
Colpo di scena a conclusione del 18esimo congresso provinciale della Cgil di Reggio Emilia. Il segretario uscente Guido Mora, che avrebbe terminato il suo mandato a maggio del 2020 ed era l’unico candidato alla guida della Camera del Lavoro avoro, è stato sfiduciato dall’assemblea generale nel segreto dell’urna. Dei 141 componenti dell’organo elettivo 66 hanno espresso voto favorevole per la riconferma di Mora, 75 contro. Una doccia gelata per il segretario che fino a ieri era convinto di poter contare sul sostegno di una solida maggioranza interna.
Una bocciatura sconcertante perché colpisce un dirigente apprezzato dentro e fuori il sindacato, anche per la sua capacità di sintesi unitarie, per le battaglie condotte contro i subappalti selvaggi e il precariato dilagante, e coraggioso nella denuncia delle responsabilità nella grande crisi del sistema cooperativo.
Il voto contro Mora appare non come un attacco personale ma con una forte valenza politica: un’operazione in tutta evidenza preparata a tavolino. Per disarcionare la sinistra interna. Contro la discesa in campo della Cgil come soggetto politico, ovvero il sindacato-partito (era di fatto la proposta di Mora) e contro Maurizio Landini che Camusso ha candidato alla segreteria generale del sindacato.
“E’ il mio 25 aprile. Ringrazio quei farabutti dell’assemblea generale”, è stato l’amaro commento di Mora dal palco del teatro Ariosto.
Tra i dirigenti sindacali, all’uscita del teatro sede della due giorni congressuale, nessuno ha voglia di parlare. Un iscritto però dà sfogo alla frustrazione, e tuona: “Dopo i martiri del 7 luglio è la cosa più grave mai successa a Reggio Emilia”.