Il popolo delle partite Iva e l’indennità da malattia: intervista a Daniela Fregosi

Daniela Fregosi, 47 anni, maremmana, psicologa del Lavoro, consulente e formatrice aziendale, sta da tempo conducendo una strenua campagna per ottenere il riconoscimento dell’indennità di malattia lungodegente per lavoratori autonomi e professionisti, insomma per quel popolo delle partite Iva che è oggi in condizione di inferiorità per quanto riguarda le tutele sociali. Daniela Fregosi ha provato sulla sua pelle quanto dura può essere la situazione quando si è ammalata di tumore al seno. Ma ha saputo reagire, alla malattia e alle ingiustizie sociali . Dal suo blog (Afrodite K) ha lanciato una petizione su Diritti e assistenza ai lavoratori autonomi che si ammalano”, che fa leva su quanto previsto dalla Costituzione ed è stato sancito dal del Parlamento europeo. Con questa intervista ne sottolinea obiettivi e linee di fondo.

Qualche giorno fa lei ha scritto sul suo blog “Ministro Poletti, rispondi!”. Lei si riferisce alla Petizione “Diritti ed assistenza per i lavoratori autonomi che si ammalano” che ha superato le 80.000 firme. Di cosa si tratta esattamente?

“Si tratta di una Petizione che chiede maggiori tutele per le partite ive che si ammalano, soprattutto quelle appartenenti alla Gestione Separata Inps (che hanno, in modo assolutamente ingiustificato, l’aliquota Inps più alta in assoluto, il 27,82%, di cui una parte dedicata proprio alla malattia). Visto che paghiamo vorremmo avere prestazioni assistenziali adeguate come lavoratori. La petizione è stata sottoscritta sia da moltissimi lavoratori autonomi (e loro familiari) ma anche da dipendenti pubblici e privati, questo perchè la “forma” di lavoro che facciamo non è immutabile ed eterna”.

Sta ancora attendendo una risposta dal Ministro del Lavoro. Ma la sua campagna ha già avuto altre risposte?

“Molte amministrazioni locali hanno risposto al mio appello facendo approvare mozioni (che riprendono il testo della Petizione) indirizzate al Parlamento ed al Ministero del Lavoro: per esempio i comuni di Grosseto, Trento, Reggio Emilia e Sardara (Sardegna) e le Regioni Puglia e Toscana. Altri si stanno aggiungendo. Alcune associazioni di categoria (Confcommercio, Confartigianato, Confprofessioni) stanno inoltre scendendo in campo per supportarmi”.

C’è, insomma, una disparità di trattamento fra lavoratori dipendenti e autonomi.

“Decisamente. Discriminazioni e carenze legislative causate principalmente da una mancanza di conoscenza sulle caratteristiche del lavoro autonomo (soprattutto quello di nuova generazione) nei nostri politici e nei sindacati, il tutto collegato a stereotipi ricorrenti e ormai datati (lavoratori autonomi ricchi, evasori, che pagano meno tasse…). I lavoratori autonomi non possono ammalarsi: indennità di malattia e degenza ospedaliera assenti o irrisorie, niente 104, costi fissi/tasse che non si fermano e chi più ne ha più ne metta”.

Lei ne ha avuta una personale esperienza.

“Quando è arrivata per me la diagnosi di carcinoma infiltrante al seno, non è stata la malattia il mio pensiero predominante, ma l’agenda con le giornate che mi saltavano, l’impossibilità di lavorare e viaggiare, il fatturato che si fermava ed i costi fissi che rimanevano, l’incubo di Equitalia. Noi non possiamo permetterci di pensare a guarire e questo è inconcepibile sia rispetto agli articoli 32 e 38 della nostra Costituzione ma anche in rapporto al livello di tassazione che abbiamo”.

Un tempo il professionista, il lavoratore autonomo poteva permettersi un’assicurazione privata che risarcisse il periodo di mancato lavoro.. ma oggi è un periodo di magra che non consente più di tutelarsi da soli.

“Il problema non è solo la crisi economica. Quello che rende ormai impossibile ad un lavoratore autonomo iscritto alla Gestione Separata Inps, un’assicurazione privata, è l’aliquota altissima che paghiamo. Siamo ormai arrivati dal 10% del 1996 al 27,72% del 2015 e se la Legge Fornero, su questo punto, non verrà bloccata si arriverà al 33,72%. Altro che assicurazione, quello che ci rimane in tasca manco ci fa vivere”.

Come intende procedere nella sua battaglia?

“Dando il tormentone al Ministero del Lavoro, utilizzando TUTTI gli strumenti possibili, proseguendo con l’eco mediatico (TV, giornali, radio), continuando a raccogliere migliaia di firme, tartassando Roma attraverso le amministrazioni locali, stringendo alleanze con le associazioni di categoria (Artigianato, Commercio, Professioni), buttando alle porte dei parlamentari e dei politici. Io non ho alcun “cappello” e posso allearmi (e rompere le scatole) a chi voglio”.

Quanto ritiene importante l’apporto del mondo del Terzo settore? (associativo, del volontariato)?

“Devo dire che stanno rimanendo un po’ indietro…avrebbero potuto fare di più visto che sicuramente tra i loro associati ci sono anche moltissimi lavoratori autonomi. Ma qualcosa si sta muovendo e, per esempio, sto inoltre finendo di progettare una guida ad hoc sui diritti dei pazienti oncologici lavoratori autonomi che mi è stata commissionata da AIMAC (Ass. It. Malati di Cancro)”.

In definitiva bisogna dire che il concetto di “lavoro” si è ampliato ben oltre la soglia del lavoro dipendente. Ma la legislazione è ancora arretrata nel recepire questo dato di fatto.

“Assolutamente d’accordo. I sindacati ed i politici ci conoscono poco ed anche adesso che si stanno un po’ avvicinando al nostro mondo sono ancora pieni di stereotipi ed informazioni insufficienti. Lo statuto dei lavoratori è stato partorito quando ancora tutto il popolo dei professionisti a partita iva, quelli di nuova generazione, non esisteva. C’è infatti chi sta cercando di proporre lo Statuto dei professionisti. Purtroppo questo è un tema estremamente scottante perché va a toccare la “bomba ad orologeria dell’Inps”. E’ ormai chiaro a tutti che il nostro sistema previdenziale e di welfare è scoppiato”.

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