Il filo che unisce il 1797 con i giorni nostri, che tiene insieme senso delle istituzioni, comunità, idea di cittadinanza, presuppone la consapevolezza dell’emergenza educativa del nostro tempo, che tocca tutte le fasce sociali ed anagrafiche. Lo dico con l’orgoglio e la responsabilità di chi è nato e cresciuto in una città che è anche la città di Reggiochildren, la città dell’educazione da 0 a 99 anni; noi più di altri, proprio per il modo in cui siamo noti nel mondo intorno al significato dell’educazione, abbiamo il dovere di porre il tema del rapporto tra Educazione e Democrazia, di riscoprire l’esigenza di una educazione civile alla consapevolezza razionale del nostro tempo, per trarre fuori da ogni persona il meglio che ha in sé o, come afferma Edgard Morin, colmare quella mancanza del nostro tempo che ci vede talvolta “impreparati ad affrontare i problemi fondamentali e globali dell’individuo, dell’essere umano, del cittadino”. Cari ragazzi, vorrei chiudere questo mio intervento con un pensiero direttamente rivolto a voi. I ragazzi del 1797 erano giovani e volevano realizzare qualcosa di grande. Come loro lo sono stati i giovani che tra il 1943 e il 1945 hanno contribuito a liberare l’Italia dal nazi-fascismo, e giovani erano i ragazzi che per tanto tempo hanno combattuto in Sud Africa contro l’Apartheid. La conquista civile, la conquista di libertà, il conseguimento di un mondo migliore non arrivano mai da soli. Arrivano se si è capaci di combattere, di immaginare e sognare un mondo migliore, di farlo anche accompagnati da una certa dose di incoscienza. Siate consapevoli del “pessimismo della ragione” ma lasciatevi spingere “dall’ottimismo della volontà”: l’Italia che vogliamo, il paese che vogliamo rilanciare è innanzitutto nelle vostre mani, nel vostro impegno, nella vostra intelligenza, nella vostra passione. Viva Reggio Emilia Viva il Tricolore Viva l’Italia.