“La maggior parte delle persone festeggia il Natale, soltanto perché la maggior parte lo fa” (“die meisten Leute feiern Weihnachten, weil die meisten Leute Weihnachten feiern “). E’ in questi termini che si esprime lo scrittore berlinese Kurt Tucholsky (1890-1935) sulla festività natalizia. In tedesco il Natale, detto „Weihnachten“, derivante dal medio alto tedesco „diuwīhenaht“ (XII secolo) ovvero “la sacra notte”, è un tema letterario ricorrente dal romanticismo ai giorni nostri sia nella versione “cattolica” tedesca-meridionale che “protestante” tedesca-settentrionale.
La riflessione teologica sul tema del Natale è proprio il fulcro del racconto (platonicamente) dialogico “Die Weihnachtsfeier” (Il festeggiamento del Natale”) del filosofo e teologo protestante slesiano Schleiermacher (1768-1834). Concepito parallelamente alla seconda edizione del “Discorso sulla religione” e pubblicato anonimamente nel 1806, il racconto si apre con le celebrazioni natalizie di una famiglia della grande borghesia prussiana, punto di partenza per una riflessione teologica sulla natività e sulla religione cristiana.
Non geograficamente lontano da Schleiermacher, il berlinese Ludwig Tieck (1773-1853) pubblica nel 1835 un racconto intitolato “Weihnacht-Abend” (“La notte di natale”). Il racconto, con una struttura narrativa a “matrioska”, cioè con più piani narrativi e narratori, tipica del canone romantico tedesco, è ambientato nella città natale di Tieck nel 1791 all’indomani della Rivoluzione francese. La Vigilia di Natale, una ricca borghese caduta in disgrazia riabbraccia, come per miracolo, il figlio, allontanatosi dalla famiglia alla fine degli studi liceali per non sottostare all’imposizione del padre-padrone di proseguire la carriera con gli studi universitari e sopravvissuto al vaiolo.
Il miracolo è anche al centro del natalizio “Bergkristall” (“Il cristallo di rocca”) dello scrittore austriaco, ammirato da Thomas Mann, Adalbert Stifter (1805-1868). Pubblicato nel 1845 il racconto, ambientato in uno spazio immaginario, narra dei piccoli Sanna e Konrad. Inviati dalla madre a portare gli auguri di Natale alla nonna, i bambini si perdono sulla strada del ritorno sul monte Gars che divide il villaggio della nonna, Millsdorf dal loro Gschaid, a causa di una forte nevicata. A differenza delle fiabe dei fratelli Grimm il racconto ha un lieto fine: i bambini, sopravvissuti alla notte gelida in una grotta, sono ritrovati dai compaesani il mattino seguente e possono finalmente riabbracciare i loro genitori.
Non è a lieto fine invece il racconto, anch’esso a tema natalizio, del Premio Nobel per la letteratura 1972 Heinrich Böll (1917-1985). La satira, datata 1952, intitolata „Nicht nur zur Weihnachtszeit“ (“Non solo per la stagione delle feste”), narra la storia di Milla, zia del narratore, traumatizzata dalla Seconda Guerra Mondiale ed i risvolti di quella che sembra l’unica terapia per curare la sua isteria: il Natale. Così ogni sera alle 18.30 tutta la famiglia è obbligata a riunirsi grottescamente sotto l’albero di Natale a sgranocchiare gli “speculoos” e a scambiarsi i regali per evitare alla zia Milla crisi di nervi. Dopo un anno però la famiglia comincia a dare i primi segni di disgregazione: si propone di sostituire i familiari con degli attori e alcuni meditano addirittura l’emigrazione. L’atmosfera “conservatrice” ed immobilista della Germania postbellica, porta con sé, agli occhi dell’autore coloniese, una forte spinta alla dissoluzione.
Dal tono ugualmente “crepuscolare” è il romanzo in racconti autobiografico „Als Vaters Bart noch rot war“ (“Quando la barba del padre era ancora fulva”) del francofortese Wolfdietrich Schnurre (1920-1989).Pubblicato nel 1958, il romanzo descrive le vicissitudini del giovane Bruno, orfano di madre, nella Germania pre-bellica all’avvento della dittatura hitleriana. Nel capitolo “Die Leihgabe” (“Il prestito”), il narratore rimemora l’amarezza con cui è vissuto il periodo natalizio: le ristrettezze economiche, causate dal licenziamento del padre in seguito al Crollo della borsa di Wall Street, non permettono neanche di comprare un albero di natale, simbolo per eccellenza del Natale tedesco.
Piuttosto inquietante e “perturbante” è anche il racconto del 1816 “Nußknacker und Mausekönig” (“Schiaccianoci ed il re dei topi”) del grande autore romantico E.T.A. Hoffmann (1776-1822), base narrativa nella forma rielaborata da Alexandre Dumas per il balletto natalizio di Tchaikovsky “Lo schiaccianoci”, reso celebre dalla coreografia di Rudolf Nureyev del 1963. Il racconto in 14 capitoli ha per protagonista la piccola Marie Stahlbaum, figlia di una ricca famiglia alto-borghese (probabilmente di Norimberga). In una dimensione semi-onirica la notte di Natale Marie assiste ad una battaglia tra un esercito di topi e di soldatini ussari, a cui si aggrega lo schiaccianoci dalla mandibola rotta, di cui Marie si prende cura. La vigilia di Natale quindi l’immobile diventa mobile, il gioco diventa realtà ed i confini tra allucinazione e realtà si fanno più labili.
La produzione letteraria tedesca sul Natale per giovani e piccini non ha tinte meno inquietanti. Lo scrittore realista Theodor Storm (1817-1888), a cui è dedicato il Literaturmuseum “Theodor Storm” a Heilbad Heiligenstadt in Turingia, ha incluso nella sua raccolta di poesie due poesie sul Natale. Una di queste, “Knecht Ruprecht” (prosa in versi del 1862) fa il ritratto di Knecht Ruprecht, personaggio del folklore soprattutto protestante, il quale regala mele, noci e mandorle ai bambini pii e a quelli che non lo sono li punisce frustandoli.
L’ultima menzione letteraria natalizia per bambini, stavolta però non inquietante, è il racconto “Der Wundervogelmann” (“L’uomo-uccello dei miracoli”) dello scrittore serbo-tedesco Jurij Brězan. Nato nel 1916 a Räckelwitz (in serbo Worklecy) e morto nel 2006 a Kamenz (in sorobo Kamjenc) e appartenente alla minoranza serba, parlante cioè una lingua slava occidentale imparentata al polacco e al ceco e di confessione cattolica in territorio oggi sassone, Brězan è l’autore tedescofono e sorbo-lusaziano con maggiore risonanza del XX secolo. Scritto nel 1989, “Der Wundervogelmann” ricorda l’importanza della carità nel giorno di Natale: la notte della Vigilia, nella fredda campagna innevata un uomo di umili origini viene ospitato nella stalla di una famiglia. Invitato al pranzo il giorno successivo, per sdebitarsi l’uomo regala ai benefattori un uccellino intagliato da un tronco legno.
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