PISA – Da quel grande laboratorio di avanguardia dell’informatica che è sempre stata l’Università di Pisa, alla gestione di una grande azienda del servizio idrico toscano. Come dire dai primordi dell’intelligenza artificiale, ultimo approdo della scienza, all’origine di tutte le cose nella concezione dei primi filosofi greci. E’ un percorso suggestivo quello che ha compiuto Giuseppe Sardu, dal 2011 presidente di Acque Spa, un’azienda che ha oltre 500 dipendenti, estesa in 55 Comuni in cinque aree provinciali (Pisa, Lucca, Pistoia, Firenze e Siena), che ha chiuso il 2016 con un valore della produzione di 156,2 milioni di euro e un utile di 14,1 milioni.
Nato a Cuglieri in provincia di Oristano, Sardu è stato ricercatore e docente di informatica a Pisa prima di intraprendere un percorso che lo ha portato alternativamente alla gestione di aziende pubbliche e private, nonché a una esperienza di assessore nella città della Torre.
Il 2017 è stato un anno piuttosto “caldo” per chi gestisce il servizio idrico. È piovuto pochissimo: si dice sia stato l’anno più secco dal 1800 a oggi. A voi come è andata?
Per quanto acuta, la crisi di quest’anno, fortunatamente, è stata superata senza particolari criticità. A dire il vero, non si è trattato solo di fortuna. È stato, anzi, il risultato dell’ingente mole di investimenti che sin dal 2003 abbiamo messo in campo per incrementare le fonti di approvvigionamento, per interconnetterle, per efficentare le reti…
Ma sarà sufficiente anche per il futuro?
La sfida dei cambiamenti climatici è globale e richiede risposte globali. Se dovessero presentarsi periodi sempre più lunghi di siccità, lo scenario ovviamente si complicherebbe anche per noi. Questo tuttavia non ci esime, come gestore idrico, dal fare sempre di più e meglio, dal cercare di ridurre le perdite, dall’incentivare comportamenti sostenibili e virtuosi.
Chi opera in questo settore è incentivato a essere virtuoso?
Operiamo in un mercato regolamentato. Negli ultimi anni, superate le turbolenze post referendarie del 2011, l’AEEGSI – ora ARERA – ha dato un impulso complessivamente positivo, strutturando regole che stanno dando maggiori certezze ai gestori, con un doppio effetto: si incoraggia a investire nel potenziamento del servizio, si tutelano meglio i diritti dei cittadini-utenti.
Così si creano anche posti di lavoro?
L’occupazione nel nostro settore specifico è sostanzialmente stabile, anche se per quanto ci riguarda è in corso un rafforzamento della parte operativa, con un crescente numero di tecnici e operai direttamente impegnati sul territorio. Segnali ancor più positivi arrivano dalle aziende partecipate, che offrono servizi in campo ingegneristico e nella customer care per una pluralità di aziende pubbliche.
Parliamo proprio di cura del cliente: quanto incide nella gestione di un servizio come il vostro?
Enormemente. Ed è il campo in cui c’è stato il cambiamento più radicale. Acque è il secondo gestore idrico della Toscana per dimensione e per numero di utenti serviti. Anche se non siamo un player nazionale, i nostri utenti non fanno distinzioni: si aspettano, giustamente, un servizio da “clienti”. Per questo investiamo ogni giorno sia sui canali tradizionali di contatto che su quelli più evoluti: dal sito internet alla app, dai chatbot sui programmi di messaggistica istantanea ai social media. Il tutto per cercare di rispondere in tempo reale e chiudere le pratiche in un solo passaggio. Alle spalle, c’è stata una poderosa “rivoluzione digitale” che ha coinvolto tutti i processi aziendali.
A proposito di investimenti. Gestori, autorità di controllo, enti locali: tutti sottolineano la necessità di aumentare gli investimenti. Ma sono davvero così necessari? In fondo si parla di tubi, di acqua…
…di energia per pomparla e distribuirla, di diversificazione delle fonti di approvvigionamento, di sistemi per il telecontrollo delle pressioni, di laboratori che analizzano l’acqua quasi in tempo reale. E poi c’è il “secondo tempo” del servizio idrico, quello che in molti ignorano ma che non è meno importante: quello della depurazione, dove siamo chiamati a uno sforzo gigantesco in termini di copertura del servizio e di qualità dell’acqua restituita in ambiente. Acque in 16 anni di gestione ha investito quasi 700 milioni di euro. Ci siamo riusciti perché da noi quasi il 50% della bolletta non va in costi operativi ma in investimenti, quando la media italiana è di poco superiore al 30%. Gli investimenti servono a efficientare il servizio e a migliorarne continuamente la qualità.
Ci sono prospettive future nell’uso della robotica e dell’intelligenza artificiale nel settore delle utility? Potrebbero avere conseguenze sul livello dell’occupazione?
L’uso delle nuove tecnologie è entrato profondamente nella nostra attività quotidiana. Il Gruppo Acque è sempre stato particolarmente sensibile ai temi dell’innovazione in un settore, come quello idrico, ritenuto erroneamente a “tecnologia matura”. La robotica è a un passo dal divenire una realtà anche per noi: video-ispezione delle reti, accesso a luoghi non sicuri o inquinati, ricerca perdite. Tutte attività che potranno integrare e migliorare il lavoro umano ma mai sostituirlo. L’intelligenza artificiale troverà invece facile applicazione nel campo della gestione dei big data e potrà migliorare gli algoritmi predittivi sullo stato delle reti, sui guasti, sugli andamenti dei consumi e delle pressioni.
Ci puoi raccontare in pochi cenni la tua esperienza come pioniere dell’informatica?
Trovarsi a Pisa per gli studi universitari, nei primi anni ‘80, mi ha dato la possibilità di assistere, se non proprio alla nascita, all’esplosione dell’informatica in Italia. Pisa con le sue università, il Cnr, i centri di ricerca è stato probabilmente il punto di detonazione. In particolare, la mia esperienza si è sviluppata nel campo del calcolo parallelo e dell’intelligenza artificiale, sia all’università come ricercatore e docente, che nell’industria privata.
Come è avvenuto il passaggio alla gestione di una grande azienda utility?
È il frutto di una doppia vita, per così dire: quella di dirigente di azienda privata e quella di amministratore locale. Dal 1997 al 2007, infatti, sono stato assessore comunale a Pisa ricoprendo vari incarichi. Nel 2000, mi fu dato il compito di presiedere la nascente Autorità d’Ambito Ottimale del Basso Valdarno. Questo mi ha dato l’opportunità di maturare un’esperienza nello specifico ambito dei servizi idrici. Un mix, insomma, di competenze ed esperienze manageriali, politiche e amministrative che probabilmente sono state alla base della scelta dei soci di Acque che nel 2011 mi indicarono come presidente della società.
Come evolve il rapporto pubblico-privato delle aziende utility?
È difficile generalizzare. Nella nostra esperienza la collaborazione è stata estremamente proficua. Lo dico chiaramente: senza l’apporto di un privato come Acea, il servizio idrico nel Basso Valdarno non avrebbe probabilmente raggiunto gli standard odierni. La nostra governance si è basata su una forte integrazione, facendoci raggiungere un punto di equilibrio capace di tutelare gli interessi pubblici generando al contempo valore per tutti i soci. Lo definirei un vero e proprio modello. Questo non significa che sia applicabile a tutte le realtà o a tutti i contesti. Tuttavia, la mia opinione è che in Toscana abbia funzionato bene, che sia una componente essenziale della buona qualità della vita raggiunta in questi territori e che sia stato un volano per l’economia locale in una fase congiunturale molto difficile.