Firenze – Firenze ha la febbre. In particolare, sono 4 le macroaree cittadine che rischiano di vedere il termometro salire fino a 50°: quasi interamente l’area Unesco, piazza Dalmazia, l’area Mercafir, viale XI Agosto e zone limitrofe. Senza contare le microaree, che potrebbero essere oltre una ventina. A metterel’accento sulle isole di calore, è l’assessore Cecilia Del Re, a ribadirlo è il professor Francesco Ferrini, presidente della Scuola di Agraria dell’Università di Firenze, per cui la ricetta per abbassare la temperatura al paziente è chiara: piantare alberi, allargare la copertura del verde. Senza sottovalutare, spiega Ferrini, le piccole isole di calore che si trovano disseminate nella città e che non è possibile quantificare a occhio. Anche perché, secondo quanto ricordato dal professore, a volte basta un piccolo spazio per cambiare completamente l’impatto del calore. Un esempio, viale Malta e viale Paoli, quest’ultimo bollente mentre a poche centinaia di metri le cose vanno molto meglio, proprio per la presenza di alberature consistenti.
Senza contare che per contenere o mitigare la problematica delle isole di calore, non basta “aumentare la quantità di alberi, bisogna essere attenti anche alla qualità. Stiamo cercando di introdurre specie che abbiano un effetto mitigatorio maggiore rispetto ad altre. Specie dunque che abbiano una chioma più intensa, quindi che facciano più ombra, che abbiano un’elevata capacità fotosintetica e quindi traspiratoria, elemento che consente la liberazione di una maggiore quantità di vapore acqueo che, evaporando, raffredda le superfici. Per parlare in modo concreto, il pioppo nero ha un’efficacia sul clima maggiore rispetto ad esempio a un’ippocastano o a un acero campestre. Questo non vuol dire che dobbiamo riempire la città di pioppi neri, ma in certe zone il pioppo nero è sicuramente preferibile rispetto ad altre specie, come il frassino, che è una specie che si adatta poco al nostro microclima e soprattutto non fa molta ombra”, spiega il professor Ferrini.
Uno dei punti in cui si tocca con mano l’importanza delle specie, è la necessità, sottolineata dall’assessore Del Re a margine della presentazione dei risultati del percorso di partecipazione Firenze Respira, di immettere alberi in particolare nelle piccole piazze dell’area Unesco, proprio per fronteggiare la tendenza del centro in particolare a trasformarsi in una gigantesca isola di calore. Con le dovute eccezioni, come spiega il professor Ferrini, come ad esempio piazza della Signoria, costruita in modo da essere sempre ventilata, o piazza Duomo, che ha la stessa caratteristica. Ma a poca distanza, via Cavour ad esempio è soggetta alla grande febbre. Per altre piazze storiche, ad esempio Santa Croce, non possiamo dimenticare, come ricorda il professore, che fino almeno agli anni ’20 qualche albero c’era. Anche se forse oggi sarebbe improponibile reinstallarli.
Per quanto riguarda le piazzette del centro storico, continua Ferrini, “si cercherà di selezionare specie, prevalentemente autoctone, e, laddove non sarà possibile trovare specie autoctone che non si adattano bene a queste situazioni, si cercheranno comunque specie ad hoc”. Inoltre, come spiega l’assessore, “per ragioni varie spesso si dovrà mettere alberi in conca”, anche perché, specifica Ferrini, “non sarà possibile scavare dappertutto”, come ha dimostrato l’esempio di viale Spartaco Lavagnini, che, “sventrato, ha dimostrato che sotto c’è un’altra città”.
Per quanto riguarda i tempi in cui ci si può aspettare di avere una mitigazione percepibile delle temperature, ovviamente riguardo al microclima (il cambiamento climatico è ben altro) si spazia presumibilmente fra i 4 e i 7 anni. Per fare un esempio, gli alberi di piazza Piave, che danno frescura pur essendo stati piantati fra il 2014 e il 2015. E piazza Piave era un’isola di calore.
Quanto alla possibilità che gli abbattimenti degli ultimi anni possano aver inciso negativamente sul microclima generale ampliando le isole di calore, il professor Ferrini è decisamente scettico. “Gli alberi sono stati abbattuti, ma sono stati anche ripiantati – dice -in realtà Firenze ha un buon bilancio. Per fare un esempio, viale Corsica adesso è già tutta ombreggiata perché gli alberi sono già alti. L’unico problema che può sorgere è quello esemplificato da viale Guidoni, che è un’isola di calore ma soprattutto ha un suolo particolarmente avverso. Le stesse piante, messe in viale Guidoni e messe in viale Colombo, hanno avuto uno sviluppo totalmente diverso: in viale Guidoni soffrono nonostante l’impianto di irrigazione, mentre in viale Colombo sono bellissime. E’ veramente difficile intervenire in certe zone, pur utilizzando l’impianto di irrigazione”.
Fra le zone del centro in cui sarà possibile intervenire con alberature a effetto mitigatorio, la zona delle vie dietro alla stazione, fra via Guelfa, via Faenza, via degli Alfani, dove ci sono piazzette che non sono parcheggi e che potrebbero quindi accogliere alberi per cercare di raffrescare il microclima. Ci sono anche molti giardini privati a Firenze nel centro storico, che comunque danno il loro contributo.
Alla fine, quanti alberi dovrebbero essere piantati a Firenze per cercare di contenere le temperature? “Non basterebbero tutti gli alberi del mondo – dice Ferrini – ciò che cerchiamo di fare è creare delle zone tampone. Non ci sono tanti spazi. Considerando Firenze città, non credo ci sia spazio per immettere oltre 7-8mila alberi, compresa tutta la città. Chiaramente si sta parlando del tessuto cittadino, se si considerasse via dell’Argingrosso è chiaro che ci si può mettere tutti gli alberi che ci pare. O se si rimpolpassero le Cascine. Se per esempio il Comune acquisisse un’area privata, potremmo aumentare ancora. Ma non è così semplice come qualcuno racconta”.