E’ probabilmente il “neneismo”, termine neologico con cui indicheremo coloro che “né con Putin né con la Nato”, fintamente terzi, realmente sprezzanti della più grave crisi del nuovo millennio, la piaga culturale più profonda e pericolosa che si annida nelle posizioni di comodo del mondo occidentale. Che ormai il filoputinismo o la soviet nostalgia, ascrivibile a sparute minoranze che il comunismo non l’hanno mai vissuto, è più facilmente classificabile come patologia venata di tendenze (non necessariamente emerse) criminali. Il neneismo è la sublimazione negativa dell’aut-aut kierkegaardiano, laddove al posto della vita estetica ed etica, si hanno quelle anestetica ed amorale.
Sotto le bombe di Putin che continuano a piovere sulle città ucraine e massacrano un popolo (un tempo) libero, pur nell’evidenza drammatica dei fatti, la resistenza dei distinguo delle ragioni è forte almeno quanto quella degli Ucraini stessi di fronte all’invasore russo. Nicchie di turbocomunisti da centro sociale, senza alcun peso specifico né probabilmente un futuro socialmente utile, che sposano le tesi di Mosca (dove se parli della guerra ti becchi 15 anni di galera), ovvero l’Ucraina come covo di nazisti (in un delirante comunicato facebook i Giovani comunisti di Reggio Emilia ad esempio, additavano la solidarietà all’Ucraina quale motivo di complicità della Nato e dei nazionalisti ucraini).
Poi decotti tromboni fasciocomunisti, che dalle nostre parti pullulano ed un tempo fiorivano negli sterminati campi delle non meglio precisate rivoluzioni incompiute, età media sui 70 anni e come tali destinati, giocoforza naturale, ad una prossima estinzione biologica. Ma, vero problema crescente destinato alla creazione di uno zoccolo sempre più duro nella rappresentazione e nella comprensione della realtà, frotte di complottisti che non credono più a ciò che vedono ma necessitano obbligatoriamente del filtro social. E che ritengono le fonti ufficiali, specie quelle dei Paesi e delle Organizzazioni democratiche, menzognere e manipolatorie in quanto tali e dunque si affidano solo a verità “alternative”. Realizzando senza esserne consapevoli l’ammonimento di Gilbert K. Chesterton, ovvero, mutatis mutandis, che non credere più alle religioni tradizionali, ti induce a credere a tutto il loro corollario di superstizioni. Nel nostro caso di falsità, manipolazioni, strumentalizzazioni, fake news.
Poi ci sono gli eterni terzomondisti che venerano Che Guevara ma per i quali al contempo “gli Ucraini devono deporre le armi e dialogare con Putin”. Per non parlare dei pacifisti ad intermittenza che espongono sì le bandiere della pace arcobaleno ma si guardano bene dall’esporre quelle dell’Ucraina. E mentre alle nostre borghesissime, paracule, ideologizzate ed alienate latitudini, si spolverano i busti di Lenin ed altri relitti del ‘900 (oggi buoni al massimo per il sottoscala di qualche museo), si fanno i distinguo e si discetta dei se e dei ma, Putin rispolvera per le città ucraine i metodi apocalittici già sperimentati in Siria e in Cecenia. E gli Ucraini continuano a perire per un’idea di Europa che molti tra noi non meriterebbero.
Foto: Vladimir Putin