Informazione fra crisi economica e rivoluzione digitale, la Toscana si interroga

Firenze – I dati raccolti da Irpet ed esposti stamani, nell’incontro-convegno-dibattito che porta la firma di Corecom, Regione e Irpet, che si è tenuto in Regione, Sala Gigli,  sugli operatori dell’informazione allo stato attuale, hanno fatto emergere alcune criticità mai santate e un quadro generale che tuttavia non sembra, almeno in Toscana così fortemente compromesso.

L’intero comparto ha infatti visto, negli ultimi 10 anni, una flessione che si può definire sensibile ma non disastrosa. Insomma, mancato l’effetto frana, sarebbe tuttavia fuor di luogo dire che la situazione è positiva. Anzi. Dal 2009 al 2018, il comparto ha perduto il 5,6% di base imprenditoriale e il 5,2% di addetti. Il settore radio/tv, in prticolare, ha perso rispettivamente il 15,3% e del 18,3%. Fra il 2012 e il 2015, il fatturato, come spiega il direttore dell’Irpet Stefano Casni Benvenuti, passa da quasi 460 milioni di euro a meno di 380 nel 2015. E tuttavia il valore aggiunto presenta una flessione minore, in proporzione: da 133 milioni nel 2012 a 118 nel 2015. Un segnale dunque che nonostante la pressione sui settori sul fronte dei ricavi, i soggetti del comparto cercano di mantenere il proprio valore aggiunto e quindi aumentare la produttività del lavoro.

E’ il presidente del Corecom Toscana Enzo Brogi a fare un quadro sintetico di una situazione in movimento: “La salute dell’informazione in Toscana è buona, dal momento che siamo una delle regioni che hanno la massima divulgazione di presidi di comunicazione tra radio e televisione, assolutamente distribuita in tutta la regione. Ma il settore è sicuramente uno dei settori in maggiore trasformazione, anche con l’avvento, che sarà da qui a pochissimi mesi, del 5G, che ridisegnerà lo stato delle frequenze nella Regione e anche il sistema e la velocità delle comunicazioni. Questo comporta anche dei punti di sofferenza che preoccupano molto. Lo stato del livello di occupazione all’interno del settore delle radio e delle televisioni, lo stato di continu decrescita della vendita della carta stampata  e anche la grande e anche meno monitorabile diffusione della comunicazione on line che ha un’enorme divulgazione ma anche una diffcile, spesso, verifica della veridicità delle notizie”.

Riavvolgendo il nastro dei dati, si scopre intanto un elemento interessante. Infatti, la differenza che si rileva rispetto alle precedenti ricerche svolte da Irpet per Corecom un decennio precedente, nel 2006, è che il mutamento tecnologico e dei consumi veniva visto come un potenziale importante di sviluppo nel comparto della comunicazione e dell’informazione. Le aspettative di crescita riguardanti l’ICT nel suo complesso erano molte alte, e in buona parte si sono poi realizzate ( fra il 2009-2018, l’Ict toscana  è aumentata del 10,7% come imprese attive e del 19,1% come addetti), ma nel comparto informazione ed editoria le potenzialità sono ancora non tutte, ma in buona parte da scoprire. L’impatto infatti ha provocato difficoltà in tutti i settori, alle imprese minori, mentre quelle più strutturate hanno tratto vantaggi e si sono messi in evidenza processi di concentrazione aziendale. Insomma, se l’impatto di Internet e del cambiamento tecnologico ha sen’altro avuto effetti negativi sul mondo dell’informazione, tuttavia nuove opportunità di impresa e di lavoro senz’altro si sono dischiuse, dall’editoria on line, l’ICT nel complesso, nuovi approcci e nuove professionalità per i media tradizionali.

D’altro canto, se la flessione degli addetti, dei ricavi, delle imprese è significativa,  il processo sembra quello di un riposizionamento dei soggetti del comparto, che ha visto il sovrapporsi di una crisi economica forte con la rapida affermazione delle nuove tecnologie. “Per ripartire – sintetizza Alessio Beltrame, direttore organizzazione e pianificazione strategica fondazione Ugo Bordoni –  le imprese si devono confrontare con queste nuove sfide, con investimenti, riuscire a ricavare nuovi modelli di business, intepretare i nuovi modi di informarsi”.

Allora, la flessione c’è, con due cause conclamate: rivoluzione digitale da un lato ma dall’altro riduzione degli introiti pubblicitari. Con un’ulteriore profilo, quello della profonda trasformazione che riguarda l’intero comparto. Una trasformazione critica che ha ricadute non solo sulle decisioni di tagliare i costi, con di fatto interventi sui giornalisti e le assunzioni, ma anche sulla stessa tutela dei diritti di tutti gli operatori.

“La situazione non è certamente brillante – dice Sandro Bennucci, presidente dell’Ast – la carta stampata ha perso in dieci anni il 34% delle copie, le televisioni e le radio hanno dei problemi. Abbiamo cercato prima di tutto di spingere sul governo per ottenere contributi statali, oltre al bando in Toscana per le emittenti. La professione vive – conclude il presidente del sindacato dei giornalisti – un momento molto, ma molto difficile, ma bisogna andare avanti, anche perché ritengo che, affidandosi soltanto ai social e facendo un’informazione non professionale, si può avere qualche problema anche per la tenuta democratica di questo Paese”.

 

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