Firenze – Paesaggi d’Appennino, è il titolo di una serie di tre incontri e tre mostre a Riolunato (Mo) e i due previsti a Piteglio (Pt) il 30 luglio e a Porretta Terme (Bo) il 10 settembre. A Riolunato sono state tenute relazioni sul paesaggio culturale.
Abbiamo incontrato Federica Badiali che ha parlato delle “ragioni e le potenzialità del tema del paesaggio culturale”, per parlare appunto dell’Appennino.
Cosa s’intende per paesaggio culturale?
Negli ultimi anni si sta dedicando molta attenzione al paesaggio, nei più diversi ambiti. Soprattutto nelle aree dell’Appennino, nelle quali si svolge prevalentemente la mia attività di ricerca, le strutture sociali, le attività umane e il paesaggio fisico si sono reciprocamente adattati, costituendo, nel tempo, una struttura complessa e interdipendente con caratteristiche specifiche e riconoscibili per ogni territorio. Un paesaggio culturale nasce quindi dalla interazione reciproca tra natura e cultura; in altri termini, possiamo dire di trovarci di fronte a un paesaggio culturale quando possiamo riconoscervi un valore identitario per la cultura di una comunità.
Questo concetto è stato sancito anche dalla convenzione europea del Paesaggio del 2000, dal Codice dei Beni culturali e del paesaggio nel 2004, dal Comitato per il Patrimonio dell’umanità UNESCO nel 2005, e anche, per certi aspetti, dalla più recente Convenzione di Faro sul Patrimonio culturale, ratificata anche dall’Italia nel 2020. Però, da geomorfologa, vorrei sottolineare bene che, il paesaggio culturale non è, come quasi sempre lo si considera, uno sfondo per l’agire umano, o un elemento passivo che l’uomo può modificare. Al contrario, le comunità locali sono sia agente modellante che elemento vulnerabile, allo stesso modo le influenze tra ambiente fisico e attività umane sono sempre reciproche.
Quali sono le sue potenzialità e in quali campi ?
Gli anni che stiamo vivendo stanno portando, per vari motivi, alla rivalutazione delle aree interne, sia come luoghi dove vivere sia come destinazioni turistiche. Sicuramente lo studio e la conoscenza del paesaggio culturale può fornire elementi utili per valorizzare anche le aree meno conosciute, nelle quali spesso i paesaggi del passato sono ancora ben osservabili. Inoltre non va dimenticato il valore dei rapporti affettivi ed emotivi con il paesaggio. Lo studio dei paesaggi antichi può anche contribuire alla comprensione delle dinamiche geomorfologiche, orientando le scelte di pianificazione territoriale: nel passato nessun contadino dell’Appennino avrebbe costruito abitazioni in luoghi suscettibili di frane o altri fenomeni di dissesto, oppure in aree troppo vicine a corsi d’acqua o torrenti, e tutto questo senza avere la base di competenze scientifiche, basandosi invece solo sull’esperienza tramandata dalle generazioni precedenti.
Quali gli aspetti suggestivi dell’Appennino tosco-emiliano
Gli esempi sono molti, sarà forse perché ci vivo, ma il primo che mi viene in mente è il paesaggio dei castagneti: molti di quelli che ancora oggi sono coltivati hanno origini molto antiche, ricostruibili fino a otto o nove secoli fa. Però osservando attentamente si possono osservare ancora oggi le vecchie piantate, nelle quali i filari di viti sostenuti da alberi si alternavano ai campi, oppure anche i muretti a secco a tutela delle coltivazioni sui versanti più ripidi, affascinanti opere di ingegneria naturalistica, per così dire “inconsapevole”, che si affiancano alla fitta rete di antiche strade, spesso lastricate in pietra, che attraversano i nostri boschi. Un aspetto più recente, legato a un periodo complesso della nostra storia è anche quello dei campi e terrazzamenti ricavati nel ventennio fascista per contribuire alla “battaglia del grano”, velocemente abbandonati nel dopoguerra.
E qual è il ruolo della cultura e del paesaggio per la rinascita delle aree interne ?
Purtroppo le aree interne del nostro Appennino sono state oggetto di un massiccio abbandono, soprattutto nel secondo dopoguerra. Solo studiando oggi questi paesaggi e divulgando i risultati delle ricerche si potrà costruire una cultura del paesaggio, inteso come luogo della memoria delle comunità umane e della Terra. Spesso le persone che stanno ritornando per turismo o per un nuovo progetto di vita sono discendenti degli abitanti del passato, ma hanno completamente perso la consapevolezza di quel patrimonio plurisecolare che il nostro paesaggio ancora conserva. Attraverso una efficace divulgazione si potrà non solo offrire a queste persone la memoria e la coscienza delle proprie origini, ma anche restituire gli abitanti del passato ai luoghi nei quali vivevano.
Altrettanto fondamentale è il valore economico che una nuova cultura del paesaggio potrebbe avere per il tessuto sociale della montagna: la consapevolezza del valore del proprio territorio potrà far nascere spontaneamente iniziative di valorizzazione anche economica, turistica e non solo, da parte dei residenti stessi, contrastando l’emigrazione.
Quale rapporto fra Paesaggi culturali e tutela dell’ambiente ?
Come appena ricordato, la valorizzazione e la conoscenza del Paesaggio culturale per sua stessa natura porta a iniziative di valorizzazione turistica sostenibile per un territorio già fragile come quello dell’Appennino, con un impatto positivo sull’ambiente. Inoltre grazie ai nuovi residenti, attenti a questi temi, si possono avere effetti positivi sulla tutela dei versanti, sulla cura dei boschi e dei campi, e sulla regimazione delle acque superficiali.
Federica Badiali Geomorfologa, storica dell’alimentazione e giornalista, ha conseguito il Dottorato di Ricerca in Earth System Sciences: Environment, Resources and Cultural Heritage nel 2012 presso l’Università di Modena e Reggio Emilia. Collabora con istituzioni universitarie, scientifiche e museali. È docente di Evoluzione culturale sociale della Gastronomia presso l’Istituto alberghiero IAL di Serramazzoni (MO).
Il suo ambito di ricerca principale è lo studio interdisciplinare del Paesaggio culturale, inteso come espressione, nel tempo e nello spazio, delle reciproche relazioni tra uomo e territorio: in questo fertile ambito la storia dell’alimentazione svolge un ruolo di primo piano. È autrice di oltre 50 pubblicazioni, tra monografie e articoli su riviste nazionali e internazionali.
Foto: Federica Badiali