Chissà se lo sanno o se lo sapranno mai cosa hanno scatenato quei pochi migranti che si sono fatti andata e ritorno Italia-Albania, due volte in meno di un mese. Portati lì dal governo per un rimpatrio accelerato, sono stati per la seconda volta rimandati in Puglia dai magistrati del tribunale di Roma, in nome della normativa europea.
Erano pochissimi uomini, dodici ad ottobre e otto a novembre, sballottati su e giù per l’Adriatico con la solita nave da guerra Libra, al costo di 250mila euro a traversata. E’ evidente ormai a tutti che loro sono stati capri espiatori sull’altare del ‘modello Albania’. E capri espiatori sono diventati anche i magistrati che hanno stoppato di nuovo l’operazione, avvertendo che quel modello va un po’ aggiustato, visto che confligge con il diritto europeo. Gli estremisti della maggioranza e i loro cantori li additano come toghe rosse e “zecche comuniste”, responsabili del fallimento del protocollo Roma-Tirana che doveva diventare avanguardia di una rivoluzionaria politica migratoria. E il governo giura che non si torna indietro, la nave Libra dovrà tenere sempre i motori accesi e la battaglia continua in ogni sede.
A Palazzo Chigi, dopo che i primi 12 migranti sono rientrati in Italia, avevano pensato di potere aggirare con un decreto le obiezioni sollevate dai magistrati, creandosi per legge la lista dei paesi sicuri. Inutilmente, perché, di nuovo, il Tribunale di Roma, sempre in nome della sovraordinata normativa europea, ha ritenuto di non poter convalidare la procedura accelerata per il rimpatrio dall’Albania degli ultimi otto migranti finiti in questo caos.
Ancora marcia indietro quindi. Ma stavolta il quadro si aggrava, il pesante conflitto istituzionale italiano lambisce la nuova America di Trump, con un imprevedibile colpo inferto dal supermiliardario Elon Musk: “These Judges need to go, questi giudici se ne devono andare”, ha intimato il patron di Tesla, Space X e Starlink, dal suo potentissimo social network, ‘X’. L’uomo più ricco del mondo, braccio destro del nuovo presidente, entra a gamba tesa e si schiera con la sua amica sovranista Giorgia Meloni sferrando un duro attacco alla magistratura italiana.
Le opposizioni insorgono, (“intollerabile ingerenza” è il commento più moderato) e rispondono, con più savoir faire istituzionale, anche i magistrati ‘cacciati’ da Musk. Il presidente dell’Anm Giuseppe Santalucia è fra i primi a farsi sentire: “Ci sono confini ideali che valgono almeno quanto, se non più, dei confini territoriali. Musk non è un privato cittadino ma un protagonista assoluto della vita globale. Questo è un modo con cui si prende gioco della sovranità dello Stato italiano, perché l’istituzione giudiziaria è un’espressione della sovranità del Paese. Mi aspetto una difesa da chi ha a cuore la sovranità dell’Italia”. Il ‘chi’ invocato da Santalucia è ovviamente la presidente del Consiglio Giorgia Meloni, che invece tace. E non pervenuto risulterà anche il ministro della Giustizia Carlo Nordio.
Da Palazzo Chigi si sentono solo le parole del ministro Matteo Salvini, trumpiano della prima ora, incravattato di rosso da quando l’amico americano ha sbaragliato la democratica Harris. “Musk ha ragione”, dice a caldo Salvini, “come libero cittadino può esprimere opinioni”, argomento poi rilanciato da quasi tutti i suoi colleghi della maggioranza. Anche se, a stretto giro, l’incarico atteso e annunciato arriva: Trump, beneficiario e beneficiato del plurimiliardario, crea per lui e per un altro falco, il ‘patriota americano’ Vivek Ramaswamy, un inedito Dipartimento per l’efficienza governativa (Doge) e la spiega così: “Insieme, questi due meravigliosi americani spianeranno la strada alla mia amministrazione per smantellare la burocrazia governativa, tagliare le normative eccessive, tagliare le spese inutili”. Si tira la cinghia insomma, fa capire Trump e affida il compito al supermiliardario con il più enorme conflitto di interessi mai visto, l’amico Musk che, per dirne solo una, riceve due miliardi circa di commesse dalla Nasa. Del resto il suo obiettivo è arrivare su Marte dove prevede di inviare i primi equipaggi già nel 2028. Un visionario, dicono, e che importa se le sue aziende sono invischiate in almeno 20 inchieste, che vanno dai timori sulla sicurezza relativi ai veicoli Tesla all’impatto ambientale dei lanci di razzi di SpaceX.
I giudici non sembrano spaventarlo, Musk vola più in alto, ma a quelli italiani ha voluto dedicare un pensiero – ‘need to go’ – in nome dell’amicizia con Giorgia Meloni. La nostra presidente, meno di due mesi, fa riceveva a New York dal patron di Tesla il Global Citizen Award: “La ammiro, ha fatto un lavoro incredibile”, diceva lui. E lei: “Lo considero un valore aggiunto”. Valore molto aggiunto, visti i grandi investimenti che Musk potrebbe fare in Italia, con progetti già avviati, a partire dalle macchine elettriche Tesla per finire a Starlink, che sta portando i satelliti dell’imprenditore sempre più al centro dei piani nazionali, sia civili che militari. Insomma, sono in ballo molti soldi. Non solo, Musk per Meloni può essere il canale diretto per ingraziarsi Trump e farsi perdonare, non tanto la sua amicizia con l’uscente Biden, ma la sua posizione netta a favore dell’Ucraina nel conflitto contro la Russia.
Così si capisce meglio il silenzio di Meloni sulle mattane del miliardario americano. Alla fine ci pensa il presidente della Repubblica Sergio Mattarella a rimettere le cose sul giusto binario: “L’Italia è un grande Paese democratico che sa badare a se stessa nel rispetto della sua Costituzione. Chiunque deve rispettarne la sovranità e non può attribuirsi il compito di impartirle prescrizioni”. Musk intanto aveva già rilanciato: “Il popolo italiano vive in una democrazia o è un’autocrazia non eletta a prendere le decisioni?” – sempre i magistrati nel mirino.
Mattarella ancora una volta diventa il vero e unico baluardo dell’interesse nazionale, le sue parole ferme danno benzina alle opposizioni che lo ringraziano ed esaltano, da Calenda (“Ancora una volta è lui a salvare la dignità dell’Italia) a Bersani che lo considera “da applausi” e così per tutta la giornata mentre il silenzio di Giorgia Meloni si fa ancora più profondo e imbarazzante.
Solo molte ore dopo, troppe, le agenzie battono la notizia di una telefonata fra la presidente del Consiglio e il patron di Tesla che le avrebbe espresso stima e rispetto nei confronti di Mattarella. Non solo, gli piacerebbe incontrarlo, fa sapere poi Musk stesso. E però resta il fatto che “la libertà di espressione è protetta dal Primo emendamento e dalla stessa Costituzione italiana, pertanto da cittadino continuerà ad esprimere liberamente le proprie opinioni”, aggiungerà sui suoi social poco dopo avere chiuso la telefonata con Meloni.
La presidente del Consiglio, a sua volta, fa trapelare da Palazzo Chigi: “Ascoltiamo sempre con grande rispetto le parole di Mattarella”, ma non ha mai chiarito se, oltre a rispettarle, quelle parole le condivide anche. Poi è uscita di scena, volando in Azerbaigian, a Baku, per intervenire alla Cop29, il summit sul clima delle Nazioni Unite.
La questione Albania e giudici accusati di remare contro intanto continua nelle aule di giustizia e aule parlamentari. Primo appuntamento alla Corte di Cassazione che il 4 dicembre si esprimerà sui 12 ricorsi promossi dal ministero dell’Interno contro la prima ordinanza del Tribunale di Roma. Lo stesso Viminale poi ha annunciato che si costituirà di fronte alla Corte di giustizia europea per sostenere le proprie ragioni anche se non si sa esattamente quando avremo una pronuncia da Lussemburgo. Ma il governo, per poter ripristinare la rotta albanese senza intralci giudiziari, guarda già oltre, quando a giugno del 2026 entrerà in vigore il nuovo Patto europeo sulla migrazione e l’asilo, che modifica le procedure attuali più in sintonia con il modello meloniano .
Nel frattempo, e sottotraccia, si lavora in Parlamento. Visto che non è bastato il decreto legge sui paesi sicuri per fermare i giudici, in commissione Affari costituzionali della Camera l’hanno pensata ancora più grossa: un emendamento al decreto flussi firmato dalla meloniana Sara Kelany, non potendo al momento cambiare la legge, prevede di cambiare i giudici, togliendo alle sezioni dei tribunali specializzati in materia di immigrazione la competenza sui provvedimenti di trattenimento disposti dal questore e rimettendola in capo alle Corti d’Appello. Come se, in una partita di calcio, la squadra che perde decidesse di cambiare l’arbitro. Ma la partita non si è conclusa e l’unico vincitore che si profila al momento è il presidente albanese Edi Rama che, senza sforzi e senza alcun fastidio, continua a prendere soldi dagli amici italiani.
Foto da youtube