Israele in attesa del nuovo governo

Semplici considerazioni che grosso modo spiegano la sostanziale uniformità della pubblica opinione israeliana in politica estera e dei rapporti diplomatici privilegiati, e di molto, con il mondo delle democrazie, in particolare con gli Stati Uniti.
Su questo sfondo non eludibile, la popolazione israeliana dall’ultimo quarto del secolo scorso s’è divaricata sulla connotazione dello Stato. Giova ricordare la crescita della popolazione ebraica in Palestina. Nel 1881, alla vigilia dei pogrom nella Russia zarista, la tradizionale comunità giudaica ammontava a circa 24.000 abitanti, per lo più a Gerusalemme e nelle città di Hebron, Tiberiade e Safed, su di una e Ungheria (ca.60.000); 1932-39 per le persecuzioni nazi-fasciste (ca.250.000). Alla vigilia della seconda Guerra mondiale gli ebrei in Palestina sono circa 450.000, nove anni dopo, allo scoppio delle ostilità con gli arabi nel 1948, in seguito all’immigrazione degli scampati alla Shoah, 758.700.

Lo Stato di Israele è fondato il 14 maggio 1948 da una generazione di askenaziti immigrati dall’Impero popolazione di 482.000 anime. Alla fine del secolo, alla conclusione della prima ondata (Alyah, “salita”, in senso religioso) di scampati ai pogrom, contava 55.000 ebrei su un totale di 611.000 residenti. Seguirono quattro Alyah: 1904-14, dopo la seconda ondata di pogrom (ca.40.000); 1919-23 dall’URSS per le ambiguità del bolscevismo (ca.40.000); 1924-26 per le ostilità in Polonia zarista nel primo decennio del Novecento, ispirati da propositi socialisti con radici culturali nell’illuminismo e nell’ottocentesco nazionalismo liberale laicista euro-statunitene. Finita la guerra, nel 1949 gli ebrei in Israele sono 1.013.900 su 1.173.900l’. Nel 1951dopo l’immigrazione dai paesi arabi (quasi tutti religiosi) 1.404.400dopo. Nel 1983 dopo la immigrazione dall’URSS (tutti laici e ultra nazionalisti) 3.412. C’è da stupirsi che l’ossatura dello Stato voluta dai padri fondatori abbia retto e regga malgrado l’animus della società sia totalmente cambiato da allora.

Già nel 2002 George Bensoussan nella monumentale Histoire du Sionisme (Fayard, p. 868 ) scriveva «la legittimità statale dello Stato d’Israele è passata dai laici ai religiosi. Il sionismo pretendeva di rompere col Giudeo per forgiare l’Ebreo. [In Israele] la Torah, il Tanach, e una storia ebraica totalmente radicata nella Bibbia» nella quale religione e Stato sono in osmosi. «Doveva accadere che la nazione si fondasse su di una identità perenne». La Bibbia appunto. Un processo già evidente con la clamorosa, prima sconfitta del Partito Laburista, fino ad allora dominante, alle elezioni nel giugno 1977. La causa prossima fu la  sorpresa non perdonata dagli israeliani della Guerra del Kippur (1973), ma ben più determinante l’evoluzione della società israeliana contestuale alla immigrazione.

Shimon Peres, Presidente della Repubblica, il 2 febbraio ha affidato l’incarico per il nuovo governo a Netanyahu e il 5 successivo ha inaugurato alla Knesset la diciannovesima legislatura. Peres ha seguito la prassi di affidare le consultazioni al capo di partito con maggiore possibilità di coagulare una maggioranza di governo. Eppure è probabile che nell’ambito della lista dei due partiti Likud e Beiteinu, uniti alla vigilia delle elezioni per conquistare un numero di seggi superiore alle precedenti elezioni, rispettivamente 27 e 15, la perdita di 11 seggi sia da attribuire al Likud  (Netanyahu). Infatti Beiteinu è un partito etnico di immigrati dall’URSS, culturalmente e politicamente compatti. Sulla base delle precedenti elezioni (2009), i 3.416.587 votanti (pari al 64,7%) divisi per 120 seggi della Knesset corrispondono a 28.471.585 voti per seggio.
Non sarà affatto facile per Netanyahu, sebbene politico e politicante espertissimo, formare un solido governo con la spinosissima questione aperta della coscrizione obbligatoria sulla quale è naufragata la precedente legislatura. (Cfr. “Stamp Toscana” del 1° gennaio.)

I 19 seggi conquistati inopinatamente dal nuovissimo Yesh Atid di Yair Lapid sono una svolta imprevista – pur sempre limitata – di centro-sinistra laica (con gli altri di centro e sinistra sionista 48 seggi). Anche il partito ultra ortodosso religioso Unitded Tohrah Judaism ha ottenuto 2 seggi in più dei 5 precedenti e il pendant sefardita Shas ha conservato i suoi 11. A destra si collocano Beiteinu ultra nazionalista laico, il Likud e Habayt Yeudi (12 seggi a scapito del Likud) di Naftali Bennet ultra nazionalista religioso. (Cfr. “Stamp Toscana” del 28 gennaio.)


Francesco Papafava
 

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