Firenze – Dario Nardella picchia duro su immigrati e case popolari, e in una città che, a torto o a ragione, comincia ad essere sempre meno “accogliente”, la novità (già in rete ieri, con tanto di polemiche) cade a pennello. Di fatto, il sindaco lamenta che l’alta percentuale di stranieri nelle case popolari rischia di provocare, al di là di tensioni e problemi di integrazione, delle vere e proprie banlieues di stampo francese, di fatto ingestibili, com’è saltato agli occhi del mondo. Dalla Regione parte l’altolà, l’assessore Vincenzo Ceccarelli risponde seccamente che le leggi sono quelle e chi ha ricevuto le case le ha ricevute nel rispetto della legge; insomma, perché gli spettavano. E la soglia dei cinque anni di residenza, richiesta per accedere al bando, è stata inserita “nel rispetto della Costituzione”. Dieci anni, come proposto dal sindaco di Firenze? “Sarebbero discriminatori”, dice Ceccarelli. Nel frattempo le Destre “battono il cinque” al sindaco: Lega Nord e Forza Italia gli danno il benvenuto “nel mondo reale”. L’attacco alla “sinistra” di Nardella non si ferma: sarebbe il “buonismo della sinistra” a scatenare “focolai di odio”.
La risposta a Nardella giunge dal Sunia, per bocca della segretaria fiorentina Laura Grandi: “Le considerazioni del sindaco sarebbero giuste e doverose – dice Grandi – se si capisse contro cosa si scaglia: contro la presenza degli immigrati in quanto tali, o contro i problemi di legalità e convivenza che sono venuti a galla in questi ultimi tempi?”. La domanda è da cento punti, in quanto, spiega Grandi “il secondo interrogativo ne sottende un altro: come mai le ultime assegnazioni sono state fatte in modo da far salire la presenza dei cittadini stranieri (che comunque non è superiore del 10% sull’intero) in base alla “densità” rispetto al numero?”. Per dirla in soldoni, le situazioni lamentate dal sindaco (ad esempio in via Toscanini) sono venute a galla in quanto le assegnazioni comunali hanno permesso la creazione di intere strutture a forte maggioranza di extracomunitari. Ma cercare di gestire le modalità di distribuzione “è ben altra cosa – precisa Grandi – di voler alzare il tetto (peraltro costituzionale) di anni di residenza sul territorio”. Insomma il problema, spiega Grandi, non sono gli extracomunitari in quanto numero assoluto, tanto più che nell’ultimo bando comunale sono cresciuti i cittadini italiani richiedenti alloggio popolare, bensì le modalità di assegnazione. Che, in ogni caso, sono gestite dal Comune stesso: il ragionamento non dovrebbe dunque essere quello di sbarrare la strada agli stranieri, ma semmai che nell’edilizia popolare devono entrare tutti, non solo i casi emergenziali e quelli provenienti dal sociale. Tanto più, ribadisce Grandi, che la stessa legge regionale prevede una precisa norma (caldeggiata dai sindacati) in cui, nelle assegnazioni, si prevede l’impiego del criterio del “contesto sociale”. Vale a dire, esiste lo strumento per evitare le banlieues.
Ma non è tutto. “Se il discorso del sindaco riguarda l’integrazione o la mancata integrazione – continua Grandi – allora emerge un problema fondamentale: non ci può essere integrazione se salta il rispetto delle regole comuni. Le regole, ci tengo a sottolinearlo, ci sono; sono regole di condominio e convivenza. Chi deve farle rispettare? Chi ha i mezzi per poterlo fare. E chi è? L’amministrazione, che da sempre ha tutti gli strumenti per far rispettare le regole di convivenza, suffragato dalle leggi, nello specifico la 96 e la 41. Quest’ultima prevede persino una norma per cui si perde il diritto all’alloggio popolare se non si rispettano le regole condominiali”. Situazioni “pericolose” come quelle citate dal sindaco, in articolare via Toscanini, sono dunque, a conti fatti, il risultato di due variabili convergenti: da un lato, assegnazioni fatte senza tenere conto del contesto sociale (vale a dire, inutile continuare a mettere stranieri in strutture che già vedono la preponderanza degli stessi), dall’altro l’assenza del controllo del rispetto delle regole esistenti. “In realtà – conclude Grandi – considerando anche il dato in controtendenza dell’ultimo bando Erp a Firenze, possiamo a ragione dire che ciò che mina la situazione generale dell’edilizia popolare, non sono gli stranieri, ma l’incapacità o la non volontà di far rispettare le regole. Gli strumenti, lo ribadisco, ci sono tutti e sono in mano all’amministrazione”.
Foto: case popolari in copertina, Laura Grandi, segretaria Sunia Firenze, interno (archivio Stamp)