Firenze – Dai dati diffusi dall’Istat che riguardano il terzo trimestre del 2016, emerge che dal lato dell’offerta di lavoro, dopo cinque trimestri consecutivi di crescita, l’occupazione complessiva mostra un lieve calo rispetto al trimestre precedente (-14 mila, -0,1%), a sintesi del proseguimento delle tendenze alla crescita dei dipendenti (+66 mila, 0,4%) più che compensato dal calo degli indipendenti (-80 mila, -1,5%). Probabilmente i nuovi contratti (Jobs act) che in una prima fase hanno assorbito le false partite IVA e i tempi determinati, ora non sono più in grado di farlo con la stessa intensità. Inoltre, la fiscalità agevolata per le assunzioni, ha indotto molte imprese a regolarizzare la forza lavoro già in essere.
Da questi fatti e dati, si può dedurre che la forza lavoro rimane costante o in leggero declino, così come confermato dal dato relativo all’occupazione; l’istantanea dell’Istat conferma che a livello congiunturale rimane stabile, anzi, dall’analisi emerge che le tendenze più recenti, misurate dai dati mensili relativi ad ottobre 2016 mostrano, al netto della stagionalità, un nuovo calo degli occupati concentrato nei dipendenti a tempo indeterminato, a fronte di una modesta crescita dei dipendenti a termine e della stabilità degli indipendenti. Di fatto, si potrebbe affermare che l’effetto del Jobs Act potrebbe essersi già esaurito senza però creare nuova occupazione.
Il dato più preoccupante è quello relativo al tasso di disoccupazione che rimane stabile per il quarto trimestre consecutivo in confronto al trimestre precedente mentre aumenta di 0,4 punti rispetto allo stesso trimestre del 2015, con una crescita tendenziale di 132 mila disoccupati.
Per il terzo trimestre consecutivo diminuisce, in modo più consistente, il numero degli inattivi di 15-64 anni (-528 mila in un anno) e il corrispondente tasso di inattività.
Nel confronto tendenziale, la diminuzione dell’inattività è diffusa per genere, territorio, classe di età e riguarda sia quanti vogliono lavorare (-212 mila le forze di lavoro potenziali, soprattutto tra le donne) sia la componente più distante dal mercato del lavoro (-316 mila chi non cerca e non è disponibile). Il punto è, dove e come potranno trovare un lavoro.
Le imprese nonostante una discreta crescita della domanda di lavoro (di seguito i dati) non sono in grado di assorbire questi numeri; la pubblica amministrazione in senso lato (Stato regioni Enti locali, partecipate ecc.) da anni non effettua concorsi, anzi, da anni si assiste ad una diminuzione degli occupati del settore pubblico.
Dal lato delle imprese, come si accennava prima, si confermano i segnali di crescita congiunturale della domanda di lavoro, con un aumento delle posizioni lavorative dipendenti pari allo 0,6% sul trimestre precedente, associato ad una lieve riduzione delle ore lavorate per dipendente (-0,3%); continua inoltre a diminuire il ricorso alla Cassa integrazione.
L’aumento delle posizioni lavorative è sintesi della stabilità dell’industria in senso stretto e dell’incremento dei servizi; il tasso dei posti vacanti aumenta di 0,1 punti percentuali in termini congiunturali mentre è stabile su base annua. Per quanto riguarda il costo del lavoro, diminuiscono ancora gli oneri sociali (-0,6%), effetto della riduzione contributiva associata alle nuove assunzioni a tempo indeterminato.
Una “istantanea” della nostra economia che conferma di fatto una “stagnazione positiva”, in contrapposizione ad una tendenza che vede migliaia di giovani, e non solo, in cerca di lavoro.