In Israele democrazia a rischio, occorre una solida Costituzione

le proteste contro la riforma della giustizia di Netanyahu

In Francia in pochi giorni è montata l’onda del movimento contro l’approvazione della riforma delle pensioni di Macron. Le immagini mostrano una protesta tutt’altro che pacifica. Blindati della polizia dati alle fiamme, edifici imbrattati e vandalizzati. Decine di arresti e feriti, guerriglia nelle strade di Parigi.

In Israele, nell’ultimo lembo di Occidente, le proteste contro la riforma della giustizia di Netanyahu durano da mesi, in modo martellante e largamente partecipato, decisamente non violento. A Tel Aviv nel cuore della contestazione, dove centinaia di migliaia di israeliani scendono in piazza ormai regolarmente, le tensioni sono state minime. Il clima non è lo stesso di Parigi. Almeno fino ad oggi. Eppure, quanto sta avvenendo in Israele è per certi versi molto più impattante sul futuro della nazione.

L’esecutivo guidato da Benjamin Netanyahu è ad un passo da rivoluzionare il sistema democratico. Per l’opposizione e i critici alla nuova legislazione giudiziaria siamo di fronte ad una minaccia alle fondamenta dello stato, con il rischio che il Paese diventi una sorta di Ungheria del Medioriente, scivolando lentamente in un regime illiberale, autoritario e teocratico.

La contestata riforma che il parlamento sta approvando (l’iter dovrebbe essere terminato entro il mese di Maggio) darebbe di fatto alla maggioranza della Knesset il controllo della Corte Suprema, rompendo lo schema di bilanciamento dei poteri istituzionali attualmente in vigore. Questo provocherebbe una crisi istituzionale senza precedenti, che molti credono, a partire dal presidente Isaac Herzog, potrebbe portare ad una disastrosa guerra civile.

Israele sin dalla sua nascita, 75 anni fa, non si è dato una costituzione, e poggia ancora su una serie di leggi fondamentali. In rivolta sono scesi praticamente tutti i settori della società da quello finanziario, imprenditoriale, accademico e persino militare. Avvertono che la riforma danneggerà l’economia, la magistratura, ridurrà i diritti delle minoranze e la libertà di espressione.

Secondo un recente sondaggio pubblicato dall’ Israel Democracy Institute, solo una minoritaria fetta di israeliani sostiene le riforme del governo uscito vincitore dalle passate elezioni, dopo quasi quattro anni di stallo politico. Ma tanto i sondaggi negativi quanto la marea dei manifestanti non sembrano aver minimamente “condizionato” le scelte del premier. Che guarda all’immunità nei processi per corruzione in cui è imputato.

“Per salvare se stesso Netanyahu porta Israele sull’orlo della dittatura” scrive lo scrittore David Grossman su La Repubblica. Effettivamente, il falco della destra non pare interessato ad indietreggiare di un millimetro nei suoi piani. Nemmeno quando a chiedergli di fermarsi sono alcuni esponenti di spicco del suo partito, il Likud, e prominenti ministri come quello della Difesa, Yoav Gallant.

Nel muro contro muro che si è prefigurato difficilmente potrà esserci un vincitore. Se Israele vuole evitare una prossima implosione c’è solo da rimboccarsi le maniche e scrivere, una volta per tutte, una solida costituzione.

Alfredo De Girolamo  Enrico Catassi

In foto David Grossman (wikipedia)

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