Indaga la ConsobSu Unicredit le mani della speculazione

Il ruolo delle Fondazioni nel crollo del titolo

Dubbi sulle oscillazioni del titolo Unicredit a Piazza Affari. Gli analisti concordano: movimenti anomali. La Consob sospetta che sia stato aggirato il divieto di vendere allo scoperto e che il crollo di lunedì sia stato provocato dalla speculazione. Sotto la lente di ingrandimento anche il ruolo della Fondazioni.

Dal 4 al 9 gennaio il gruppo di Piazza Cordusio ha perso in Borsa il 45%, ridimensionando solo parzialmente la debacle con il rimbalzo del 6,04% di ieri. Si tratta di speculazione? A porsi la domanda non sono solo i banchieri ma anche la Consob che da qualche giorno ha puntato il faro sul titolo Unicredit. Le possibili speculazioni sono oggetto anche di un’inchiesta del Sole 24 Ore che ha sondato il mercato alla ricerca di riscontri. In attesa dei risultati dell’autorità di vigilanza – che arriveranno solo tra alcuni mesi – alcuni indizi, scrive il principale quotidiano economico italiano, portano a pensare che probabile che la speculazione possa avere aggravato il ribasso.

Gli indizi

Le vendite sui titoli UniCredit – scrive il Sole 24 Ore – sono arrivate in gran parte dall’estero (soprattutto da Londra), le compravendite sono avvenute per il 50% fuori dalle mura di Borsa Italiana, il costo per farsi prestare i titoli UniCredit è lievitato in pochi giorni dall’1-2% al 6-7%. Questo dimostra che la speculazione (anche lecita) c’è stata. Ma che questa sia stata la causa del ribasso di UniCredit in Borsa non è affatto scontato. Anzi: il crollo è stato principalmente causato dallo “sconto” applicato sull’aumento di capitale e dalle “coperture” delle Fondazioni azioniste.

In questo quadro si sarebbero mossi sia ribassisti “leciti” che ribassisti “illeciti. I primi hanno rispettato il regolamento in vigore dal 12 agosto che consente a un investitore, grande o piccolo di vendere le azioni che possiede oppure di farsele prestare da qualcuno e poi venderle allo scoperto (senza possederle), purché contemporaneamente acquisti derivati o diritti che pareggino la sua posizione al ribasso. Il giochetto, piuttosto comune in caso di aumento di capitale, è piuttosto comune e garantisce guadagni quasi certi. Ma ci sono diversi modi di aggirare i divieri e il fatto che il 50% degli scambi sulle azioni Unicredit sia avvenuto in questi giorni all’estero, fuori dai mercati regolamentati, dimostra che la normativa può essere stata aggirata.

Il ruolo delle Fondazioni

Quale ruolo hanno giocato le Fondazioni in questo contesto? E’ possibile, secondo il Sole 24 Ore, che le Fondazioni azioniste, per compensare le forti perdite che stavano subendo sulle loro partecipazioni azionarie, abbiano comprato opzioni put (cioè diritti a vendere, dunque posizioni ribassiste) da qualche banca d’affari internazionale: questo ha dato alla Fondazione una “copertura” contro i ribassi, ma contemporaneamente ha spinto la banca d’affari a vendere azioni Unicredit sul mercato per “coprirsi” a sua volta. Tutto questo ha contribuito a causare il crollo.

Sarebbe interessante sapere come si è mossa la Fondazione Manodori in questo scenario. E sarebbe opportuno che qualcuno desse delle risposte dal momento che che in gioco ci sono soldi della comunità.

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