Imprese, in aumento le denunce di estorsione, Toscana al sesto posto

Firenze – Ad aprire la classifica, un terzetto di regioni “ricche”: Valle d’Aosta, Trentino Alto Adige, Emilia-Romagna. Quarta, l’Umbria, seguita dal Friuli Venezia Giulia, e, sesta, la Toscana. Un andamento che, già preoccupante per il posto in classifica, lo diventa ancora di più se si considerano gli aumenti percentuali delle denunce di usura a livello regionale da parte delle imprese: fra il 2010 e il 2015 l’aumento è del 466, 7% della Valle d’Aosta, del +188,0 del Trentino Alto Adige, del +172,8 per l’Emilia-Romagna. In Toscana, siamo al +122,7%. Un andamento che, guardando al risultato complessivo, conduce a un +64,2% di denunce, in cinque anni, sull’intero territorio nazionale; in termini assoluti, si è passati da  5.992 a 9.839 denunce.

Di cosa si tratta, lo spiega il coordinatore dell‘Ufficio Studi della Cgia di Mestre, che ha tradotto i dati in tabelle, Paolo Zabeo. “Il fenomeno estorsivo – dichiara – è un tipico reato praticato dalle organizzazioni criminali di stampo mafioso ai danni degli imprenditori. Oltre ad acquisire illecitamente del denaro con la violenza e le minacce, l’obiettivo principale è quello di controllare il territorio. Il fatto che nelle regioni del Nord siano in forte aumento le denunce per estorsione, segnala ancora una volta che questi gruppi criminali organizzati si sono diffusi in modo capillare in tutto il Paese e in particolare nelle regioni più ricche”. Secondo i dati di Transcrime (Centro di Ricerca dell’Università Cattolica di Milano) si stima che il fatturato complessivo dell’estorsione organizzata in Italia oscilli tra i 2,7 e i 7,7 miliardi di euro l’anno. 

Ma non è tutto. L’allarme, fa sapere l’Ufficio Studi dell’organizzazione veneta, riguarda anche il fronte dell’usura. Pur restando nell’ombra, come segnala il numero contenuto di denunce (nel 2015 sono state solo 375), l‘usura continua ad essere un vero mostro mangiatutto per le piccole e medie imprese, qualora disperate dalla mancanza cronica di fondi si trovino a compiere il fatidico passo di rivolgersi agli usurai. Un passo non solo pericoloso, ma che produce un fenomeno delle cui dimensioni non possiamo neppure essere certi, dal momento che le vittime, intimidite da pesanti minacce e azioni violente non solo dirette ma anche nei confronti dei famigliari, raramente trovano il coraggio di ricorrere all’autorità giudiziaria. “Con le sole denunce effettuate all’autorità giudiziaria – ricorda il segretario della CGIA Renato Mason – non è possibile dimensionare il fenomeno dell’usura. Le segnalazioni, purtroppo, sono molto esigue. Tuttavia, l’attenzione non va assolutamente abbassata, perché come sanno gli addetti ai lavori è molto difficile che le vittime trovino la forza per denunciare i propri strozzini. Oltre al perdurare della crisi e la conseguente stretta creditizia, sono soprattutto le scadenze fiscali o la necessità di fronteggiare piccoli imprevisti di spesa a spingere molte micro aziende nella morsa degli usurai, spesso per importi molto contenuti che non superano qualche migliaio di euro”.

L’attrazione che continua a esercitare l’usura in particolare presso i piccoli imprenditori, è con ogni probabilità “figlia” di un terreno molto sensibile all’attecchimento di questa pratica odiosa, vale a dire il dissesto provocato da una crisi che non sembra ancora debellata. Il “famoso” credit crunch “praticato dalle banche nei confronti delle imprese”, come si legge nella nota della Cgia, potrebbe essere uno dei primi argomenti motivazionali. “Tra il giugno 2011 (punto più alto dell’erogazione del credito) e lo stesso mese di quest’anno, i prestiti bancari alle imprese (società non finanziarie e famiglie produttrici) sono diminuiti di 153,5 miliardi di euro (-15,3 per cento)”, si legge nella nota dell’associazione artigiana veneta.  “Con una caduta verticale di questo genere, è molto probabile che alcune piccole imprese, sempre a corto di liquidità e tradizionalmente sotto-capitalizzate, pur di rimanere a galla siano ricorse a forme illegali di approvvigionamento del credito”.

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