L’uomo medievale non ha mai smesso di curarsi del proprio corpo e neanche di reprimere gli impulsi sessuali ma… nell’età di mezzo chi ci parla della sessualità? Naturalmente sono i chierici e gli uomini di chiesa, che cercavano con le loro prediche di tenere lontano gli uomini dalla donna perché considerata fonte di peccato e di perdizione: chi ama perdutamente la propria moglie è considerato adultero, chi fa sesso al di fuori dalla procreazione viene considerato dalla chiesa un peccatore mortale, non conforme alla legge divina. Gli uomini di quest’epoca, poi, condannano la masturbazione, l’adulterio, l’omosessualità ecc.
Era vietato accoppiarsi quando la donna aveva il ciclo mestruale: vietato anche fare sesso il mercoledì e la domenica o durante le feste comandate – ad esempio la Quaresima e di Avvento. Tra le posizioni sessuali condannate dalla chiesa era quella della donna sopra l’uomo, una posizione adatta alle prostitute e non alle donne per bene, o la posizione da di dietro. C’è da dire che sia preti che Papi nel medioevo avevano una vita sessuale più tosto attiva al fianco di concubine e serve.
Un Papa dell’alto medioevo, Silvestro II, aveva al suo fianco una concubina di nome Marozia che riusci ad ingannare il pontefice dandogli nove figli e farlo godere fino alla morte; San Bernardino da Siena, il più famoso oratore del tardo medioevo, affermò che su 1000/999 matrimoni erano ordinati dal demonio. Era una società molto chiusa al sesso soprattutto in ambito ecclesiastico, e lo stesso Sant’Agostino affermò di essere nato nel peccato e aver fatto una vita dissoluta; e ancora San Pier Damiani condannava il sesso contro natura, soprattutto lo sfregamento dei genitali ecc.
Burcardo di Worms scrisse nel XI secolo il manuale penitenziale, dove afferma che se una donna asseconda le proprie voglie con oggetti a forma di membro virile, merita 5 anni di penitenza; nei conventi molte monache placavano le proprie voglie tramite l’orgasmo, la stessa Trotula, donna medico del XI secolo a Salerno, consiglia di procurarsi piacere da soli per placare la lussuria e per prevenire il benessere del corpo.
Nel contesto della sessualità medievale entriamo nel merito alla prostituzione, bene accettata dalla chiesa che considerava l’amore a pagamento il male minore per evitare stupri di giovani vergini e scandali nelle Città Comunali. San Girolamo affermò che ogni donna è da considerare prostituta perché non si accontenta di un solo compagno, ma vuole più membri. La diffusione sempre più maggiore, in ambiente urbano, della prostituzione, spinse a valutare che fare sesso a pagamento è immorale e va in combutta con il diavolo.
In questo periodo nacquero le case di tolleranza, bordelli, dove poter andare a consumare liberamente; queste meretrici in fondo pagavano le tasse e venivano applicati i controlli dalle autorità cittadine per assicurare il benessere dei cittadini.
Il Medioevo ha dimostrato ancora una volta di essere un’epoca aperta al gentil sesso e alle novità.
La prostituzione nell’Europa Medievale
La prostituzione in epoca medievale era una via di fuga per sfuggire alla miseria, ed era una soluzione di reddito molto promettente e facile. Tuttavia, queste donne che hanno venduto il proprio corpo sono loro stesse prede e vittime. Una prima causa, come detto precedentemente, è la miseria – spesso in molte città si moltiplicano i quartieri i cosi detti lupanari o bordelli.
Poi arriva la lussuria, che riflette un atteggiamento di reazione contro il sesso e quindi porta all’educazione a una vita semplice e senza peccato, inoltre è da considerarsi che lo stupro è sempre stato un fenomeno molto alto nel Medioevo e, secondo gli ultimi studi, sono state vittime di stupro più del 60% delle donne nell’Europa medievale, con la conclusione che molte ragazze si chiudevano in convento per sfuggire alla violenza degli uomini.
Esistevano le meretrici dei villaggi: molti cronisti del tardo medioevo ci riferiscono di donne che vendevano il proprio corpo nelle numerose taverne di strada. Se diamo peso alla credenza popolare, le uniche lavoratrici erano quelle di strada, invece non era cosi, perché esistevano quelle appartate lontane da occhi indiscreti; conseguenza della prostituzione era anche la morte di un famigliare in casa e quindi la mancanza di portare la baracca avanti, e molte ragazze non avevano molta scelta che darsi al mestiere.
I giovani, ma anche meno giovani, amavano frequentare bordelli ma questo era un fatto di massa. Leggendo le note di alcuni notai, questi rilevavano che esisteva una clientela piuttosto attiva. Negli uomini malattie come la gonorrea era molto diffusa, ma anche la sifilide, nata con molta probabilità nel Medioevo.
Dal 1460 si ha un’aumento di migrazione di massa dalle campagne alle città. Tuttavia le città non potevano fornire lavoro per tutte le donne; fu allora che ci fu un forte aumento delle prostituzione, in particolare a Parigi, a Firenze, a Lucca, ad Avignone, a Digione, e in diverse città dell’Europa.
Nel XIII secolo a Marsiglia esisteva una nota prostituta, di nome Giulietta la Borgognona. Ella aveva attraversato una lunga strada per arrivare a Marsiglia, città portuale che nel Medioevo avrebbe potuto offrire molto ad una donna come lei, almeno secondo l’apparenza. Giulietta Andava avanti con la speranza di trovare lavoro ma non fu così, perché a stento riusciva a comprarsi dei vestiti nuovi. In quel secolo molte donne solitamente indossavano dei vistosi abiti, una camicia e un mantello con un nastro giallo ai lati del vestito, utilizzato dalla prostitute per farsi riconoscere. Giulietta era una donna molto attraente e bella, e di questa si servì per seguire la moda femminile dell’epoca.
Queste donne erano malviste dalla Chiesa Cattolica, ed erano paragonate ai lebbrosi; ma nonostante ciò l’Europa di quel tempo tollerò questo fenomeno considerandolo soltanto come un male minore.
Bibliografia: Luca Pesante, “Il sesso nell’Età di Mezzo”, Medioevo n.8 Agosto 2014
Amedeo De Vincentis: “Piacere e pregiudizio”, Medioevo n.5 Maggio 2001