Israele, cronaca di una giornata elettorale

Lunghe file per entrare in cabina. Elettori muniti di documento e tessera elettorale monouso. All'ingresso poliziotti o militari a garantire la sicurezza. All'interno gli osservatori dei partiti. Ricevono una paga giornaliera di 600 nis pari a 120 €. E gli scrutatori nominati ed inviati dal parlamento, per loro 900 nis ovvero 180 €. Cibo garantito. Fuori i folkloristici gazebo dei partiti. Una marea di ragazzini che assalgono chiunque si avvicini. Propinano volantini e tentano di convincerti a votare per il "loro" partito. Non mancano discussioni tra i vari militanti, qualche parola di troppa, qualche sgarbo al materiale elettorale altrui ma nulla di più. I più organizzati e dai modi decisi sono i giovani che provengono dagli insediamenti, ben riconoscibili per kippah colorata e tzioziot legati ai pantaloni. Per i giovani militanti che ricevono un compenso la paghetta si aggira intorno ai 100 €. Ragazzi ventenni e molti minorenni, persino dodicenni. Muniti di maglietta. Attaccano poster. Rifilano tonnellate di pubblicità. E ovviamente consegnano le schede elettorali con il nome del partito già stampato da inserire nella busta e infilare nell'urna. C'è solo da fare attenzione che all'interno non finisca più di  una scheda altrimenti il voto viene annullato.

Ho iniziato il mio tour questa mattina presto. Il primo seggio visitato è stato quello lungo la Hebron road a Talpiot. Quartiere industriale e dai tanti centri commerciali. Sobborgo di Gerusalemme che ospita il proletariato etiope e confina con le case della ricca borghesia di Arnona. Roccaforte del Likud almeno in passato. Qualcosa però potrebbe cambiare. Numerosi i sostenitori del liberale Lapid e dei religiosi dello Shas. Ma l'arrivo delle truppe cammellate del partito di Bennet fa capire l'aria di novità che tira. Strette di mano, pacche sulle spalle. Le spille dei nazionalisti di Habayit Hayeudi compaiono sugli indumenti all'improvviso, sono in tanti ad attaccarle. Mi sposto a Rehavia, un tempo quartiere di artisti e intellettuali. C'è il banchetto del Likud, poco frequentato. Meglio quello dei laburisti dell'Avodà. Benissimo i socialisti del Meretz. Grazie anche alla simpatia e bellezza delle giovani studentesse in maglietta bianca/verde.

20 minuti di macchina e raggiungo il villaggio arabo di Abu Gosh. Contro ogni previsione è un via vai di gente ai seggi. Qui incontro i militanti arabi dell'Avodà e quelli della formazione araba Balad. E persino una folta rappresentanza del partito religioso ebraico Shas. Resto di sasso. Mi spiegano che il campo di basket e la sede dell'associazione sportiva provengono da donazioni del partito fondato dal rabbino Ovadia Yosef. E allora …. capisco.

Infine, faccio un salto nell'insediamento di Gilo alle porte di Betlemme. C'è solo una rappresentanza del Likud di Netanyahu. Mi fermo a parlare e mi fanno capire che non sta andando assolutamente bene. La percentuale dei votanti è bassa. A questo punto è scesa la notte sulla città santa. Torno a casa, accendo la tv e aspetterò le 22 forse anche le 23 prima che spunti qualche dichiarazione. Chissà chi sarà il primo a salire sul palco e annunciare di aver vinto, veramente.

Enrico Catassi

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