Indagine Ires sui migranti in Toscana, in discesa il numero dei lavoratori autonomi

Livorno – Presentato lo studio dell’Ires, commissionato dalla Cgil, sui lavoratori migranti in Toscana, e il loro contributo all’economia toscana e a quella dei loro paesi d’origine. Lo studio è stato presentato stamattina nella sala Cerimonie del Comune di Livorno. Ad illustrare il testo sono stati: Barbara Bonciani, assessora alla cooperazione e pace, Gianfranco Francese presidente Ires Toscana, Franco Bortolotti, ricercatore Ires Toscana.

Lo studio dal titolo “Lavoratori migranti in Toscana. Un grande contributo allo sviluppo regionale e dei paesi d’origine”, è un’importante indagine sulla presenza dei lavoratori migranti nella nostra regione. Il testo dell’ Ires analizza le nazionalità dei lavoratori e le tipologie, la composizione sociale del lavoro immigrato e la sua dinamica, la composizione percentuale degli immigrati, la variabile generazionale nei lavoratori immigrati, la diffusione dei migranti sul territorio, la retribuzione dei lavoratori stranieri.

La condizione sociale dei lavoratori migranti ha dato una fotografia non inaspettata del fenomeno. Intanto, come si legge nel rapporto, bisogna premettere che il concetto di “lavoratore” utilizzato negli archivi Inps significa “persona che nel corso dell’anno si è trovata almeno per un giorno nella collocazione lavorativa descritta”.  Dunque un “operaio” che è stato tre mesi tale, può essere contato anche (poniamo per sei mesi) “apprendista”, e magari per due mesi “artigiano” (cioè lavoratore autonomo). “Se i passaggi fossero scanditi con una certa regolarità di lungo periodo, al di là dei casi singoli, il confronto sarebbe altamente significativo – si legge nello studio –  ma solo in parte, nelle condizioni attuali, in cui la rotazione lavorativa subisce una accelerazione, cioè è più probabile che la medesima persona si trovi temporaneamente a ruotare fra diverse collocazioni, qualifiche, mansioni, etc. Il totale dei “lavoratori” si trova così “gonfiato” in maniera crescente da questo fenomeno, cui  ovviamente non corrisponde un incremento di “lavori” stabili e permanenti.

Negli ultimi dieci anni il numero dei lavoratori immigrati è cresciuto da 222mila a 267mila, con una pausa (sulle 245mila unità) sostanzialmente fra il 2012 e il 2015. Dunque il numero dei lavoratori immigrati è cresciuto del 10% fra 2009 e 2012 (anni pure di crisi economica incisiva), e poi dell’8% fra 2015 e 2018 (anni di lenta ripresa). Nel primo periodo la crescita è stata particolarmente intensa (21%) per i lavoratori autonomi, che sono andati controcorrente anche nel secondo periodo di stasi (2012-2015), con una crescita di ben 11 punti percentuali. Il numero dei lavoratori autonomi rallenta la crescita invece (+4%) nell’ultimo periodo, in parallelo del resto ad una tendenza al ridimensionamento del lavoro indipendente che è comune (anzi più accentuata) anche fra gli italiani.

La quota percentuale dei lavoratori autonomi si assesta al 14,9% del totale nel 2018, dopo una crescita dal 12,9% (2009) fino al 15,5% (2015). La quota del lavoro dipendente rimane assolutamente prevalente (84% del totale, pure se è inferiore a quella del 2014-2015 (83,3%). La quota dei lavoratori parasubordinati è circa dell’1,1%, negli ultimi anni).

L’articolazione per cittadinanza dei numeri complessivi degli immigrati in Toscana delinea dei notevoli cambiamenti nel corso del passato decennio. In primo luogo abbiamo la ascesa numerica della collettività cinese, che dal 2018 è la più numerosa, mentre nel 2009 era preceduta dai romeni (fino a quest’anno prevalenti) e degli albanesi (fino al 2011). Al quarto posto si sono collocati stabilmente i marocchini, seguiti, nel 2009, da ucraini, polacchi, filippini, peruviani e senegalesi, e nel 2018, da filippini, senegalesi, ucraini, peruviani e pakistani.

Le donne rappresentavano la maggioranza dei lavoratori dipendenti stranieri fino al 2016, ma dal 2017 sono minoranza. La loro quota è cresciuta dal 2009 (50,3%) al 2013 (52,2%), per poi scendere al 48,8%. Questa dinamica la ritroviamo, attenuata, nel segmento più forte el lavoro dipendente immigrato, quello dell’industria e dei servizi, nel cui ambito la quota femminile prima cresce fino al 40,8% (2013) e poi scende fino al 39,7%. Di questo una possibile spiegazione è che l’aggravarsi della crisi occupazionale ha cominciato a marginalizzare le lavoratrici immigrate più degli uomini, all’apice delle difficoltà del mercato del lavoro, ma poi la debole ripresa non ha comportato un recupero dell’occupazione delle donne. E’ però interessante notare che gli altri due rami vedono tendenze opposte. In agricoltura, segmento in moderata crescita, la preponderanza maschile si accentua (le donne passano dal 21,2% al 17,9%). Nel lavoro domestico, comparto in declino, la quota del lavoro femminile invece si accentua (dall’80% al 90%). In altri termini è come se negli ultimi anni si fossero marcati gli stereotipi di genere rispetto alle professioni, ai mestieri, ai settori, nello specifico comparto degli immigrati (il processo non è lo stesso però fra gli italiani).

Per quanto riguarda la diffusione, le province della Toscana centrale, Prato, Firenze e Pistoia, seguite da Pisa e Arezzo, sono quelle che hanno visto la dinamica più accentuata della presenza di immigrati (dipendenti dell’industria e servizi) nel decennio 2009-2018 nonostante i primi anni siano stati di forte depressione occupazionale. Alcune province hanno al termine del decennio un numero di lavoratori dipendenti immigrati inferiore a quello iniziale: Massa Carrara, e, al netto dei cinesi, anche Livorno (Grosseto ne ha un numero praticamente stabile).

ll livello retributivo medio (industria e servizi) dei lavoratori stranieri al 2018 in Toscana era di 13487 euro / anno. Le province di Grosseto, Livorno, ma soprattutto Prato (11753), sono quelle che si collocano al di sotto della media regionale.

Per quanto riguarda le cosiddette “rimesse”, ovvero i soldi inviati dai lavoratori stranieri nei loro paesi d’origine nel biennio 2017-2018  dei lavoratori immigrati residenti in Toscana sono aumentate, attestandosi rispettivamente da 445,5 a 515,8 milioni di euro, con un incremento percentuale del 15,8%.
Se si guarda al dato di dettaglio territoriale nel biennio 2017-2018 , Firenze rappresenta la provincia con maggiori volumi di denaro inviati dalle comunità straniere verso i propri paesi d’origine; nel 2018 da questa provincia sono partiti infatti 181,7 milioni di euro, circa 29 milioni in più rispetto all’anno precedente (333,7 milioni di € complessivi nel biennio).
Nella nostra regione, le province più interessate dal flusso in uscita delle rimesse all’estero degli immigrati sono Firenze, Pisa e Prato. La provincia di Pisa, nel 2018 ha visto aumentare il volume di denaro inviato di 12 milioni di euro, rispetto all’anno precedente, con 68,3 milioni di euro trasmessi (124,5 milioni di €. nel biennio).

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