Non ha fatto in tempo ad insediarsi il nuovo vescovo Massimo Camisasca che la sua scrivania è già carica di problemi e questioni aperte. Che la situazione della diocesi reggiana non fosse delle più semplici il nuovo pastore lo sapeva da tempo. Il papa (e il cardinale Camillo Ruini) hanno scelto il ciellino Camisasca – noto non solo per le sue doti di filosofo e divulgatore ma anche per il carisma e le capacità organizzative – proprio per mettere mano ai nodi, alcuni dei quali lasciati in eredità da monsignor Adriano Caprioli.
Su Camisasca si stanno riversando in queste ore le attese di una curia inquieta e davanti al suo ufficio si è già formata una lunga fila. Sono due i problemi principali in cima all’agenda del nuovo vescovo: la questione economica e i “ribelli” del Familiaris Consortio.
Il “buco” nel bilancio
Particolarmente difficile è la situazione delle casse della diocesi. Il peso della stagione di “grandi opere” inaugurata dal vescovo Caprioli si sta facendo sentire: il controverso restauro del Duomo, la costruzione di un nuovo “polo pastorale” a Baragalla (i cui costi sarebbero lievitati rispetto alle previsoni), il restauro del seminario di Marola (rimasto incompiuto per la mancanza di fondi) e infine la compilazione di una mastodontica “Storia della Diocesi” sono costati fino ad oggi svariati milioni di euro. Per fare fronte ai debiti sarebbe intervenuta addirittura la Cei che avrebbe però congelato l’8 per mille per un periodo di tempo indeterminato. Si tratta nella sostanza di un commissariamento.
Familiaris Consortio: una spina nel fianco?
Dal punto di vista pastorale la presenza del movimento Familiaris Consortio rappresenta da anni una spina nel fianco per la curia. Riconosciuto come associazione pubblica di chierici l’8 dicembre 2008), è una specie di mini-chiesa nella chiesa, con Unità pastorali e nuovi sacerdoti al suo interno. Una comunità che ha chiesto vita comune e formazione specifica già dal marzo del 2000. Ufficialmente il loro Statuto varrà per altri tre anni e recentemente è stata inaugurata la cappella Ecce Mater. Sul tavolo delle trattative per il riconoscimento e l’autonomia, il movimento ha sempre utilizzato come leva la notevole dote di sacerdoti e seminaristi che in momento di crisi vocazionale ha avuto il suo peso. Camisasca potrebbe cambiare atteggiamento rispetto al predecessore: il nuovo vescovo è esponente di spicco di Comunione e Liberazione e guida la Fraternità San Carlo, uno dei principali centri per la formazione di sacerdoti missionari. L’argomento delle vocazioni con un personaggio di tale calibro potrebbe non essere più utilizzato come strumento di pressione: a Camisasca sarebbe sufficiente alzare il telefono per sopperire immediatamente ad eventuali defezioni.
Una diocesi inquieta
La nomina di un vescovo ciellino non è piaciuta a tutti i sacerdoti. Bisogna tenere presente che Camisasca si insedia in un momento particolarmente difficile della vita della diocesi reggiana, attraversata dalle tensioni causate dagli ultimi spostamenti di parroci voluta, a dimissioni già rassegnate, da monisgnor Caprioli. Una mossa dell’ultimo minuto che ha creato diversi malumori e che è destinata a condizionare il lavoro di Camisasca almeno nei primi mesi. Ma non è tutto: è dai tempi di Beniamino Socche, ultimo vescovo principe, che Reggio non ha un vescovo “conservatore”, anche se il termine può essere fuorviante. La nomina di Massimo Camisasca viene considerata da più parti una rottura rispetto alla tradizione. Il nuovo vescovo si troverà dunque nella condizione di dovere mediare tra diverse correnti, alcune delle quali più o meno apertamente ostili al nuovo corso.