Non pare, a sentire i mugugni negli autobus o a seguire il ribollire dei social. Eppure, quasi l’87% degli italiani è molto o abbastanza soddisfatto della propria vita. Più al Nord che al Sud. E il disagio degli altri è dovuto soprattutto alle condizioni economiche. È l’esito dell’ultimo censimento sulla soddisfazione degli italiani.
Dalla puntuale analisi demografica e ai check up sulle tendenze dell’economia, stavolta l’ultima radiografia del Paese offerta dall’Istituto Nazionale di Statistica è di tipo esistenziale, partendo da questo quesito di fondo: “Attualmente, quanto si ritiene soddisfatto della sua vita nel complesso?”. Domanda impegnativa che, specialmente, per i non più giovani, induce a bilanci talvolta scomodi.
Questa introspezione, che ha mosso il pensiero spesso malinconico di poeti e scrittori immersi in pessimismi cosmici e spleen decadenti, è alla base del rapporto “Aspetti di vita quotidiana – Soddisfazione dei cittadini per la qualità della vita”, che l’Istat stila ogni anno dal 1993. Secondo l’ultimo report il 46,6% degli italiani attribuisce alla propria esistenza voti molto alti (tra 8 e 10), il 40,2% giudica la propria vita mediamente soddisfacente (tra 6 e 7), mentre solo l’11,9% la valuta con punteggi bassi (tra 0 e 5). Il dato più consolante è che la soddisfazione per la propria condizione di vita aumenta anche nella fascia di età tra i 25 e i 34 anni. Alle prese con precarietà diffuse, lavori saltuari, mutui inaccessibili, eppure il 48,6% del campione giovanile sondato non esprime particolari problematiche, facendo aumentare il dato positivo del 3,6% rispetto all’anno precedente. Nel quadro di un trend in cui il livello generale di soddisfazione, tra il 2016 e l’ultima rilevazione, è cresciuto di 5 punti percentuali.
La soddisfazione diminuisce, però, con l’aumento dell’età: se i soddisfatti tra i 14 e i 19 anni sono il 56,6%, tra gli over 75 scendono al 39,4%. C’è un dislivello di 17 punti che, al di là della statistica, fa pensare a disillusioni piuttosto estese, a storie di vita che non hanno seguito le rotte sperate.
Come si fa a sondare la qualità della vita delle persone, a mettere in fila le loro attese centrate o le loro delusioni? Come si fa a definire il bianco o il nero delle esistenze, senza le sfumature di grigio? Sembra, a prima vista, un riscontro difficilmente permeato di scientificità. E invece non è così. D’altronde, fin dai primi anni Settanta, ai calcoli matematici per il Pil, il Prodotto interno lordo, rigorosamente economico-finanziari, si cominciarono ad affermare le analisi sul Fil, la Felicità Interna Lorda, sulla base di una intuizione del re del Butan, Jigme Singye Wangchuck. Fra gli indicatori del Fil c’erano la speranza di vita, la coesione sociale, il benessere percepito al di là del concetto di ricchezza.
In fondo, il censimento sulla soddisfazione di vita degli italiani reso noto dall’Istat, anche a questi principi fa riferimento. L’indagine rileva la condizione di vita dei cittadini attraverso una pluralità di rilevazioni: “La soddisfazione per la vita nel suo complesso – si legge nella nota metodologica che accompagna il report dell’Istat – è uno degli indicatori utilizzati per la valutazione del benessere soggettivo. Essa misura quanto gli individui sentano di vivere una vita conforme alle aspettative al di là delle contingenze momentanee”.
Se questo è il focus di carattere generale, il rapporto dell’Istat è formulato anche in base ad alcuni ambiti fondamentali della vita delle persone: la soddisfazione rispetto alla propria salute, al tempo libero, alle relazioni familiari, ai rapporti di amicizia, al tempo libero, al lavoro e alla situazione economica. E c’è poi un indicatore che appare quanto meno a rischio nei tempi che stiamo vivendo: la fiducia negli altri. E infatti, alla domanda se ci si possa fidare della maggior parte delle persone, prevale di gran lunga la cautela: solo il 24,8% esprime apertura verso gli altri. Il massimo livello di fiducia, il 29,3%, è riscontrato nella classe di età tra i 60 e i 64 anni. La maggiore diffidenza è tra gli over 75 (19,4% di fiduciosi) e tra le ragazze tra i 14 e i 19 anni, la cui diffidenza si attesta intorno al 79% ed è aumentata in un anno di cinque punti percentuali.
Curioso, sempre in questo settore di ricerca, l’esito del quesito sulla “probabilità di restituzione del portafoglio smarrito da parte di un vicino di casa, o da un appartenente alle forze dell’ordine o un perfetto sconosciuto”. I rispondenti hanno dichiarato il maggior grado di fiducia verso gli esponenti delle forze dell’ordine (86,3%), seguiti dai vicini di casa (76,7%). Soltanto il 16,3% si fiderebbe degli estranei.
Per quanto riguarda indicatori più convenzionali: dopo il vuoto del lock down, si conferma una ripresa generalizzata della soddisfazione per il tempo libero (68%) e per le relazioni amicali soprattutto tra le persone di 60-64 anni. Bene anche la salute, con i soddisfatti della propria condizione fisica al 79,7%. Segnali positivi riguardano pure la soddisfazione economica personale (manifestata da una quota del 59,4%, +2,4 punti percentuali) e per quella lavorativa (80,0% tra gli occupati, +2,1 punti percentuali). Ma il record di soddisfazione (89,3%) lo si riscontra rispetto all’habitat familiare. E i più felici sono i giovanissimi: per il 92% di loro in famiglia tutto fila a gonfie vele. C’è di che essere soddisfatti.