Saremo tardi di comprendonio ma non riusciamo ancora a capire quale sia l’interesse pubblico sviluppato dal concerto di Ligabue. Di immagine? I media (nazionali) hanno parlato del Liga e del Campovolo citando solo di sfuggita, manco fosse un errore, il nome della città in cui l’area è allocata. Di denaro? A noi risulta che il comune abbia avuto le sue importanti spese nell’utilizzare centinaia di suoi dipendenti prima e dopo quelli di Iren per ripulire quello che si è trasformato più che in eco in un rusco-concerto. Chi ci ha guadagnato, in tutti i sensi, è stato il rocker correggese ed il suo staff. Milioni di euro. Punto.
Non a caso un tonitruante Ligabue, scherzando a metà, ha detto che il suo Claudio Maioli sta prendendo in affitto il centro di Reggio per farci un palco permanente. Cosa da non ipotizzare manco per burla ai piani alti del Palazzo che magari è davvero la speranza di qualcuno.
Detto ciò, non siamo affatto contrari all’idea Arena della Musica o Rock Valley. Abbiamo semplicemente scritto che l’avvenimento di sabato 19 settembre deve essere servito a comprendere come il progetto ed imminente bando sulla gestione sonora del Campovolo debba andare in senso opposto alla Liga Street. Ponendo precise regole e limiti ad eventuali manager più ricettivi ai meccanismi di mercato (specie il loro) e meno attenti invece (d’altronde il compito sarebbe della politica) al bene comune. O almeno il più condiviso possibile.
Cosa ci sia di popolare nell’allestire una tantum un godimento assoluto en plein air per 150mila a scapito del relativo disagio (più o meno percepito) di tutti gli altri, cosa ci sia di centrosinistra nell’investire una quantità ancora non dichiarata di euro pubblici finalizzata al guadagno stellare di un drappello di individui, non è dato sapere.
Non è affatto il nostro un discorso da attempati snob fruitori nostalgici di polifonia sacra. A noi Ligabue dice poco; pure sforzandoci in un’inutile esegesi (c’è un libro che ne fa addirittura un caso linguistico definendone uno stile) non vi ravvediamo alcun elemento culturale in grado di connotare una generazione né tantomeno simboleggiare una terra o un’identità. Semmai un vago buonismo luogocomunista condito da sentimentalismo padano-rivierasco. Ma sono cavoli nostri. Coi loro soldi i Liga fan fanno quello che vogliono. Voleva semplicemente essere un afflato di buon senso.
P.S.
C’è un video facebook di Rossella Pivanti, giovane reggiana che risiede al Campovolo, divenuto virale. Decine di migliaia di condivisioni: racconta le sue peripezie alle prese con la Via Crucis imposta ai residenti dalle regole del Concertone. Alla fine il Comune le ha tolto la multa comminata dalla Polizia Municipale. Stante il fatto che, a nostro avviso, la cittadina aveva tutte le ragioni del mondo, perché ha avuto il privilegio della cancellazione del balzello, ammesso e non concesso che fosse nel torto? Non vorremmo fossimo arrivati a modificare le priorità nell’agenda dei diritti e dei doveri a seconda della loro condivisione social. Sarebbe l’ultimo passo prima di sfociare inevitabilmente nella facebookcrazia