Il popolo di Trump, el pueblo di Peròn

Firenze – Un paese modello di democrazia che ha consolidato in due secoli di rispetto dei principi del “check and balance”, che si fa forte e orgogliosa della costituzione che ha ispirato tutti i movimenti libertari del mondo, ora è guidata da un signore che parla come Juan Domingo Peròn, autoritario presidente dell’Argentina del secolo scorso.

In venti minuti scarsi di discorso di insediamento, quello che dovrebbe dare indicazioni molto concrete sulle linee della nuova amministrazione Donald Trump, presidente degli Stati Uniti d’America ha detto che la sua sarà una democrazia “del popolo, per il popolo, governata dal popolo”. Settanta anni fa Peròn arringava la folla con le stesse parole: “La verdadera democracia es aquella donde el gobierno hace lo que el pueblo quiere y defiende un solo interés: el del pueblo” (la vera democrazia è quella dove il governo fa quello che vuole il popolo e difende un solo interesse, quello del popolo). Un’omologazione panamericana al ribasso? O piuttosto il mascheramento di una politica ultra-liberistica attraverso parole che attingono al peggior vocabolario populistico?

Non esiste un categoria politica “popolo” se non nelle espressioni di chi ha ben altro da fare che pensare al popolo, quello di cittadini ordinari che affrontano tanti problemi dell’esistenza quotidiana. L’insieme popolo è composto da tanti sottinsieme: c’è quello della finanza, della ricchezza immobiliare, dei proprietari delle grandi multinazionali; quello della borghesia medio – alta di professionisti e imprenditori; poi quello medio che più ha subito i colpi della crisi. Infine c’è quello dei meno abbienti, dei poveri di andata e ritorno, dei disoccupati, di quelli che ogni giorno devono ingegnarsi per sbarcare il lunario. Per indicare questi diversi popoli, economisti e sociologi usano altre parole: classi, ceti, primi o ultimi percentili di reddito.

“No, noi non ci dimenticheremo mai di loro”, ha detto Trump. Ed è stato subito di parola: il suo primo atto è la firma di un decreto che avvia lo smantellamento dell’Obamacare, la riforma che ha esteso a  20 milioni di americani poveri l’assistenza sanitaria gratuita. Così come non si è dimenticato di quell’1%  di popolo che possiede da solo il 40 per cento della ricchezza dell’intera nazione: finanzieri, petrolieri e generali occupano i posti chiave dell’amministrazione.

In un mondo occidentale dove ci si impegna onestamente e facendo tesoro dell’esperienza per rendere le società più eque ed equilibrate, garantendo così la pacifica convivenza, Trump propone la caricatura dei vecchi demagoghi che confondono le folle con parole grosse, mentre dietro di lui altri coltivano la pianta della disuguaglianza. Quella che avvelena la democrazia.

Cosa dunque poteva dire di più e di diverso Trump agli americani se non ripetere quelle frasi roboanti che ha usato nella campagna elettorale e che gli hanno attirato la simpatia soprattutto di quelli che hanno tutto da perdere da una non politica che li distrae dalla verità dei fatti che verranno compiuti?

Foto: Juan Domingo Peròn

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