Cnn, New York Times, Herald Tribune, Le Monde. Parma si trova ancora una volta sotto i riflettori della stampa mondiale ma non per episodi di cronaca nera o giudiziaria. A convogliare sull’ex capitale del Ducato decine di giornalisti e troupe televisive è la campagna elettorale per il ballottaggio di domenica e lunedì. Una sfida così anomala alla vigilia della tornata del voto amministrativo dello scorso 6 e 7 maggio nessuno la poteva immaginare, tanto meno i due diretti interessati.
Parma in un solo colpo ha cancellato quasi quattordici anni di governi di centrodestra relegando il Pdl sotto il 5% e lasciando l’ex sindaco Elvio Ubaldi, per l’occasione accoppiato all’Udc, a tre punti percentuali dal ballottaggio. Al secondo turno a sfidare Vincenzo Bernazzoli, 56 anni, presidente della Provincia di Parma ancora in carica (si dimetterà in caso di elezione a sindaco e devolverà a un fondo anticrisi gli stipendi percepiti da quando è iniziata la campagna elettorale), si è trovato catapultato Federico Pizzarotti, 38 anni, alla prima esperienza in assoluto in politica, esponente del Movimento 5 Stelle.
Sono venti i punti percentuali (39,21 contro 19,47) che separano i due contendenti alla poltrona di sindaco ma il secondo turno è una gara per molti aspetti tutta nuova dove anche il risultato più scontato può essere ribaltato. E lo sa bene Bernazzoli che da politico navigato quale è negli ultimi quindici giorni ha chiamato a raccolta intellettuali e personalità della città per firmare appelli in suo favore. “Perché – come vanno ripetendo in continuazione nella coalizione di centrosinistra che appoggia il democratico – il voto di protesta va bene ma ora è tempo di governare. E per farlo ci vuole esperienza non improvvisazione”.
Bernazzoli è sindaco per la prima volta nel 1993 a Fontanellato poi vice presidente della Provincia e presidente dal 2003 quando prende il posto di Andrea Borri scomparso improvvisamente. Da allora non abbandona più lo scranno dell’Ente di piazzale della Pace nemmeno per candidarsi a sindaco di Parma. Ma quella che per i democratici è “esperienza”, per i grillini altro non è che “l’emblema della casta”, quella che Beppe Grillo va combattendo da tempo. E proprio al leader genovese è toccato salire per ultimo sul palco (giovedì sera è toccato invece alla coppia Gene Gnocchi-Bernazzoli) per chiudere una campagna elettorale dominata da poco fair play in cui lo spunto più interessante non è venuto in un faccia a faccia ma da un’intervista a Radio24: “Se diventassi sindaco non avrei problemi a proporre il gay pride in città – l’affermazione di Bernazzoli – Gli omosessuali devono vedere riconosciuti i propri diritti in termini di coppie di fatto e deve essere fatto un passo avanti in questo senso”. Nessuna replica di Pizzarotti che si è limitato a ricordare come la famiglia sia “ovunque nel nostro programma elettorale. E’ il nostro primo obiettivo”. Perché in fondo la campagna elettorale dei 5 Stelle è stata quasi esclusivamente incentrata sull’inceneritore, una sorta di referendum sul nuovo impianto in corso di realizzazione a Parma. Pizzarotti, che non ama essere definito grillino, infatti, nel 2006 è stato uno fondatori dell’associazione Gestione corretta rifiuti che si batte contro l’inceneritore. E quelli della Gcr nelle ultime ore di campagna elettorale hanno sottolineato in un documento come Bernazzoli in qualità di presidente della Provincia abbia sempre lavorato per la costruzione dell’impianto. Ma il confronto pubblico sull’argomento che si è tenuto all’auditorium Paganini di fronte a ottocento persone non ha decretato né vincitori né vinti e quindi saranno le urne a dire se quello dei rifiuti e della salute pubblica sarà stato un tema determinante nella sfida elettorale.
Sondando l’umore della città, ascoltando i discorsi nei bar, sugli autobus, nelle piazze, l’impressione è che il distacco tra i due non sia così ampio. Apparentamenti con le forze politiche sconfitte al primo turno non ce ne sono stati, sulla bocca di molti di quei leader sono rimaste mezze parole, soprattutto a favore di Pizzarotti. Obiettivo dell’outsider infatti è quello di convincere la parte di elettorato che non l’ha votato al primo turno e, perché no, di recuperare anche una parte di parmigiani – oltre 50mila – che alla prima chiamata non hanno proprio risposto. Sia come sia, lunedì a metà pomeriggio Parma avrà di nuovo un sindaco dopo gli scandali e gli arresti eccellenti che hanno portato alle dimissioni di Pietro Vignali e al commissariamento. Un primo cittadino che si dovrà rimboccare le maniche per far ripartire cantieri e pagare dipendenti e fornitori. Un sindaco la cui campagna elettorale è stata chiusa da un comico ma che avrà ben poco tempo per ridere.
Matteo Billi