Secondo il docente di comunicazione e relazioni pubbliche dell’Università di
Udine, il sociologo, Francesco Pira: “si tratta di soglie sottostimante. Il
cellulare viene dato ai figli giovanissimi al Sud, dove è più percepito il
pericolo sociale, per tenere i ragazzi sotto stretto controllo”. Ma è
sempre un bene? “No perché significa alimentare un rapporto a distanza, che
manca sempre più della componente umana”. E poi c’è l’altra faccia della medaglia: “ sempre più genitori si fanno
spiegare il funzionamento del cellulare dai figli, che sono nati con la
tecnologia, la masticano di più. Ma questo porta ad un sovvertimento dei
ruoli: papà e mamma non conoscendo il mezzo, non sanno come controllarlo.
Ecco, perché sarebbe il caso che gli educatori capissero un po’ di più di
tecnologia, per non abdicare al proprio ruolo di guida”. Diversa la ricostruzione di Anna Oliviero Ferraris, psicologa dello sviluppo
dell’Università La Sapienza di Roma: “ i figli maturano sempre un senso di
emulazione verso gli adulti. Se sanno usare il telefonino è perché respirano
questa tendenza tecnologica soprattutto in casa. I cellulari sono anche la
passione dei grandi. Sono loro ad avere inventato lo stereotipo del
cellulare status symbol. Nonostante questo però le regole vanno date,
“soprattutto per evitare situazioni sgradevoli come i cellulari che suonano
in classe, fenomeno ancora più grave se tutto questo succede in terza
elementare”. Sempre secondo ha appurato l’inchiesta, un ragazzo su quattro, secondo
quanto rivela il giornale, tra i 6 e 10 anni si connette alla rete ogni
giorno, sia da casa che da scuola.