Ruota alle Cascine, Bencivenni: “Stop al verde urbano come problema, torni risorsa”

Italia Nostra scrive all’amministrazione e alla Soprintendenza, nessuna risposta
Mario Bencivenni, storico dei giardini e docente all’Università “La Sapienza”

Firenze – Torna Natale e torna la vexata quaestio della ruota panoramica, e annessi,  a Firenze. Amata da qualcuno, esecrata da altri, in realtà, come spiega il professor Mario Bencivenni, storico dei giardini e docente alla Scuola di Specializzazione in Restauro dei Monumenti e del Paesaggio (Fac. Di Architettura “Sapienza” Università di Roma) è solo la punta dell’iceberg di una gestione del verde cittadino “paradossale e dannosa”. L’associazione ambientalista Italia Nostra, ha inviato anche, in tempi recenti, una lettera all’amministrazione comunale, e alla Soprintendenza ai beni culturali e ambientali del MIC, con l’esposizione di tutti i punti di contrasto alla decisione di rinnovare il montaggio della ruota  e di strutture da luna park in una zona delicata come il Parco delle Cascine, ma, dicono da Italia Nostra, “non abbiamo ricevuto risposte”. O meglio, le risposte sono giunte dalla stampa, con l’annuncio dell’installazione della ruotona (55 metri di altezza) panoramica, con annesso villaggio di intrattenimenti ludici e ristori vari, fino a giugno. Abbiamo posto alcune domande in merito allo storico fiorentino. 

 In primo luogo, perché si continua da parte vostra (il professor Bencivenni è anche vice presidente dell’associazione ambientalista Italia Nostra di Firenze) a ribadire che la presenza della ruota panoramica a Firenze arreca danni ambientali, dal momento che viene sempre rappresentata dall’amministrazione come una panacea per cittadini, turisti e non ultimo, anche per le questioni della sicurezza?

“Lascio perdere le questioni di sicurezza che sono cosa molto seria e che andrebbero risolte con ripensamenti generali dell’abitare la città , e non con proclami e misure che sono di fatto solo proclami senza contenuti e mere sceneggiate mediatiche, che nascondono la più assoluta mancanza di un progetto vero per un modo consapevole di abitare la città. E mi limito a questo proposito a ricordare che l’attraversamento dell’Arno della linea 1 attraverso la parte est del Parco, cioè del suo ingresso monumentale dalla città storica, invece di potenziare la pedonalizzazione del Parco e la sua sicurezza, ha aggravato i fenomeni: ha reso i grandi viali centrali del parco(Viali degli Olmi e dell’Aeronautica) un’ area di sosta veicolare e un’ arteria di scorrimento del traffico veicolare alternativo al congestionato asse Via Baracca- Via del Ponte alle Mosse; ha portato il giardino della Catena adiacente alla fermata della tramvia a diventare uno dei centri di spaccio al dettaglio.  Ma tornando alla ragione prima, che è quella della tutela del patrimonio culturale, voglio ricordare che non è un’invenzione di Italia Nostra,  ma è un dettato dell’art. 9 della Costituzione della Repubblica Italiana e che è normato dalla legge dello Stato col Codice dei Beni Culturali e del Paesaggio (Dlgs. 42/2004). In una lettera ufficiale spedita quasi due mesi fa al Sindaco Dario Nardella e alla Soprintendente Antonella Ranaldi, avevamo chiesto di non procedere a questo utilizzo perché palesemente  in contrasto con le ragioni della tutela di un bene riconosciuto come bene culturale di grande importanza  e quindi monumento di valore nazionale, per il quale le uniche azioni possibili e ammesse sono la conservazione e il restauro, e quindi è esclusa la riqualificazione”.

 Qual è secondo voi il peccato originale dell’approccio al verde delle varie amministrazioni cittadine?

“Il più grave è quello, ormai sempre più diffuso, di considerare il cosiddetto ”verde urbano” un problema, invece di una risorsa. La conseguenza, ancora più aberrante, è parlare solo di rischi e pericoli possibili , alimentando una vera e diffusa “sindrome verde” che porta per esempio a considerare nemico e killer la più italiana, bella e sicura pianta ornamentale urbana, il Pinus pinea, che per queste caratteristiche ha la denominazione comune di Pino domestico e ancora nel lessico botanico internazionale è ricordato fra le varietà dei pini col termine di “Pinus italica”. Tutto questo a mio avviso è gravissimo  perché attribuito ad esseri vegetali che ci danno la vita, che hanno preparato alcuni milioni di anni fa l’ambiente favorevole alle più recenti forme di vita animale e umana, e che saranno capaci sempre di sopravvivere anche alla nostra eventuale estinzione”.

Volendo conservare e non riqualificare, non rischiate di voler mettere la città sotto vetro, dando così ragione ai vostri avversari che vi accusano di essere dei negatori dello sviluppo della città, al passo con i tempi?

“Ha fatto bene ad usare questa espressione “mettere la città sotto vetro” che è anche figura della “museificazione”e di “imbalsamare “, espressioni sempre più frequenti sia sulla bocca dei politici che di chi ha responsabilità nella pubblica amministrazione, e anche di Ordini , associazioni professionali e di categorie economiche. Ricordiamo a tutti che stiamo parlando dell’Italia ( ma per me vale anche per tutti i siti mondiali come conferma l’esistenza di un organismo internazionale come l’UNESCO) e quindi soprattutto pensando al vastissimo e diffuso patrimonio di beni culturali ereditato dal passato, trovo questa terminologia e il concetto che sottende semplicemente osceni. La tutela del patrimonio ereditato dal passato è azione di conservazione di questa enorme ricchezza inestimabile, materiale e immateriale, che costituisce un bagaglio di civiltà inestimabile e importantissimo per il presente e il futuro. La tutela ha come abitus principale “la cura” che è altrettanto fondamentale per una vita felice degli umani e delle altre forme di vita presenti sul nostro pianeta. Solo l’arroganza degli ormai anacronisti laudatori delle “magnifiche sorti e progressive” del progresso fondato sulle forme di produzione capitalistica e industriale possono continuare ad imbonirci sul paradigma tecnologico industriale che nella sua manifestazione capitalistico/finanziaria1 è un modello basato sulla rapina e il consumo delle risorse della biosfera, e su una distribuzione diseguale della ricchezza prodotta. Tutelare il proprio patrimonio culturale non è opera di imbalsamazione, di congelazione, è soprattutto un grande investimento sul presente e sul futuro. Mai come  oggi è infatti valido l’aforisma “nessun futuro senza passato”. Riprendendo quanto enunciato con chiarezza nell’atto internazionale che dà le linee guida per la conservazione, restauro e valorizzazione dei giardini e dei parchi storici (“Carta di Firenze”, ICOMOS-IFLA, 1981)  noi sosteniamo che  assieme alla conservazione e al restauro del verde storico, possiamo, anzi, dobbiamo progettare nuovi spazi verdi aperti in forme contemporanee ma che potranno essere belli e funzionali per la felicità degli abitanti se realizzati in spazi riconquistati dal cemento nelle aree per  esempio di dismissione industriale o infrastrutturale”.

Sembra di intuire che la prospettiva che lei delinea sia in linea con il concetto del verde come bene comune….

“Intanto, in questa  prospettiva la conservazione e il restauro del verde storico costituirà anche una sterminata miniera di sapere orticolo/giardiniero indispensabile anche per la progettazione e realizzazione di nuovi spazi verdi.. Ma invece di tutto questo e di ritornare a pensare e progettare il verde urbano come bene comune, oggi di importanza decisiva per affrontare le complesse sfide ecologiche che si sono presentate col terzo millennio, la Giunta e la Soprintendenza di Firenze sembrano preoccupati essenzialmente di trovare un nuovo giardinino o parco monumentale dove collocare di anno in anno una ruota panoramica di oltre 50 metri e il relativo “villaggio dei balocchi”. Tutto questo è gravissimo ma ancora più grave che a una lettera ufficiale in cui esponevamo tutte queste ragioni e indicavamo questo progetto come manomissivo di un bene culturale tutelato dalla legislazione vigente, nessuno dei due destinatari abbia sentito il bisogno di risponderci per smentirci. Ma questa è altra questione rispetto al verde urbano e ci porta ad un’altra ancora più grave, ovvero sinteticamente, se siamo gli eredi del pensiero giuridico di Cesare Beccaria oppure dell’Azzeccagarbugli di manzoniana memoria”.

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