Dalle urne è uscito prepotentemente il nome di Yair Lapid. Alla soglia dei 50 anni, giornalista e scrittore. Capelli brizzolati e abiti firmati. Moderato, laico e d'ispirazione liberale. E' espressione della classe media israeliana. Figlio, in tutti i sensi, dell'esperienza politica del partito Shinui di cui il padre Tommy è stato uno dei massimi esponenti. L'agenda politica di Lapid chiede: meno tasse, migliori servizi ai cittadini, a partire dall'istruzione, più uguaglianza nei doveri nei confronti dello Stato, ripresa del processo di pace con i palestinesi. E include: servizio militare o civile obbligatorio per i religiosi. E' proprio la questione dei religiosi ortodossi haredim ad aver fatto breccia negli elettori convincendoli a votare per il partito di Lapid, Yesh Atid: c'è un futuro. 19 seggi nella nuova Knesset e seconda formazione politica nel Paese. In campagna elettorale ha puntato tutto sullo slogan: Basta tasse.
Nella società israeliana equivale a dire: ridurre le sovvenzioni ai religiosi. In un contesto in cui la media delle famiglie, in particolare i giovani, fanno fatica ad arrivare a fine mese. Mentre, gran parte degli haredim non lavora, è esentato dalla leva militare e percepisce un salario mensile dal governo. Il voto a Lapid è diventato quindi, un voto di protesta contro il modus vivendi e operandi della politica israeliana nei confronti dei religiosi ortodossi. Se si aggiunge che gli obblighi religiosi, come ad esempio il divieto di usare mezzi di trasporto durante lo shabbat, non collimano con lo stile di vita, occidentale, di gran parte dei cittadini d'Israele, si capisce molto di questo risultato elettorale. L'elettorato ha premiato, Lapid non dando ascolto ai richiami alla sicurezza nazionale invocati dal leader del Likud. E allora, è evidente che più della paura del nucleare iraniano, nell'elettorato, ha influito il timore di una estremizzazione religiosa e nazionalista del Paese.
L'alta affluenza ai seggi, quasi il 70%, ha permesso al centro-sinistra di agguantare la destra e pareggiare questa tornata elettorale. In una rincorsa quanto mai miracolosa guidata abilmente da Lapid e dai rinnovati partiti socialdemocratici e progressisti. Disegnando una società divisa in due blocchi contrapposti che nelle prossime settimane dovranno cercare un punto di dialogo. Altrimenti, senza una maggioranza di 61 seggi si torna al voto. Il successo di Lapid offusca quello dell'altro outsider di queste elezioni: Naftali Bennet. Leader del partito nazionalista Habayit Hayehudi. 11 seggi, "rubati" al Likud Beiteinu. Bennet è giovane. Proviene dalle file del Likud. E ha fatto un sgarbo non da poco al suo vecchio mentore. E' pronto ad entrare al governo con Netanyahu, e la sua offerta, visti i numeri, è ben accettata dal Likud, difficile dire in che poltrona, si parla addirittura degli Esteri.
Ed infine, eccoci a Bibi Netanyahu, esce ridimensionato da queste elezioni per varie ragioni: in primis per aver sottovalutato Bennet. Poi per aver pagato il prezzo di una alleanza con Avigdor Lieberman, inquisito per corruzione, che non ha portato nemmeno un voto in più nelle casse del Likud, al contrario molti sono scappati. Inoltre, Bibi ha dimostrato poca diplomazia nelle relazioni durante la campagna elettorale: si è scontrato apertamente con il capo dello Stato, Shimon Peres, e cosa non da poco con il re-eletto presidente USA, Obama. Secondo taluni analisti il fatto che mancasse un vero e proprio avversario ha spinto Netanyahu allo scontro aperto contro tutti. Questa scelta, vista oggi, non ha pagato. Ed ora è costretto ad una mediazione difficile. Gli servirà tanta umiltà per restare in sella al governo. E' certo che dovrà guardare al centro per la formazione di una coalizione maggioritaria: potrebbe offrire la poltrona di Ministro delle Finanze a Lapid e quella di Ministro della Difesa a Mofaz di Kadima. Un governo Likud-Beiteinu, Habayit Hayehudi, Yesh Atid e Kadima, numeri alla mano, vorrebbe dire 63 seggi, maggioranza forse troppo risicata per guidare a lungo il governo. E allora forse, ci sarebbe spazio anche per la colomba Livni. Ragionamenti ad alta voce, al momento tutto pare fantapolitica.
Enrico Catassi