Firenze – Il 1816 è ricordato come l’anno senza estate in quanto fu caratterizzato da un clima anomalo con temperature fredde e giornate piovose. Addirittura nell’Europa settentrionale e nel nord America si verificarono tempeste di neve. Nevicate ci furono anche in Italia. Negli Stati Uniti ghiacciarono le acque di laghi e di fiumi
La causa principale di questa anomalia climatica è stata identificata nell’eruzione del vulcano Tambora avvenuta un anno prima in Indonesia (nell’isola di Sumbawa vicino a Bali), una delle maggiori eruzioni vulcaniche della storia. La grande quantità di cenere immessa nell’atmosfera e diffusa su ogni parte del pianeta fece da schermo alla luce solare e questo provocò un drastico abbassamento della temperatura. Per di più, da una ventina d’anni si era in un periodo in cui una riduzione delle macchie solari riduceva il calore del sole (fenomeno noto come il minimo di Dalton). E da secoli si era nella fase detta “piccola glaciazione” che si sarebbe protratta fino al 1850.
Fattori che si sommarono ma determinante per l’anno senza estate fu, appunto l’eruzione del vulcano Tambura, tanto dirompente che la colonna eruttiva era stata di oltre 20 chilometri e la montagna si abbassò da 4100 a 2850 metri.
Ci furono decine di migliaia di morti in Indonesia. Una cifra che sale molto se alle vittime dirette dell’eruzione ( lava, terremoto, tsunami ) si aggiungono quanti morirono di stenti o di malattie in conseguenza alla perdita dei raccolti . (https://www.globalgeografia.com/asia/indonesia_vulcano_tambora.htm)
Addirittura è stato stimato che per gli sconvolgimenti climatici alle carestie e alle epidemie di tifo e di colera, in tutto il mondo le vittime siano state circa 200 mila. In effetti il 1816 fu detto anche l’anno della miseria perché l’intenso freddo estivo distrusse gran parte dei raccolti, dagli ortaggi alla frutta al frumento.
Insomma se oggi è il riscaldamento globale che nuoce all’ecosistema e provoca grande preoccupazione, allora erano il freddo e il cattivo tempo che incutevano paura. L’assenza dell’estate fu davvero un evento orribile
Ma in mezzo a così grandi sventure, quel 1816 senza estate favorì un evento culturale interessante in stile gothic che sembra conformarsi (anche se fu una coincidenza perché si era “appena” a metà giugno) al clima cupo e ai funesti presagi di un’estate in cui le leggi di natura parevano essere ribaltate.
Nel giugno 1916 Lord Byron soggiornava sul lago di Ginevra e aveva spesso come ospiti i coniugi Percy Shelley, la futura moglie, Mary, la sorellastra di quest’ultima Claire Clairmont che era l’amante di Byron e John William Polidori scrittore, medico personale di Byron (e figlio di Gaetano Polidori noto intellettuale originario di Bientina in provincia di Pisa e che si era trasferito a Londra dopo essere stato il segretario di Vittorio Alfieri).
Ebbene, per passare quelle giornate piovose i cinque amici lessero storie di fantasmi e un’antologia di racconti gotici tedeschi; poi nella, tenebrosa notte del 16 giugno 1816 che i protagonisti ricordarono per un’atmosfera quasi ipnotica da incubo, su proposta di Byron, decisero di cimentarsi in un’insolita gara: ognuno di essi avrebbe dovuto scrivere un racconto dell’orrore.
Da quella singolare competizione uscirono il celebre Frankestein di Mary Shelley (in realtà, Frankenstein non era il nome della creatura ma dello scienziato che gli dette vita) e The Vampyre, di Polidori, primo racconto di vampiri in lingua inglese che tratteggiò la figura del vampiro nella letteratura occidentale: non più un essere sanguinario ebbro di sangue ma un nobile raffinato, demoniaco ma a suo modo affascinante che sarebbe divenuto un modello per il Dracula di Bram Stoker. Il tema del vampirismo era stato introdotto da Byron con la poesia Giaour. e il racconto imcompiuto “A Fragment“. ma fu, appunto, compiutamente delineato dal racconto di Polidori pubblicato nel 1819.
Le vicende del gruppo di amici riuniti con Byron in quel giugno dell’ anno senza estate sono state narrate nel fim Gothic di Ken Russel.
Foto: il vulcano Tambora