Aemilia: 147 rinviati a giudizio. Processo a Reggio da marzo

Anche il calciatore Iaquinta e suo padre tra gli imputati della maxi inchiesta sulla criminalità organizzata in Emilia-Romagna.

Solo due archiviazioni e 147 persone rinviate a giudizio nell’udienza preliminare del processo Aemilia sulle infiltrazioni mafiose in Emilia-Romagna. E’ l’esito dell’udienza preliminare che si è conclusa oggi a Bologna.
Il dibattimento inizierà il 23 marzo alle 9 nel tribunale di Reggio Emilia: in programma tre udienze alla settimana. Tutti gli altri imputati, tra cui il presunto boss Nicolino Grande Aracri, hanno optato per riti abbreviati e patteggiamenti che saranno discussi dall’11 gennaio nell’aula speciale allestita alla fiera di Bologna.

In sostanza il gup ha accolto l’impianto accusatorio della Direzione distrettuale antimafia. Fra i nomi eccellenti che andranno a processo ci sono anche quelli dell’ex calciatore della nazionale – campione del mondo 2006 – Vincenzo Iaquinta e del padre. Fra i nomi celebri che finiranno alla sbarra c’è poi quello di Michele Bolognino, l’unico presunto boss che non ha scelto il rito abbreviato, oltre a Palmo Vertinelli e agli imprenditori Bianchini di Modena. Molti degli imputati rinviati a giudizio erano presenti oggi in aula. Tra quelli che hanno optato per il rito abbreviato ci sono dunque i principali presunti boss della cupola ndranghetista emiliana.

Nel processo sulla maxi criminalità al nord – in Emilia in particolare – gli imputati sono accusati di aver messo le mani sulla ricostruzione post sismica e di aver cercato di condizionare le elezioni amministrative in diversi Comuni per pilotarle secondo i propri interessi. All’inizio dell’inchiesta erano 239 gli indagati, quasi 200 i capi di imputazione contestati nel complesso. Un numero tale che si era resa necessaria la ricerca di uno spazio diverso dalle aule di giustizia, e per questo alla fine si è scelto di affittare un padiglione della Fiera. Le due posizioni prosciolte oggi sono quelle di un imprenditore livornese, che era stato indagato come prestanome dei clan, e di una ragazza russa di 26 anni che era considerata vicina ad alcuni imputati.

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