E quindi, inevitabilmente, ci saranno meno consumi e meno investimenti, in particolare in opere pubbliche o, più in generale, di interesse pubblico. E qui sta il problema più rilevante per il paese: si tratta di pagare un debito senza poter contare sulla crescita economica. Tutto diventa più difficile. Tutto diventa più pesante per le famiglie e per i lavoratori. Anche dal punto di vista psicologico, intendo di psicologia collettiva, c'è una sorta di “annebbiamento generale”. Si parla di tagliare a questo invece che a quello, di levare là invece che qua e così via in una sorta di “battaglia redistributiva” che mette tutti contro tutti e indebolisce quel senso di comunità che dovrebbe essere alla base di ogni impresa collettiva di fronte alla crisi. Ed invece sarebbe più importante avere un occhio allo sviluppo, alla crescita , alla creazione di ricchezza. Non per negare una necessità anche di redistribuzione e di lotta ai privilegi e agli sprechi, ma per dare basi più solide all'uscita dalla crisi. Cambiando anche il tono della politica. L'ossessione redistributiva porta con sé un atteggiamento populista, evoca rancori e invidie sociali, acuisce le divisioni di classe e di ceto sociale. La spinta verso lo sviluppo chiama all'innovazione, al cambiamento e alla mobilità sociale. Fa appello al merito, alle capacità e a quelle diseguaglianze creative che, lungi dal minare la coesione sociale, determinano una dinamica positiva del sistema.
Quando si parla di dare alla manovra anche elementi per lo sviluppo si pensa a questa filosofia di approccio: liberare i mercati, liberalizzare le professioni e le attività, togliere le bardature burocratiche all'intrapresa così da spingere, pur in assenza o diminuzione dell'impulso pubblico, alla ripresa economica e al recupero dell'occupazione. Si applica la cosiddetta “supply side economy” , cioè quell'approccio economico dove si presuppone la presenza di “animal spirits” da liberare e dove si ipotizza un rilancio del “privato” laddove viene a mancare la “presenza ingombrante ed invadente” del pubblico. E' un approccio interessante. E' una speranza per il paese. Se così non fosse il declino diventerebbe alla lunga inevitabile.
Ma il problema della crescita è un problema impellente. Urgente e drammatico. E non possiamo solo aspettare che gli animal spirits si muovano. E oggi abbiamo la classica condizione keynesiana in cui coesistono lavoratori che non possono lavorare per mancanza di domanda di prodotti e consumatori che non consumano per mancanza di soldi per acquistare. Un tipico problema di coordinamento dell'economia. E allora dobbiamo, rispolverando la cosiddetta “demand side economy”, fare di tutto per aumentare gli investimenti e, per questa via, i consumi e la crescita del sistema.
Ma dove trovare le risorse in un momento di tagli e di rientro dal debito? Penso che una delle strade da percorrere sia quella di un forte impegno di tutta la PA (stato, regioni, enti locali) per passare, di fronte a progetti pubblici e privati di investimento, dal “SE e SI VEDRA'" al "COME e SUBITO”. Parlo in particolare dei progetti che sollecitano spesso, per motivi di impatto ambientale e territoriale, una qualche avversione fra la popolazione. Energia, acqua, rifiuti, mobilità, etc. Ebbene, attualmente di fronte ai problemi si discute se fare o non fare. Per molto tempo e a fasi cicliche che si ripetono. E intanto si rimanda tutto, in attesa di ammorbidire il dissenso. Penso che, a fronte di drammi lavorativi e problemi di crescita del sistema della gravità che stiamo attraversando, l'atteggiamento dovrebbe essere invece più deciso. Senza aggirare le procedure valutative (via, vas, etc) che non devono essere sottoposte ad alcuna forzatura “esterna”, occorre discutere in tempi brevi del SE, quindi andare subito al COME e in tempi altrettanto brevi procedere alla REALIZZAZIONE. Potrei portare tanti esempi critici anche nell'esperienza della Toscana. Investimenti che languono, attese lunghe, procedure espanse “ad libitum”, comitati che cavillano sul nulla ed intanto imprese e lavoratori che non riescono ad andare avanti.
Bene ha fatto la Regione a fare la Legge per l'accelerazione delle opere strategiche, prevedendo commissariamenti e interventi sostitutivi di fronte ad inerzie e inadempienze. Occorre ora che questa legge, anche come approccio politico culturale, venga attuata. Diventi “modus operandi” della Pa favorendo in questo modo, pur di fronte a meno risorse e agli inevitabili tagli, un non indifferente contributo alla crescita dell'economia e alla tenuta dell'occupazione e quindi dei consumi.
Mauro Grassi