Una storia infinita sta per concludersi. Manca solo il prezzo. Sono anni che la Lufthansa, la compagnia di bandiera tedesca, cercava di metter piede in Italia. Numerose erano le offerte all’allora Alitalia, un tira e molla infinito, tanti altri concorrenti e investitori erano in gioco, i vari governi a Roma dicevano la loro e alla fine non si concludeva mai niente.
Il no dell’Italia ai tedeschi per molto tempo aveva un motivo: la Lufthansa non voleva mai comprare tutto, troppi problemi e debiti, ma era interessata soltanto nei settori “sani” come il trasporto aereo e gli aeroporti. Voleva evitare il peso del troppo personale, sapendo della forza dei sindacati in Italia. Niente spezzatino, diceva Roma alla Lufthansa e agli altri concorrenti.
Ora, dopo il decreto del governo Meloni le cose sono cambiate. Sono state ammesse delle offerte per ITA che è nata nel 2021 dopo il fallimento dell’Alitalia. L’unico interessato: la Lufthansa che ha mandato la sua proposta a Roma. Adesso il proprietario di ITA, il ministero dell’Economia, controllerà per bene l’offerta e firmerà insieme ai tedeschi un “memorandum of understanding” per impegnarsi.
Se Roma dice di sì, partiranno le trattative che dureranno alcuni mesi e forse anche di più. Qualcuno parla di Pasqua come data. Poi ci vuole anche l’ok dell’antitrust europeo. “Loro a Bruxelles saranno contenti quando potranno finalmente chiudere il dossier Alitalia/ITA dopo tanti anni di sussidi di Stato”, commenta ironicamente il quotidiano economico tedesco Handelsblatt.
Del prezzo non si parla, ma i tedeschi hanno già annunciato di voler prendere una quota di minoranza per poi salire fino a oltre il 50 per cento. Così la Lufthansa ha fatto quando in passato ha prelevato la compagnia belga Brussels Airlines e l’austriaca AUA. E l’ITA adesso è molto più piccola dell’Alitalia con 69 aerei e 3600 dipendenti.
E purtroppo ha i conti in rosso da quando è nata nell’ottobre del 2021: perdite di 149 milioni di euro nel 2021, 272 milioni nel 2022 anche perché il prezzo aumentato del carburante. Si stima che al momento ITA non ha più di 500 milioni di euro rimasti. La dote statale per la partenza che era stata autorizzata dall’Unione Europea era di 1,35 miliardi di euro, suddivisi in tre tranche: 700 milioni per il 2021, 400 per il 2022 e 250 per il 2023.
A Francoforte comunque sono molto ottimisti e contenti del fatto che finalmente riescono a mettere piede in Italia. “Nei prossimi 30 anni dobbiamo guardare molto di più all’emisfero meridionale”, ha detto Carsten Spohr, il capo della Lufthansa. Lui pensa all’Africa. “E’ più difficile da raggiungere dai nostri hub al nord, siamo limitati”, spiega, “per ciò abbiamo bisogno di un hub al sud”. Ecco perché gli interessa Roma. In Asia la concorrenza delle altre compagnie aeree è troppo grande, ma il sud è il mercato numero due in Europa.
Ma non soltanto. Spohr guarda anche in Portogallo dove il governo vuole fare tornare sul mercato la compagnia TAP, nazionalizzato durante la crisi. Già quest’anno inizieranno le trattative.
I media tedeschi non sono tanto ottimisti come la Lufthansa. Ricordano in questi giorni con tutti i particolari la storia triste dell’Alitalia che da quando è stata nazionalizzata nel 2017 ha mangiato più di 900 milioni di euro di prestiti di ponte. Poi i vari tentativi con investori, da Atlantia a vari investori stranieri. Il governo Draghi aveva concordato colloqui esclusivi con l’investore Certares Management LLC includendo Air France-KLM e Delta mettendo alla porta il consorzio formato da Lufthansa e la compagnia di navigazione svizzera MSC.
Quasi con stupore è stata registrata in Germania l’apertura del governo Meloni. Ma i dubbi restano. Jens Koenen, specialista per l’aviazione di Handelsblatt, è molto duro nel suo commento: “Ci sono dei rischi, non è automatico che Spohr riesca con l’integrazione di ITA. Non è la stessa cosa come le integrazioni delle compagnie del Belgio e dell’Austria. In questi casi il management della Lufthansa poteva fidarsi di governi stabili che stavano alle loro parole date. E ci volevano anni per realizzare dei profitti.” Sono affidabili le dichiarazioni di un governo con una politica di timbro nazionalista, si chiede l’esperto. Cosa succederebbe con un cambio di governo come ce ne sono visti tanti nel passato?
Due analisti tedeschi che seguono il mercato dell’industria aeronautica sono altrettanto scettici. La Lufthansa non dovrebbe entrare nel mercato italiano, sostiene Ingo Speich di Deka Investments, perché c’è già Ryanair e la Lufthansa non potrebbe guadagnare. Quindi deve operare in modo più internazionale. E Patrick Schuchter, gestore del fondo presso Union Investment, ricorda che ITA a Roma ha soltanto una quota di mercato di 28% e insieme alla Lufthansa circa il 35%, per lui una sfida difficile.
Per l’ingresso della Lufthansa si parla di una quota di 40%. La transazione potrebbe essere chiusa tra due, tre anni. Si sa già che resteranno gli aerei blu di ITA, la sede della compagnia integrata sarà a Roma. Ma pesa il giudizio dell’esperto di Handelsblatt: “Nel dubbio la Lufthansa deve essere pronta a ritirarsi dall’Italia se a Roma di nuovo le cose non andranno come si pensava.”