Firenze – E’ riuscito, non soltanto sui quotidiani, in radio, in tv e soprattutto sui social a soppiantare il gossip del momento: la separazione di Belen. Ha sbancato i botteghini, messo in fila milioni di italiani ( e già soltanto farla rispettare almeno al cinema è un successo!), spiegato che con una battuta si possono dire tantissime cose, e con un sorriso recuperare energia.
Ma i malpancisti ed i benaltristi hanno iniziato il bombardamento su Checco Zalone già qualche ora prima dell’uscita: narrazione debole nonostante la produzione molto costosa, i problemi dell’Italia non si risolvono così, Fellini si rivolta nella tomba, certo non è Benigni, rappresenta l’Italia della Prima Repubblica che non si rassegna, la nostra nazione è anche peggio di quella che racconta e per chiudere in bellezza, fuori dall’Italia questo film vale zero!!!
E se timidamente qualcuno provava a ricordare che è soltanto un comico, che deve indovinare le battute e far ridere, tutti addosso sui social perché c’è Medusa dietro e quindi Berlusconi, e comunque non dimentichiamoci che è pugliese e quindi terrone e racconta i mali del sud.
Persino le professoresse di latino si sono adirate per il titolo Quo vado…”se lo poteva risparmiare” hanno detto risolute…già al liceo ci sono pochi iscritti”. E questo è vero ma non diamo la colpa al povero Zalone e al suo titolo.
Del resto, Luca Medici, in arte Checco Zalone, ha timidamente spiegato che non voleva fare sociologia ma far ridere. E senza voler minimamente far ancora irritare le professoresse di latino, come Orazio ci ha insegnato Est modus in rebus: sunt certi denique fines, quos ultra citraque nequit consistere rectum;(vi è una misura in tutte le cose: ci sono determinati confini, di là e di qua dei quali non può esservi il giusto).
Ed allora proviamo a ragionare su fatti concreti. La strategia di comunicazione per il lancio del film è azzeccata. Tutti i trailer non facevano vedere scene di Quo Vado. Zalone non ha toccato nemmeno i temi del film, non ha usato immagini, riferimenti, battute. Avrebbe potuto farlo ed andare sul sicuro, come è accaduto per i cine-panettoni ma ha giocato sulla signora depressa in farmacia, sui cardinali curiosoni, o sullo psicologo che lo ha guarito dall’assenza di parolacce nella sua vita.
Il film tocca temi forti: la chiusura delle Province, oggi Città Metropolitane, sul cui risparmio reale da parte dello Stato si sono interrogati fior di economisti, l’ambiente, la solidarietà, la fame ed il bisogno di medicine nel mondo.
Messaggi di comunicazione sociale che sono forti e chiari. Tra un risata e l’altra. E malpancisti (quelli che hanno maldipancia per tutto quello che ha successo) e benaltristi (quelli che vivono per dire che ci vuole ben altro) continuano la loro attività per smontare il successo di Checco, capace anche di rivendicare il suo essere diversamente terrone. Nel senso che ad un certo punto si ravvede, si accorge che esiste la civiltà ma non riesce a non tornare indietro per poi fare definitivamente il salto di qualità.
Nella battuta di Checco Zalone, riportata dalla stampa: non volevo fare sociologia, c’è la sua umiltà e la sua cultura. La sociologia del periodo classico ci regala due prospettive teoriche quella di Durkheim e quella di Weber. Il primo guardava ai fatti sociali come cose; il secondo si soffermava sui significati soggettivi attribuiti dagli individui alle loro azioni.
Il comico cerca di fare il suo mestiere, non rivendica una conoscenza tale da elaborare una costruzione della realtà. Magari il comico, nella fattispecie Zalone, prova con la fantasia a superare la realtà. E questo genera il dissenso forte, come è naturale, dei malpancisti e dei benaltristiti, e come ha scritto Fiorello su un post, ” anche dei Rosiconi”.
Ma è solo un film quel del comico Checco Zalone, un film che ha fatto ridere milioni di italiani. Una pellicola che non punta al Nobel, che è stata distribuita da Medusa in buona parte delle sale italiane, la cui comunicazione ha funzionato prima durante e dopo l’uscita. Con il plauso del Ministro Franceschini che parla di riscatto del cinema italiano, e con i cassieri della produzione che godono. Sempre per disturbare i latini, con il permesso delle professoresse, forsan et haec olim meminisse iuvabit, forse un giorno ci piacerà ricordare anche queste cose. Per farci una risata. La frase non è di Checco, ma di Enea per rincuorare i compagni dopo la tempesta che li gettò sulle coste libiche. Per evitare altre polemiche!!!