Monsignor Lorenzo Ghizzoni*
I cittadini di buon senso sanno già che senza le risorse si chiudono anche le opere della Chiesa. E se vengono meno le tante attività assistenziali, educative, sanitarie, culturali che le parrocchie, le diocesi e le istituzioni religiose, fanno a vantaggio dei comuni, delle province, delle regioni, chi provvederà? Quasi sempre queste opere nascono dalla solidarietà di tanti cittadini cattolici e non, sono una espressione virtuosa della sussidiarietà ispirata alla dottrina sociale della Chiesa, rispecchiano il livello di civiltà e di umanità della nostra società, oltre che di fede e di carità! Nella nostra diocesi di Reggio e Guastalla cosa succederebbe se chiudessero le 80 scuole dell’infanzia che raccolgono metà della popolazione infantile? E se chiudessero le 18 case di riposo che ospitano oltre un terzo della popolazione anziana della provincia?…
Per le attività commerciali e per gli ambienti dove esse si svolgono paghiamo già l’ICI e le altre imposte, dove le leggi lo prevedono, ma abbiamo bisogno di quegli aiuti e agevolazioni che sono previste, per arrivare al pareggio dei bilanci delle altre attività: del resto sono riconosciute come necessarie da tutti. Questo vale per realtà importanti come le Case della Carità, o per le scuole dell’infanzia e le case di riposo, ma anche per attività più ordinarie come sale parrocchiali, mense, dormitori, circoli, oratori, campi sportivi, ecc. Solo chi è preso dal desiderio di sopprimere totalmente la Chiesa, non riesce a rendersi conto del male che si farebbe alla società con la chiusura di tutte le iniziative ecclesiali. Poi, se la Legge è uguale per tutti, le attività non commerciali dovrebbero essere messe tutte sullo stesso piano: se si penalizzassero solo quelle degli enti ecclesiastici italiani (decisamente minoritarie rispetto a quelle degli altri enti) si andrebbe contro la nostra Costituzione.
Aggiungo che i soldi dell’8 per mille sono destinati da circa l’80 % dei cittadini che consegnano la Dichiarazione dei Redditi, alla Chiesa cattolica, con una firma libera e volontaria. Non è una scelta politica di un governo o dell’altro, e sono versati alla Chiesa italiana che li distribuisce nelle diocesi in proporzione degli abitanti. Ritornano dunque sul territorio in carità, in opere sociali, in sostentamento del clero (che svolge un ruolo spirituale ed educativo, culturale e civile che la gente apprezza), in attività parrocchiali e in tutela dei beni artistici e culturali. Tutto viene documentato anche con un resoconto annuale al Parlamento e sui grandi quotidiani (anche quelli che poi magari sostengono che non si sa dove vengono impiegate le risorse). Quali altri Enti in Italia lo fanno in modo così preciso e verificabile?
I dati
* L’ente Diocesi: ha pagato nel 2010 l’ICI nel Comune di Reggio e in altri 10 Comuni per 103.308,20 Euro e IRES per 25.229,60 Euro.
* L’Istituto Sostentamento clero: ha pagato nel 2010 l’ICI a 36 Comuni della Provincia per un totale di Euro 229.469,00. Al solo Comune di Reggio, l’IDSC ha dato euro 111.782,00; e ha pagato l’Ires per Euro 272.385,00. È noto che più l’Istituto sostentamento Clero produce in loco il reddito da ridistribuire equamente tra i sacerdoti, meno ha bisogno del supplemento che viene dall’8 per mille. Il nostro Istituto in questo senso è uno dei più “virtuosi” d’Italia.
Le Parrocchie: non è possibile quantificare, senza una ricerca accurata, quanto le singole parrocchie (50 nel Comune di Reggio, oltre 260 nella Provincia) hanno pagato di ICI o IRES, ma sappiamo che normalmente la situazione è di grande correttezza.
In conclusione: se lo Stato vorrà cambiare le leggi sul no-profit anche noi come tutti gli altri enti non commerciali pubblici o privati, associazioni, sindacati e partiti, pagheremo ciò che verrà stabilito, ricordando però che buona parte del mondo no-profit anche non cattolico, ricopre volontariamente un ruolo di sostegno e di solidarietà sociale verso le categorie più povere o deboli, che nessuno oggi in Italia può o vuole assumersi.
*Vescovo ausiliare di Reggio Emilia e Guastalla