e prima della Gran Bretagna.
Il vero timore è che su questa marcia trionfale pesino le decisioni di politica internazionale che vanno ad incidere in maniera significativa sul nostro export, in particolare agroalimentare. Di questa preoccupazione si fa portavoce l’associazione dei coltivatori, puntando il dito sulla tentazione di mettere in atto, da parte degli stati, “politiche neoprotezionistiche”. Se da un lato infatti sono ancora tutti da valutare gli effetti della Brexit, dall’altra ci sarà da fronteggiare l’atteggiamento statunitense che, sotto la guida di Trump, “sta per scegliere i prodotti dell’Unione Europea da colpire come risposta alla controversia generata dalla questione della mancata importazione di carne dagli Usa in Europa per la disputa sugli ormoni iniziata con il ricorso al Wto nel 1996. Nella black list all’interno della quale scegliere pubblicata dall’United States Trade Representative sul Registro federale ci sono – precisa la Coldiretti – le acque minerali che complessivamente hanno fatto segnare un valore dell’export in Usa di 147 milioni di euro nel 2016 seguite dalle polpe e dai pomodori pelati per 78,9 milioni di euro, i tartufi freschi o refrigerati per 9,7 milioni di euro, le castagne per 5 milioni e le barrette di cioccolata per appena un milione di euro”.
Infine, il presidente della Coldiretti Roberto Moncalvo sottolinea anche i danni e la necessità di mettere un freno all’ “agropirateria”, che colpice in particolare l’Italian Food. Per rendersi conto della dimensione del problema, ricorda la Coldiretti, “all’estero sono falsi quasi due prodotti alimentari di tipo italiano su tre. In testa alla classifica dei prodotti più taroccati – conclude la Coldiretti – ci sono i formaggi a denominazione di origine Dop a partire dal Parmigiano Reggiano e dal Grana Padano, ma anche il Provolone, il Gorgonzola, il Pecorino Romano, l’Asiago o la Fontina. Poi ci sono i salumi più prestigiosi dal Parma al San Daniele spesso “clonati”, ma anche gli extravergini di oliva, le conserve e gli ortofrutticoli come il pomodoro San Marzano. Se gli Stati Uniti sono i “leader” della falsificazione, le imitazioni sono molto diffuse dall’Australia al Sud America, ma anche sul mercato europeo”.