Pisa – In Grecia sono a processo due sopravvissuti di un barcone di migranti che si è rovesciato, con 24 persone a bordo, durante la traversata dell’Egeo. Entrambi i rifugiati sono di origine afghana, in fuga dalle barbarie dei talebani. Uno ha perso il figlio e per questo è accusato di aver messo in pericolo la vita del minorenne, rischia 10 anni di prigione. L’altro imputato alla sbarra, che si sarebbe messo al timone nel tentativo di salvare l’imbarcazione mentre era in balia del mare, potrebbe ricevere una condanna fino a 230 anni di carcere, avendo trasportato illegalmente persone in territorio greco.
A prescindere dall’esito finale del verdetto, il messaggio di deterrenza che si vuole dare esternamente è abbastanza chiaro: non venite in Europa. A ricordare ai migranti che non sono i benvenuti oltre alle aule di tribunale ci sono anche i “respingimenti”, che la guardia costiera greca opera costantemente lungo tutto il confine sud-orientale dell’Ue. Situazione non dissimile a quanto avviene, nel silenzio più assordante, tra Croazia e Bosnia-Herzegovina. In Lituania o Spagna.
Per non parlare del caso più discusso, e discutibile, che sta andando drammaticamente in scena in questi giorni alla frontiera tra Bielorussia e Polonia. Il braccio di ferro tra l’autorità di Varsavia e il dittatore Lukashenko, a spese di migliaia di persone intrappolate al freddo nel limbo della terra di mezzo, ha dell’angosciante. Il ricatto del regime di Minsk ha avuto eco ed effetto internazionale per la manifesta debolezza di Bruxelles nelle politiche di accoglienza.
In questo diffuso clima poco incline alla solidarietà, si inserisce il viaggio apostolico di papa Francesco a Cipro e in Grecia. Una visita come ha detto il pontefice al suo arrivo nell’isola di Afrodite “molto bello, ma che toccherà anche delle piaghe”. La prima lacerazione ancora aperta è la divisione tra greci e turchi. L’appello del Santo Padre è un invito al dialogo, alla riconciliazione, all’unità e al coraggio in grado di dare al Vecchio Continente quella spinta per “camminare in avanti”.
Cipro come ha recentemente scritto, in una lettera ai fedeli, il Patriarca latino di Gerusalemme Pierbattista Pizzaballa “da un lato contiene in sé la ricchezza, lo splendore ma anche le contraddizioni e i drammi dell’intero Medio Oriente. Dall’altro lato è una finestra verso il mondo occidentale, con il quale ha sempre mantenuto relazioni vive. È un ponte nel quale confluiscono e si mischiano le culture orientali e occidentali, e che porta in sé la bellezza e le ferite che la storia ci ha consegnato”.
Quelle ferite che Bergoglio ha voluto elencare: “muri, conflitti, interessi nazionalistici, traffico di esseri umani e la tragedia dei profughi”. Non a caso una delle tappe più attese è Lesbo, dove ritorna dopo 5 anni dal suo storico pellegrinaggio. E dove fino alla scorso anno esisteva il campo di Moria per rifugiati, il più grande d’Europa, un buco nero alla dignità delle persone. Il rogo di Moria che ha spazzato via la tendopoli nella notte tra l’8 e il 9 settembre 2020, non ha risolto il problema, l’ha solo spostato di qualche metro.
Alfredo De Girolamo Enrico Catassi