Firenze – Ogni libro di Claudio Guidi è un saggio di agile e piacevole lettura .Ma al tempo stesso porta un rilevante contributo alla storia del XVIII secolo. Utilizza fonti primarie, soprattutto testimonianze di contemporanei che hanno richiesto un imponente lavoro di ricerca.
Il suo nuovo libro, Luigi XV. Un regno nel segno della libidine Il Nuovo Melangolo, 2022, riguarda un personaggio chiave nella storia del XVIII secolo. Ne abbiamo parlato in questa intervista.
Uno strano carattere quello di Luigi XV, un re che si annoiava. Eppure la Francia era una grande potenza, in certi periodi addirittura la potenza egemone in Europa.
“Certamente. Con la sua grande estensione territoriale e con una popolazione di oltre venti milioni di abitanti, la Francia può essere assimilata da questo punto di vista alla Cina attuale. Dispone inoltre dell’esercito più potente e temuto del continente con oltre duecentomila soldati, che incute non solo rispetto, ma soprattutto paura a chiunque si trovi in prossimità dei suoi confini. L’Europa ed il resto del mondo sono dominati nel ‘700 dall’Inghilterra e dalla Francia sugli oceani, mentre nel Vecchio Continente la supremazia francese è incontestata, anche se deve ogni tanto vedersela con Spagna e Austria. Un re volitivo e accentratore come Luigi XIV è riuscito ad allargare considerevolmente i confini del suo paese, ma quando muore lascia un erede al trono di cinque anni, che viene messo sotto tutela prima dal cardinale Fleury, poi dalle sue due principali favorite, Mme de Châteauroux e soprattutto per venti anni da Mme de Pompadour. In fin dei conti un re inadatto al suo ruolo, che ha come unici interessi le donne e la caccia, anche se intellettualmente non è affatto uno sprovveduto, con spiccati interessi per la scienza ed in particolare per l’astronomia. A renderlo inadeguato al compito di governare sono la sua neghittosità ed il suo carattere timido, malinconico, indolente ed irresoluto”.
Le favorite hanno un posto di rilievo nella biografia di Luigi XV. Quale fu la loro importanza a Corte e quale il loro ruolo politico?
“La terza ed ultima favorita, la bellissima Mme du Barry, non ha svolto alcun ruolo politico, limitandosi da ex prostituta a regalare a Luigi XV con la sua raffinata arte amatoria delle estasi ancora mai provate prima. Quando questo sovrano confida ad un ministro le scoperte che sta facendo in campo sessuale, gli arriva questa risposta disarmante: “Si capisce bene che non siete mai stato in un bordello”. La prima favorita, Mme de Châteauroux, ha una visione politica che oggi si potrebbe definire progressista e se fosse vissuta più a lungo avrebbe forse salvato con le riforme immaginate l’Ancien Régime, ma gli intrighi di corte ed il veleno l’hanno tolta di mezzo a 27 anni, dopo aver condiviso per soli due anni il letto del monarca francese. Mme de Pompadour è stata di fatto il vero re di Francia ed il suo più grande merito è quello di aver salvato l’Encyclopédie di Diderot e d’Alembert. In questo senso ha reso un servizio incommensurabile al genere umano. Per disgrazia della Francia era troppo sensibile alle lusinghe e troppo vittima della permalosità”.
Come giudichi nel tuo libro il ruolo della regina?
“Il ruolo preminente di ogni regina di Francia è quello di fattrice, quindi il suo compito è di assicurare parecchi eredi maschi al trono, nel caso non infrequente che il primogenito per una causa qualunque venga meno. Il destino di Maria Leczinska è particolarmente infelice, perché ad eccezione di due maschi, quarto e quinto nell’ordine, con il secondo che muore a tre anni ed il Delfino che si spegne prima di salire al trono, mette al mondo solo figlie femmine per un totale di otto, motivo tra gli altri che spinge Luigi XV a disertare per sempre il letto coniugale. Donna colta e oltremodo pia, al limite della bigotteria, la regina di Francia è oltre tutto anche mal consigliata, poiché considera i piaceri sessuali come una fastidiosa corvée destinata solo ad assicurare la progenie, una scelta che le aliena del tutto l’affetto del suo molto sensuale marito, del quale è di sette anni più anziana. Con ammirevole rassegnazione accetterà le favorite del marito e riuscirà ad instaurare rapporti di buon vicinato con Mme de Pompadour, apprezzata per la sua intelligenza ed il grande rispetto che ne riceve. Ben diverso l’atteggiamento delle figlie e del Delfino, che in privato continueranno sempre a chiamare la favorita maman putain”.
I sentimenti del popolo nei confronti di Luigi XV cambiarono nel tempo. Perché?
“All’inizio il re viene osannato dal suo popolo, che auspica grazie a lui un regno in grado di porre rimedio al lascito desolante del Re Sole suo bisnonno, per questo gli attribuisce l’affettuoso nomignolo di Bien-Aimé. Non gli ci vorrà poi molto a rendersi conto di essersi sbagliato di grosso, così il Bien-Aimé diventa a tal punto Mal-Aimé che alla sua morte il suo cadavere deve venire trasportato di nascosto nella basilica di Saint-Denis. Una precauzione che non riesce a risparmiare al feretro lungo il percorso gli insulti della folla, che lo irride da morto al grido di taïaut, taïaut, termine usato per segnalare l’avvistamento di un cervo da abbattere, a causa della sua passione smodata per la caccia”.
La dissolutezza della corte trovava un riscontro anche nella corte e nella città?
“Le dissolutezze alla corte di Versailles sono di lunga data, ma raggiungono un culmine inimmaginabile proprio durante il regno di Luigi XV, che da questo punto di vista si offre a tutti come un esempio da imitare. Un attento memorialista dell’epoca arriva a definire la Corte un lenocinium et lupanar, dove l’attività prediletta delle nobildonne è quella di saltare da un letto all’altro, senza disdegnare di concedersi con ancora maggiore voluttuosità ai propri lacchè, che offrono tra le lenzuola prestazioni assai più vigorose e frequenti dei loro mariti, impegnati in attività analoghe con altre gentildonne, poiché il matrimonio è per l’aristocrazia solo un fatto puramente formale. Le cose vanno ancora peggio a Parigi, dove esiste un autentico mercato della verginità, con le madri che offrono al miglior offerente quella delle figlie. A testimonianza della vastità del fenomeno c’è la presenza di non pochi ciarlatani, che girano vendendo boccette ripiene di eau de pucelle in grado di restituire la verginità perduta, facendo credere che la si possa poi rimettere subito in vendita. Alla metà del secolo si contano a Parigi 28.500 prostitute, una ogni diciotto abitanti”.
Qual è l’importanza delle fonti primarie sulle quasi si basa il tuo libro?
“Questa è una domanda molto originale e l’occasione è buona per parlare brevemente di un problema capitale per chiunque si mette ad esaminare una figura o un periodo storico. Napoleone Bonaparte sosteneva, non a torto, che “la storia è la somma delle menzogne sulle quali ci si è accordati”, mentre Talleyrand era convinto con non minore giustezza che “a nulla serve dire la verità quando tutti credono alle menzogne profuse”. Il problema è perché tanti storici abbiano spesso mentito e continuino non di rado a farlo ancora oggi. Forse perché, come si sostiene generalmente, la storia la scrivono i vincitori e non ci si guadagna nulla a mettersi contro, anzi si rischia di perderci parecchio. C’è poi da mettere in conto una naturale tendenza umana, spesso inconscia, che porta a giudicare con maggiore indulgenza personaggi storici “simpatici” a chi li descrive e con maggiore severità quelli “antipatici”, con il risultato che certe “verità” inventate si trasformano nel tempo in verità incontrovertibili. Uno degli esempi più clamorosi è il Nerone dipinto come un orribile mostro e, come se non bastasse, responsabile anche dell’incendio che distrugge Roma, che poi chissà perché fa ricostruire. Un’assurdità ormai accertata, anche se con due millenni di distanza. Per non parlare dell’altra fanfaluca che vuole Lucrezia Borgia avvelenatrice, una favola messa in giro da Victor Hugo con la sua omonima tragedia nel 1833 e da allora diventata per tutti un’ovvietà. Spesso si parla di “verità” al plurale, dimenticando sempre che la verità è non solo unica e sola, ma soprattutto “concreta”, come diceva Brecht. Il punto è andare a cercarla e poi, se trovata, quello di avere il coraggio di divulgarla, cosa che per svariate ragioni non è da tutti. Come per gli altri miei volumi precedenti, anche per questo ogni citazione virgolettata rimanda ad un riferimento bibliografico, per un totale di 797 note. Si tratta di testimonianze di contemporanei e di storici vissuti in quel secolo ed in quello successivo, che hanno richiesto un lavoro di ricerca più da minatore che da archeologo, nella speranza che il difficile intento dell’obiettività e della completezza delle informazioni sia stato raggiunto”.
Come proseguirà il tuo excursus nel ‘700 francese?
“Sto terminando una monumentale biografia di Federico il Grande, che uscirà presto in quattro volumi per un totale di quasi duemila pagine, nelle quali viene esaminata una delle figure più eminenti della storia di tutti i tempi. Si tratta di un uomo nato con una forte vocazione artistica, che lo porta a comporre in francese un’opera poetica più voluminosa di quella di Molière e che, una volta salito sul trono a 28 anni, decide di indossare l’uniforme da generale, diventando uno dei condottieri più illustri, fatto che porta Napoleone ad affermare ai suoi generali davanti alla sua tomba che “se lui fosse ancora in vita, noi oggi non saremmo qui”. Un re certamente assolutista, ma riformatore e con un senso della giustizia sociale come nessun altro prima e anche parecchio tempo dopo di lui, anche se si porta ancora attaccata addosso dopo oltre due secoli e mezzo l’etichetta di “aggressore” nella Guerra del Sette Anni, una fandonia che ho smontato in un intero volume dedicato a quel primo conflitto mondiale”.
Claudio Guidi ha iniziato la sua carriera professionale all’ufficio stampa del Teatro Stabile dell’Aquila, poi è stato Dramaturg in grandi teatri a Berlino, per svolgere in seguito durante molti anni un’intensa attività di critico teatrale a Parigi, dove ha anche compiuto lunghi studi e ricerche sul Settecento francese. Rientrato in Germania, ha lavorato a lungo come corrispondente di agenzie di stampa e quotidiani italiani, prima di dedicarsi interamente all’attuale attività di scrittore e storico del XVIII secolo.