L’Europa sarà in grado di cogliere appieno l’opportunità di garantirsi un’indipendenza energetica mantenendo il suo obiettivo di diventare climaticamente neutrale entro il 2050? Alla luce dello scossone che il mondo sta subendo con la guerra in Ucraina, alla quale i paesi dell’Ue sono tentati di rispondere non in perfetta sintonia, la sfida appare assai ardua. Ma non impossibile. Le tensioni provocate dal conflitto sul fronte dell’energia e la battuta d’arresto su quello della lotta per ridurre il ricorso alle energie fossili possono in realtà diventare una formidabile opportunità per arrivare a questo doppio traguardo.
I dirigenti europei si presentano intanto a Sharm el Sheik, in Egitto per la conferenza delle Nazioni Unite per il clima COP27 in piena crisi energetica, crisi che ha fatto della sicurezza dell’approvigionamento la loro priorità assoluta e spinto alcuni paesi dell’UE a far fronte alla indisponibilità del gas russo ricorrendo al carbone, il combustible fossile che vanta il primato dell’inquinamento. Una strategia che poco si concilia con l’ambizione dell’Ue di leader mondiale della transizione ecologica.
Se la bolletta energetica è al momento un incubo per governi e cittadini e rischia di restarlo ancora per un po’, alcuni segnali possono però far sperare che a medio termine si possa veleggiare più tranquilli, nonostante i prezzi di petrolio e gas alle stelle, in salita non solo a causa anche della forte ripresa della domanda di alcune economie.
E’ vero che in Europa c’è chi ha pensato di rispondere in modo sparso al pericolo di inverni senza riscaldamento, chi ricorrendo al carbone, chi puntando sul nucleare, chi cercando forniture di idrocarburi a destra e manca per non dipendere più massicciamente dalla Russia (ad esempio la dipendenza dell’Italia dal gas russo era del 40% e della Germania del 55% circa) senza alcun coordinamento con gli altri paesi membri.
Tante strategie che Bruxelles non è riuscita a coordinare, ma che cercavano di rispondere nell’urgenza a una crisi energetica cui si era impreparati. Anche la proposta di introdurre un tetto massimo al prezzo del gas, tanto caldeggiata dall’Italia, ha impiegato oltre sette mesi ad arrivare in porto a causa della resistenza di Germania e Olanda ed è stata approvata dall’Ue solo come una soluzione temporanea di ultima istanza.
Al di là, però, di queste risposte che al momento l’Ue non è riuscita ad armonizzare, è emerso un consenso sulla necessità di riformare al più presto il mercato dell’energia, accelerando per cominciare sulle energie rinnovabili per non dipendere più come ora dalle fonti fossili. Obiettivo dell’Ue sulle energie rinnovabili è di portarne la loro quota nel mix energetico nell’industria, negli edifici e nei trasporti fino al 45% entro il 2030.
Certo le energie prodotte da sole e vento non possono ancora sostituire al 100% gli idrocarburi anche perché la tecnologia attuale non consente di immagazzinarle e garantire così un livello continuativo. Problema che probabilmente verrà risolto dalle nuove tecnologie su cui si sta lavorando e che ad esempio hanno già permesso un nucleare dell’ultima generazione sempre più pulito, riducendone anche l’annoso problema delle scorie.
Altro problema dell’Europa sono le interconnessioni. Ad esempio la Spagna che è andata molto avanti con le rinnovabili, non può esportare la sua produzione, neanche verso la confinante Francia perché, senza connessione, l’energia si ferma al confine.
Al momento, spiegano fonti diplomatiche che stanno seguendo da vicino la crisi energetica, bisogna investire massicciamente prima di tutto per assicurare un mix energetico sempre meno inquinante. Se l’obiettivo condiviso è quello di arrivare al più presto all’idrogeno, che è il gas più pulito, è il GNL (Gas Naturale Liquefatto, una miscela di idrocarburi costituita prevalentemente da metano) la risposta più percorribile a breve medio termine. Perciò, ritengono le fonti, sono necessari forti investimenti nei rigassifigatori perché il GNL è fondamentale per la transizione. E ve n’è in abbondanza, nel Mediterraneo meridionale, nel Golfo e negli Usa. Quindi il via al rigassificatore di Piombino sarebbe quanto mai opportuno
Le stesse fonti sottolineano sulla necessità di accelerare sulle rinnovabili non solo per la produzione di energia, ma anche il vista dello sviluppo dell’ idrogeno, un gas neutro per l’ambiente che però al momento ha ancora alti costi di produzione e la cui tecnologia dipende anche dalle rinnovabili per il trasporto nei gasdotti. Non a caso è in corso una accelerazione delle rinnovabili non solo in Europa ma anche in altre regioni del mondo come il Golfo e i paesi africani che si affacciano sul Mediterraneo, anche in vista del futuro sviluppo dell’idrogeno, accelerazione favorita anche da accordi con paesi europei. Come quelli recenti firmati dall’Italia con l’Algeria e che prevedono non solo un aumento dell’esportazione di gas ma anche, tramite l’Eni, uno sviluppo delle rinnovabili proprio in vista della produzione dell’idrogeno.
Un altro elemento ritenuto positivo per lo sviluppo del mercato dell’energia viene citato l’accordo definito « storico » tra Libano e Israele sulla frontiera marittima. Nonostante le forti tensioni tra i due paesi, Israele ha autorizzato la compagnia Energean ha effettuare test esploratuvi nel giacimento di gas di Karish. E ora si guarda dalla parte della Turchia e Cipro nella speranza che possano seguire l’esempio israelo-libanese.
Sarà ora interessante seguire il dibattito della COP 27 e non solo sui problemi legati specificamente all’energia ma anche su quelli legati al riscaldamento della Terra e le chance di raggiungere l’obiettivo di limitarlo a 1,5 C.