Intramontabile Mata-Hari, mantide pericolosa o vanitosa ingenua, spia affascinante

Firenze – Mata-Hari, che nell’ immaginario collettivo è la spia per antonomasia, capace di tenere in scacco i servizi segreti di mezzo mondo, fu probabilmente una donna ingenua usata dai tedeschi per depistare il nemico dai veri agenti segreti. Ed è possibile che i francesi, abbiano fatto della cortigiana – ormai additata come perfida avventuriera – un capro espiatorio. Tanto più che nei giorni drammatici della Caporetto francese non si andava per il sottile se si poteva mostrare che i veri responsabili della disfatta erano i traditori che tramavano nell’ombra; se poi queste spie avevano nomi famosi, l’opinione pubblica ne restava maggiormente colpita.

Le disavventure di Marguérite Zelle, in arte Mata-Hari, erano iniziate con il rapido declino del suo successo artistico. Era, infatti, divenuta celebre come “inventrice” della danza sacra “indù”: che sfruttava la passione dei francesi per l’esotismo e nobilitava lo strip-tease come espressione del misticismo orientale.

La danzatrice, che aveva vissuto sei anni in Indonesia avendo sposato un ufficiale olandese, era stata abile nel costruirsi una leggenda in cui sosteneva di essere nata a Giava e vantava una discendenza da una principessa indiana, oltre ad aver fatto parte delle danzatrici sacre e di essere stata frequentatrice dei riti esoterici Trocadéro,

Dopo cinque anni in cui aveva guadagnato e dilapidato somme enormi non solo con gli spettacoli ma anche con la pubblicità di una vasta gamma di oggetti, dalle sigarette ai biscotti, la danzatrice non ottenne più scritture di rilievo quando la prima guerra mondiale dissolse il clima della belle epoque. Sfruttò allora il fascino della donna famosa per sedurre amici danarosi che gli consentirono un dispendioso tenore di vita.

Dalla Germania dove era in tournée tornò a Parigi. I francesi dapprima le negarono il visto e quando riuscì a ottenerlo, le misero alle costole due ispettori di Polizia, In tali condizioni, qualsiasi spia avrebbe interrotto la propria attività. Lei si limitò a lagnarsene con la Direzione dell’albergo pensando che ciò avvenisse solo perché era straniera.

Poi si innamorò di un ufficiale russo, poco più che ventenne. Era una donna di quarant’anni che all’epoca significava non più giovane ma aveva un nome celebre, fama di sex symbol e si voleva sentire ancora irresistibile. Quando l’ufficiale venne ferito , Mata Hari volle andare a trovarlo. Per ottenere il permesso di recarsi a Vittel, zona di guerra, ricorse ad amici influenti, con il risultato di rendere sospetta questa insistenza.

L’ 8 agosto 1916, nel concederle il visto, Ladoux, ufficiale del Servizio segreti , l’avvertì che era sospettata di essere una spia tedesca ma poi prestò fede alle sue assicurazioni e le chiese, anzi, di sfruttare a favore della Francia le amicizie altolocate che aveva in Germania.

Mata Hari dice che avrebbe fornito informazioni di vitale importanza per le quali chiese una cifra esorbitante. Ladoux accettò .Ma al processo affermò di aver finto di inviarla in missione per scoprire le sue carte.

Mata Hari si recò in Spagna che, in quanto paese neutrale, era un crocevia dello spionaggio internazionale. Alloggiava al Ritz di Madrid e si legò al maggiore Kalle, addetto militare dell’ambasciata tedesca che le parlò di un’operazione segreta in Marocco: per fomentare la rivolta degli arabi contro i francesi. Era una notizia risaputa ma alla donna apparve di notevole rilievo. Per ottenere la confidenza di Kalle gli parlò della situazione francese, delle voci su una prossima crisi del governo Briand, dell’ostilità dell’opinione pubblica per la crescente ingerenza inglese. Si trattava di notizie conosciute o di semplici pettegolezzi ma nell’inchiesta che seguì vennero usate contro di lei.

Rientrata a Parigi, il 4 gennaio 1917 cercò subito Ladoux.  Si attendeva ringraziamenti, invece fu rimproverata di aver fornito informazioni senza valore. Visto svanire il compenso, per sopravvivere chiese aiuto ad uno dei suoi ex amanti più affezionati, un nobile olandese. Ricevette 5000 franchi; poi tentò di recarsi in Belgio per ottenere nuove informazioni dai tedeschi.

Ma fin da dicembre, quando Mata Hari era ancora a Madrid, la stazione radio posta sulla torre Eiffel aveva intercettato e decifrato messaggi tedeschi nei quali la centrale spagnola riferiva le informazioni fornite al maggiore Kalle dall’agente H21. Alcuni giorni dopo Berlino ordinò di dare a H21 3000 franchi Questi rispose che l’agente stava per arrivare in Francia e che ulteriori rimesse sarebbero avvenute tramite il console olandese a Parigi.

Così, il 13 febbraio, Mata Hari fu interrogata da un magistrato. La danzatrice rivelò di essere al servizio della Francia e ritenne di aver chiarito l’”equivoco” Invece, fu rinchiusa nel carcere di Saint Lazare dove, dopo alcuni giorni di isolamento, venne trasferita in una cella comune, nella peggiore ala del carcere, il famigerato “serraglio”. I successivi interrogatori si basano su indizi vaghi, soprattutto sui 5000 franchi ricevuti dal console tedesco di Amsterdam: invano la prigioniera sostenne che si trattava del denaro prestato dal suo amico olandese.

Dopo un mese di prigione, la donna, che aveva chiesto invano biancheria e abiti pesanti, che tremava di freddo e appariva prostrata rinnovava, senza esito, le richieste di libertà provvisoria o, almeno, di ricovero in ospedale.

Peraltro, l’inchiesta languiva: anche un misterioso flacone contenente mercurio, una sostanza che avrebbe potuto trasformarsi in inchiostro simpatico, si rivelò un comune spermicida. Ma il 6 marzo 1917 venne intercettato un nuovo messaggio di Berlino- l’unico trasmesso con il vecchio codice – che chiedeva a Madrid notizie dell’agente H21 ottenendo la risposta che era partita per Parigi.

E’ veramente strano che i tedeschi non sapessero ancora dell’arresto di un personaggio così noto ma il controspionaggio francese presentò al giudice istruttore tutti i radiomessaggi che, tuttavia, furono mostrati solo “in chiaro” .

Il 21 maggio, quasi tre mesi dopo l’arresto, Mata Hari, ormai distrutta, chiese un nuovo incontro con Ladoux per dire “tutta la verità”. Rivelò che nel maggio 1916 si era presentato a casa sua, in Olanda, il console tedesco, che le aveva detto che per raccogliere informazioni per la Germania era autorizzato ad offrirle 20.000 franchi. Mata Hari aveva pensato di prendere quei soldi per ripagarsi del danno subito dai tedeschi che nel 1915, le avevano sequestrato il bagaglio. Perciò aveva finto di accettare l’incarico. e le era stata assegnata la sigla H21. Non ne aveva mai parlato a Ladoux perché intendeva infiltrarsi nella rete tedesca a vantaggio della Francia.

Questi spiegherebbe perché i tedeschi avessero deciso di punirla. Ma al giudice istruttore la rivelazione apparve, viceversa, la prova del tradimento. Infatti, 20.000 franchi erano una grossa somma e non era plausibile che la Germania l’avesse sborsata senza avere avuto in cambio informazioni di rilievo. Peraltro non poteva passare inosservato il fatto che i tedeschi per parlare di lei usassero un vecchio codice che sapevano decifrato dai francesi.

L’accusata , sebbene ignorasse la questione del doppio codice segreto disse “Non sarà che tutta questa storia è soltanto la vendetta per averli ingannati? siete sicuri che i tedeschi non sanno che il loro traffico telegrafico arriva alle vostre orecchie? “

Certamente, alla luce della “strana” confessione di Mata Hari, tutta la sua vicenda può essere diversamente interpretata. Se era stata effettivamente reclutata dai servizi segreti tedeschi fin dal 1915, allora il soggiorno a Vittel avrebbe potuto davvero nascondere intenti spionistici. Anche l’incontro con Ladoux potrebbe avere una diversa chiave di lettura: non la vanitosa dilettante ma la spia che gioca su due tavoli per ottenere informazioni da entrambe le parti, in attesa di mettere a segno il grosso colpo che l’avrebbe resa ricca. In questo modo si capirebbe anche perché, accortasi del pedinamento, non avesse chiesto spiegazioni alle autorità.

Se si ammettesse che la donna non aveva affatto raggirato i tedeschi dei 20.000 franchi, si capirebbe anche perché il denaro che Mata Hari asseriva provenisse da un suo ex amante, le fosse inviato a Parigi tramite un diplomatico tedesco.

Resta la questione dell’uso di un codice decrittato. Perché i tedeschi avrebbero voluto “bruciare” una propria agente? E’ senz’altro il maggiore indizio a favore dell’innocenza di Mata Hari. Ma una spiegazione potrebbe anche risiedere nell’intenzione di disfarsi di una doppiogiochista di poco conto per coprire altre e più importanti fonti d’informazione.

Per il momento si può constatare che entrambi gli scenari sono plausibili e che oggi ciò basterebbe ad una giuria per parlare di ragionevole dubbio. Ma questa è una formula che, nel 1917, appariva fuori luogo.

La Francia era duramente provata dalla difesa di Verdun. Si pensava che non era il momento di mostrare cedimenti . A maggio, dopo un nuovo, inutile massacro, molti reparti si erano ammutinati e si temeva una sollevazione generale Si adottarono provvedimenti eccezionali con centinaia di condanne a morte . Non appariva il momento di avere troppi riguardi per una spia e tanto meglio se si poteva dimostrare che le disfatte non erano imputabili solo agli alti comandi ma a una donna che si portava a letto i generali per ottenere notizie che sono costate la vita a migliaia di giovani .

Il processo fu tenuto a porte chiuse da un tribunale militare. La conclusione fu rapida.. L’Appello ed il ricorso in Cassazione vengono respinti nello spazio di due mesi.

Alle cinque del mattino del 15 ottobre, passi cadenzati si avvicinarono alla cella di Mata Hari. Fu comunicato alla donna, intorpidita dai sedativi, che la domanda di grazia era stata respinta. Marguerite si vestì in silenzio con uno dei suoi abiti più eleganti, senza trascurare le calze di seta e gli stivaletti alla moda. Dopo i conforti religiosi lasciò il carcere accompagnata da due suore che l’avevano assistita negli ultimi giorni. Arrivata nel tetro cortile del Castello di Vincennes salutò affettuosamente le suore e a testa alta affrontò il plotone d’esecuzione dopo aver rifiutato di essere bendata . Mentre lasciava il carcere, le sue ultime parole erano state: “Non è possibile! “

Quattro giorni dopo l’esecuzione, Ladoux fu a sua volta arrestato con l’accusa di spionaggio a favore della Germania. Il processo avvenne dopo la guerra e prosciolto. Se fosse avvenuto prima, l’arresto del principale accusatore di Mata Hari, sarebbe stato un motivo sufficiente per una revisione del processo.

Resta l’interrogativo se Mata Hari sia stata una dilettante caduta in trappola o se davvero avesse voluto giocare su due tavoli e il gioco le fosse sfuggito di mano. Il carattere superficiale, portato alle vanterie, incapace di accorgersi del temporale che si addensava sulla sua testa, fanno propendere per la prima ipotesi. Ancora una volta, l’ambizione di essere la prima sulla scena le aveva giocato un brutto tiro . In ogni modo, quasi per un beffardo “risarcimento” è salita alla ribalta della storia dello spionaggio. La sua leggenda unisce il fascino dell’esotismo della danzatrice all’astuzia della mantide che seduce le proprie vittime e strappa loro segreti militari.

Per approfondire si rinvia a Russell Warren Howe, Mata Hari. La vera storia della più affascinante spia del nostro secolo, Milano, Arnoldo Mondadori Editore, 1996, a cui mi sono principalmente riferito.

Foto: wikipedia, autore sconosciuto

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