Il pollice alzato compie 15 anni, simbolo vincente dell’era digitale

Il like era ed è importante soprattutto sul fronte del marketing

Il pollice alzato, nella sua versione digitale tipica di Facebook, compie 15 anni il 9 febbraio. Il like apparve infatti per la prima volta, tra le opzioni dei naviganti del social network di Mark Zuckerberg, il 9 febbraio 2009. Facebook aveva da pochi giorni compiuto cinque anni e all’epoca – che pare un’era geologica fa – già pareva un miracolo potersi rincorrere tra un profilo e l’altro a migliaia di chilometri di distanza, o magari ritrovarsi virtualmente dopo anni e anni senza alcun contatto.

Non che quel pollice verticale fosse una novità assoluta: già nelle arene dei gladiatori, gli imperatori romani in vena di buonismo, lo usavano nei combattimenti all’ultimo sangue, per salvare la vita al perdente finito nella polvere. Anche se, a dir la verità, storici puntigliosi indicano che il pollice all’insù, nell’antica Roma, aveva proprio il significato contrario: la simbologia che esprimeva era in realtà quella della spada o della lancia eretta. E quindi, con il pollice alzato, gli imperatori avrebbero in realtà indicato l’invito a infilzare il poveretto sconfitto.

La questione, in realtà, nel mondo digitale, ha ben poca rilevanza. Il pollice in verticale sul social più diffuso al mondo significa, da 15 anni, “mi piaci”, “mi piace quello che hai scritto nel tuo profilo”. E, quando si tratta di pagine commerciali, mi piace quel biscotto o quell’auto o quel profumo. Che poi, a ben vedere, quel like era ed è importante soprattutto sul fronte del marketing, come simbolico messaggio di apprezzamento di un tal prodotto e di sottintesa promessa d’acquisto. Vero che, soprattutto all’inizio, naviganti virtuali speranzosi di incontri a sfondo più o meno romantico, davano a quel like un significato di apprezzamento personale. E soprattutto le donne, subivano l’inoltro insistito di messaggi più o meno espliciti, se solo si azzardavano a mettere il like sul profilo di un finto single. Ma in realtà, in un social senza pagamento all’ingresso, il valore di marketing e quindi l’interesse commerciale, era ciò che aveva spinto ad inventare il simbolo del pollice alzato.

Il creatore del “like” in versione social fu Justin Rosenstein, che qualche anno dopo il grande successo della sua invenzione, si iscrisse al “partito” sempre più numeroso degli ex dipendenti dell’azienda di Zuckerberg, profondamente pentiti. Così rivelò il suo tormento al Guardian: “Il tasto ‘mi piace’ di Facebook è una fonte di pseudo piacere – ha detto Rosenstein – Tutti sono distratti, sempre”. E annunciò di aver rimosso l’app dal suo smartphone.

Non mancano autorevoli pensatori che fanno pollice verso al pollice alzato. È il caso di Robert W. Gehel, docente di Comunicazione all’Università dello Utah. Scrive su The New Inquiry, già nel marzo 2013, un saggio intitolato A history of like, in cui non lesina raffinati pensieri critici: “Facebook mette in vetrina il capitalismo delle emozioni. Il bottone Like – scrive Gehel – abbatte ogni velo e rivela lo stucchevole e patetico bisogno degli esperti di marketing di rendere piacevoli i loro brand. Se continua a piacermi, continuo a comprare, questo il presupposto. Su Facebook, il pulsante Like banalizza ancora di più questa sintesi e la rende visibile, rendendo l’intero processo – conclude il professore dello Utah – alquanto fumettistico e stucchevole”.

A dir la verità, la logica del “mi piace” ha preso sempre più piede. Ne hanno avvalorato il significato stuoli di politici avidamente in cerca di consenso digitale, tanto da dimenticare i problemi reali della gente. Poi, qualche anno dopo, nel 2016 e sempre a febbraio – il 24, per essere precisi – al semplice pollice alzato sul proprio social, Zuckerberg ha voluto aggiungere le Facebook Reactions, quelle faccine espressive figlie degli emoticons, che vogliono dire: love con il cuoricino, che è molto più di un like, evidentemente. E poi, ancora, la faccia che ride un po’ sarcastica, quella un po’ triste, quella arrabbiata, e quella che spalanca la bocca in un Wow sibillino: meraviglia, stupore, o fastidio? Chissà.

Ma è il pollice alzato che continua a dominare. A soli 15 anni è il testimonial più evidente, quasi sfacciato, del successo di Facebook, che nel 2023 ha potuto contare su 2 miliardi e 958 milioni di utenti, pari al 37% della popolazione mondiale e alla metà dei possessori di uno smartphone, che in Italia sono 78 milioni e 320 italiani. In pratica, come disse Altan: “E’ record, ogni cellulare possiede un italiano”. Anzi di più. E nonostante Facebook sia ormai soprattutto il social dei “boomers”, i pollici continuano ad innalzarsi orgogliosi, ed i naviganti sparsi ai quattro venti insistono ancora a sperare in un “mi piace”, che è sempre meglio di niente. E in questa ricerca, più che esporre sé stessi, mettono sempre più in vetrina sul proprio profilo, soprattutto i propri amici a quattro zampe. Così, anche i politici sono stati costretti a migrare da Facebook: si sono ormai resi conto che non ce la faranno mai a strappare più like di un gattino spettinato.

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