Istituto Peano, viaggio nell’occupazione “responsabile”

Firenze –  I ragazzi del Peano vogliono una scuola migliore, più pulita e più sicura: di fronte a mancanza di soldi e di interesse istituzionale, si sono dati da fare in prima persona. Come?  Occupando i locali due giorni fa.

Hanno raccolto soldi per comprare la vernice e lo stucco e hanno decorato le porte, hanno riverniciato i bagni e la ringhiera delle scale mangiata dalla ruggine, hanno pulito a fondo la struttura e tutte le superfici dei banchi. Il problema centrale rimane però l’Aula Magna: collocata in un edificio staccato dal complesso scolastico, era attiva fino a 5 anni fa. Poi, danni strutturali hanno rese necessarie alcune opere di manutenzione, mai avvenute per mancanza di fondi. “Siamo costretti a pagare l’affitto di aule al di fuori della scuola per fare le assemblee a cui abbiamo diritto”, spiegano Andrea e Leonardo, rappresentanti di Istituto: “Potremmo usare la palestra, ma c’è una pessima acustica, e poi in tutto siamo 900 ragazzi”. Una situazione che crea molto nervosismo sia tra gli studenti sia tra i professori.

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“Con questa occupazione vogliamo dimostrare che invece siamo responsabili e capaci di gestirci”, e sembra che per il momento i ragazzi ci siano riusciti.

Oltre alla manutenzione, tutte le mattine si riuniscono per discutere di argomenti in cima all’agenda pubblica: il fenomeno dell’Isis, la guerra tra Israele e Palestina, la crisi del nostro paese. Qui si inserisce l’altro blocco dei motivi dell’occupazione, quello legato al Job Act, a un nuovo concetto di istruzione che si vuole affermare: una scuola adeguata sempre più al mondo del lavoro, con la possibilità per i privati di interferire nelle decisioni riguardanti la didattica; una scuola assimilabile a un modello aziendale, con poteri accentrati e mancanza di confronto tra gerarchie.

“Adesso si dice che il saper fare è più importante del sapere, ma non è affatto così, il mondo della scuola e quello del lavoro devono restare separati”. Inoltre i ragazzi manifestano la netta contrarietà “a una riforma che prevede nuovi tagli e contemporaneamente l’assorbimento di 150.000 docenti precari, senza alcuna garanzia che questo sia effettivo”.

In molti, prima di pranzo, giocano a calcio nel campo davanti a scuola; altri colorano scritte su fogli da appendere nei corridoi, altri proseguono i lavori scartando la vernice del muro accanto ai bagni al pianterreno per poi ridipingere. C’è un clima disteso e la certezza di stare facendo qualcosa di utile, laddove i finanziamenti non arrivano più.

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