Firenze – Se avessimo potuto combinare a tavolino i risultati per dare morale alla Fiorentina, ieri li avremmo senz’altro pensati così. E i risultati degli altri, la nostra posizione in classifica, contano eccome per una squadra che deve capire chi è, che deve darsi una dimensione, deve “crederci”.
Questa parola, “crederci”, declinata l’anno scorso a mistica pura, senza una possibile verifica empirica degli enunciati in cui compariva, quest’anno ha un senso. Possiamo dire senza ombra di dubbio che i giocatori “ci credono”, perché crederci vuol dire dare tutto, mostrare di sentirsi a proprio agio nel posto in cui ci si trova, avere costantemente la testa alta per cercare i compagni e spesso trovarli di prima perché si sa che ci sono.
Ditemi quant’era che non vedevate azioni da gol belle come quelle del 3-0 della Viola contro il Sassuolo. Un cross perfetto del terzino (finalmente il terzino che attacca e crea superiorità numerica sulle fasce, e non quelle ali larghe e fuori dal gioco!) che non dà il tempo al difensore avversario di recuperare quel passo che lo separa dal centravanti.
Una perfetta azione in velocità con Thereau che svaria a destra nella zona “non sua” e mette un pallone col contagiri in un cambio di campo dove sa che ci deve essere un compagno che segue l’azione (perché “ci crede”!). Un contropiede da manuale con i tre offensivi che si muovono alla perfezione e che con i tempi giusti liberano Chiesa per un bellissimo gol di mezzo cucchiaio. Sinceramente, da due anni ricordo solo gollonzi, e soprattutto ricordo aree costantemente sguarnite (per la fissa del gioco ampio) e buchi neri a centrocampo dove gli avversari ci facevano male quando perdevamo palla. Quest’anno la squadra è perfettamente equilibrata, compatta, ognuno aiuta i compagni di reparto e fa gli straordinari nei momenti di necessità per aiutare anche gli altri (Chiesa, nel finale di ieri, quando Pioli ha disposto un prudente 3-5-2, era a fare il terzino). Bravo Pioli a trarre il massimo dai giocatori che ha.
Fin qui le note positive e rinfrancanti. Ma vediamo reparto per reparto, giocatore per giocatore, che cosa c’è e che cosa c’è da migliorare. Pioli sta giocando con undici giocatori. Ieri Biraghi è stato sufficiente soltanto perché ha francobollato uno spento Berardi (ma che fine ha fatto il giocatore che costava quanto Bernardeschi?), concentrato al massimo nel ruolo di difensore.
Ma la fascia sinistra resta un problema. Sta invece andando molto meglio a destra, dove Laurini ha giocato una signora partita, anche di classe, con una sola distrazione quando ha perso Politano nell’unica vera occasione concessa al Sassuolo. La difesa ogni tanto perde le posizioni.
Ma quel Pezzella è un vero campioncino, e finalmente, come ai tempi del Gonzalo di Montella, si vede il centrale difensivo anche in area avversaria. Il centrocampo è molto buono. Rispetto al passato ha perso qualche grammo di tecnica, ma ha acquisito peso fisico. Benassi e Veretout sono giocatori moderni e a tutto campo, anche in possesso di tiro da fuori (in questo certo più bravi di Borja e Vecino).
L’attacco non è ancora convincente appieno. Le partite contro Lazio e contro Sassuolo, squadre dalle difese forti, ci fanno vedere anche questo reparto più ottimisticamente. Ma resta il solo Chiesa a creare gioco. Non si inventa gran che, difficilmente si vince un uno contro uno e si va in superiorità numerica. A me resta la nostalgia di un Ilicic, ma senz’altro urge un giocatore nella tre quarti che faccia il Thereau con ispirazione e imprevedibilità diverse.
Resta poi il mistero degli altri in rosa. Sembra che Olivera abbia già un biglietto aereo per la Turchia. Gaspar e Vitor Hugo sono lì per necessità, ma non per virtù. Sanchez e Cristoforo non sappiamo quanto siano stimati dal tecnico, ma è lecito pensare ben poco. Dias, Saponara (ahimé!), Eysseric hanno limiti sin troppo evidenti .
Quelli di Dias sono limiti di gioventù e del fatto che il giocatore non è nostro e che, con il costo del suo riscatto, sicuramente non lo sarà. Io, a gennaio, oltre a un terzino di fascia sinistra, vorrei trovare un trequartista con capacità da esterno alto che possa diventare un Sousa o un Eriksen. E qui ci vuole anche fortuna. Ma soprattutto bisogna sapere di calcio.
Ieri sera abbiamo visto tutti una bella Sampdoria, al di là del risultato, con giocatori interessantissimi e acquistati a prezzi irrisori. I tre polacchi, due dei quali Pradè avrebbe portato a Firenze, sono costati meno di dieci milioni e ora ne valgono sei volte tanti (ma soprattutto stanno facendo bella e brava una Samp da alta classifica). Torno a dire che è lì che si deve lavorare. Su chi opera sul mercato. Perché forse davvero bastano due ritocchi tra i titolari e due riserve di valore per tornare a sognare.
Foto: Laurini in visita all’Istituto Francese