Intervista alla prof. Meloni sui trattamenti ablativi percutanei della patologia neoplastica del fegato

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Intervista alla prof. Franca Meloni, responsabile ecografia interventistica Casa di Cura Igea – Milano

Le terapie ablative sono quei trattamenti cosi detti mini-invasivi rapportati alla chirurgia, che vengono ampiamente utilizzati per la cura dei tumori primitivi e secondari del fegato. Sono indicate in particolare nelle patologie d’organo, e cioè quando la patologia neoplastica coinvolge un solo organo e, nello specifico, quando il fegato è l’unico organo coinvolto.

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La loro peculiarità è quella di introdurre l’agente lesivo direttamente all’interno del tumore tramite un ago o un ago-elettrodo o antenna, posizionati prevalentemente per via percutanea con l’ausilio di una metodica di imaging che può essere l’ecografia, la TAC o, raramente, la Risonanza Magnetica. L’agente lesivo può essere di tipo chimico (etanolo o acido acetico), fisico/termico (radiofrequenza, micro-onde, laser, crioterapia) o elettrico (elettroporazione), Le terapie ablative possono essere utilizzate anche con approccio più aggressivo, quale la via laparoscopica o chirurgica, con trattamento combinato ablazione/resezione.

Prof. Meloni quali sono le patologie più frequentemente coinvolte per questi trattamenti?

Il tumore primitivo del fegato a derivazione epatocitaria (epatocarcinoma) e la patologia metastatica del fegato, in particolare secondaria al tumore del colon e della mammella.

A livello globale il tumore del fegato è un importante problema ad alto impatto sociale.

Parliamo dell’epatocarcinoma (HCC)…

In Italia l’HCC rappresenta il 7° tumore più frequente nei maschi (4% di tutti i tumori) e il 13 tumore più frequente nelle femmine (2.3% di tutti i tumori), con il rischio di diagnosi del 17% nei maschi e del 5% nelle femmine, e rappresenta la V causa di morte per i maschi e la VII per le femmine

L’epatocarcinoma insorge nell’80% dei casi su un fegato cirrotico. La cirrosi è infatti considerata una condizione di precancerosi. Nell’area Mediterranea e nello specifico in Italia, l’infezione da virus C, virus B o ad eziologia alcool, singolarmente o associati, sono i fattori eziologici dell’85% dei casi di HCC, rappresentando quindi i più importanti fattori di rischio. Altri fattori di rischio sono obesità e diabete.

La periodica sorveglianza ecografica semestrale alla quale la popolazione cirrotica a rischio di insorgenza di HCC deve essere sottoposta, permette una diagnosi precoce, in quanto permette di evidenziare il tumore quando questo è di piccole dimensioni e tutte le terapie curative quali chirurgia, terapie ablative e trapianto, quando indicato, possono essere applicate. In accordo con le linee guida Internazionali, le terapie ablative quali Radiofrequenza (RF) e Micro-onde (MW) sono, fra le terapie curative, le più utilizzate per il trattamento dell’HCC. Infatti queste consentono, in pazienti correttamente selezionati, un alto tasso di distruzione completa del tumore ed un aumento della sopravvivenza. Bisogna tener conto che questi pazienti quando sviluppano l’HCC, sono portatori di due patologie: il tumore e l’epatopatia cronica/cirrosi, e la prognosi dipende dall’equilibrio fra le due malattie e la funzionalità epatica rappresenta una criticità nella valutazione prognostica del paziente affetto da HCC. La metastasizzazione extra-epatica è un evento piuttosto raro e, solitamente, tardivo.

Come possono essere applicate le terapie ablative?

Nell’HCC le terapie ablative possono essere applicate secondo 2 strategie: o utilizzate come terapia curativa definitiva o come “terapia-bridge” in attesa di trapianto.

Nello stadio precoce di HCC (massimo 3 lesioni con diametro massimo di 3cm o singola di 5cm, in stadio A di cirrosi) le terapie ablative riportano una sopravvivenza a 5 anni dal 50-70%. Rispetto alla chirurgia le terapie ablative presentano il vantaggio di essere meno invasive, avere basse complicanze, ridotto ricovero ospedaliero, riduzione delle trasfusioni ematiche e marcata riduzione dei costi

Secondo le linee guida dell’EASL (European Association for the Study of the Liver) le terapie ablative sono considerate come lo “standard of care” per pazienti affetti da HCC non suscettibili di resezione chirurgica.

E per quanto riguarda le metastasi?

Le metastasi meritevoli di trattamento ablativo sono prevalentemente secondarie a tumore del colon-retto e mammella.

Il tumore del colon-retto è il secondo tumore morte-correlato. Il 50% dei pazienti presenta metastasi epatiche, ma solo il 27/30% può essere sottoposto a resezione chirurgica. Le terapie ablative possono essere utilizzate quando la chirurgia non è applicabile.

Il tumore della mammella rappresenta nelle donne la seconda causa di morte correlata al tumore. La presenza di malattia metastatica è indice di prognosi infausta. La chirurgia viene applicata solo in pazienti selezionati. La terapia ablativa in presenza di sole metastasi epatiche, rappresenta, in sinergia con la chemioterapia, una valida opzione terapeutica.

In quali pazienti sono indicate?

Le terapie ablative nella patologia metastatica del fegato sono indicate in pazienti in cui il primitivo è stato resecato, in assenza di coinvolgimento di altri distretti, e in pazienti con malattia oligometastatica non suscettibili di resezione epatica.

Il numero delle lesioni non è considerata una controindicazione assoluta. La maggior parte dei Centri tratta preferenzialmente un massimo di 5 lesioni con dimensioni preferibilmente non superiori ai 3cm. Infatti i dati della letteratura riportano per la Radiofrequenza un buon risultato in termini di distruzione locale in lesioni < ai 3cm. Oggi l’utilizzo delle Micro-onde ci permette di trattare lesioni sino ai 4 cm.

Le terapie ablative sono terapie “locoregionali” (dirette al trattamento del nodulo) e vanno utilizzate nelle metastasi in sinergia con la chemioterapia che invece è una “terapia sistemica” (agisce su tutto l’organismo). La pianificazione del trattamento va fatta in accordo fra l’oncologo ed il radiologo interventista.

I risultati?

Le terapie ablative riportano nell’HCC inferiore ai 3cm, una necrosi completa all’imaging compresa fra il 90% e l’88%.

Nelle metastasi, sempre inferiori ai 3cm, è riportata una risposta completa all’imaging dell’80%.

In conclusione nell’HCC i trattamenti ablativi locoregionali rappresentano quelli più utilizzati nella fase precoce della malattia, riportando ottimi risultati sia in termini di risultati loco-regionali che di sopravvivenza

Nelle lesioni metastatiche possono rappresentare una valida alternativa ai trattamenti chirurgici quando questi non applicabili, in sinergia con la chemioterapia. Più le lesioni sono diagnosticate di piccole dimensioni e maggiori sono i risultati locoregionali e a lungo termine sulla sopravvivenza.

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