Il grande burattinaio

Entusiasmante excursus mitteleuropeo di James Bradburne (dopo la tristezza inflitta alla presentazione dei 40 anni dei Cccp) alla conferenza stampa sulla prossima mostra di Palazzo Magnani “Marionette e Avanguarda: Picasso, Depero, Klee e Sarzi”. A proposito di quest’ultimo, speriamo che l’iniziativa serva a far rivivere uno dei patrimoni italiani più importanti sul fronte del teatro di figura, i cui pezzi oggi giacciono in un capannone nella zona industriale di Corte Tegge

Dopo aver assistito alla patetica presentazione di una delle celebrazioni più inutili della recente storia reggiana, i 40 anni dei Cccp, con Giovan Lindo Ferretti che si lanciava in un’intemerata (pure un po’ iettatoria visti i fatti recenti al Cremlino) filorussa, ci siamo rifatti la bocca presenziando a quella che ha reso pubblica la mostra “Marionette e Avanguardia – Picasso, Depero, Klee e Sarzi” e che animerà le sale di Palazzo Magnani in corso Garibaldi a Reggio dal 17 novembre 2023 al 17 marzo 2024.

L’excursus di James Bradburne (del Comitato scientifico di Palazzo Magnani), direttore della Pinacoteca di Brera e della Biblioteca Braidense, sulla declinazione del Teatro di Figura nella cultura mitteleuropea (fin giù all’Italia ed alla Reggio di Otello Sarzi), ci ha riconciliato col rito trito e contrito delle conferenze stampe. Un piacere intellettuale provocato dal colto eloquio bradburniano e dal suo accattivante accento britannico che ci ha riportato alle atmosfere da “lesson one”.

A Palazzo Magnani ad accogliere i visitatori saranno i costumi a grandezza naturale disegnati da Pablo Picasso per Parade, balletto coreografico che i Ballets russes di Sergej Djaghilev portarono in scena a Parigi nel 1917. Poi una folla di marionette “alte e basse”, ovvero manipolate dal basso, con le mani o attraverso un bastone, dall’alto, dagli esemplari più antichi, come i Pulcinella o gli Arlecchino della Commedia dell’Arte, a quelle di Otello Sarzi, reggiano di adozione, realizzate con materiali di recupero.

Due teatrini da fiera, allestiti nelle sale a piano terra, consentiranno ai più piccoli di cimentarsi con il teatro di animazione e nei fine settimana, sarà interpretato anche da alcuni degli ultimi burattinai italiani. Vedendoli all’opera c’è da chiedersi: “I burattini vanno in paradiso quando muoiono?”, domanda del tutto naturale, collocandosi le marionette in una zona grigia, tra creature viventi e oggetti inanimati.

Il modo in cui gli oggetti possono essere portati in vita e le conseguenze della loro autonomia hanno affascinato scrittori e artisti da Collodi a Capek, ma anche tanti artisti futuristi italiani come Ettore Prampolini e Fortunato Depero: le marionette esprimevano un’estetica macchinica, erano astratte e, dopo la devastazione della Prima guerra mondiale, catturavano la triste realtà dei soldati di ritorno amputati e mutilati, come illustrato da Sironi, Carrà e De Chirico.

Grazie alla riscoperta da parte di Oskar Schlemmer del classico di Kleist Sul teatro delle marionette (1810), le marionette, i giocattoli e i giochi per bambini divennero un elemento centrale della pratica del Bauhaus nella Weimar degli anni Venti: Paul Klee, Andor Weininger, Lothar Schreyer, Sophie Täuber Arp e Oskar Schlemmer.

L’indagine si sposta quindi sull’avanguardia russa con “Le marionette e la Rivoluzione”. Quando Lenin e la moglie Natalia Krupskaya decisero di combattere l’analfabetismo e di formare il nuovo cittadino sovietico, capirono che l’uso delle marionette era l’ideale e, lavorando con artisti, architetti e scrittori di primo piano, figure come Natalia Sats, Samuil Marshak, El Lissitzky, Aleksandra Ekster, Nina Efimova, hanno sperimentato nuove forme di teatro per bambini.

Fino alla fine degli anni Venti, Vienna era una delle capitali culturali europee e, insieme a Berlino, una fucina di creatività nell’arte, nel teatro, nella musica, nella filosofia e nelle scienze.

Alla fine del XIX secolo, sull’onda dell’orientalismo, le classiche marionette giavanesi cominciarono ad apparire sulle scene europee. L’artista e illustratore austriaco Richard Teschner, in particolare, sviluppò l’arte della marionetta a bastone fino a raggiungere un punto culminante, che influenzò artisti da Parigi a Mosca. A raccontarlo in mostra la sezione “Sogni dell’Estremo Oriente – Espressionismo viennese”.

L’esposizione si completa con un Omaggio a Otello Sarzi (Vigasio, VR 1922 – Reggio Emilia 2001) e con lui a Fellini, Strehler e Rodari, grazie alla stretta collaborazione con la Fondazione Famiglia Sarzi. Nato da una tradizione di burattinai che durava da generazioni, Otello fu un giovane aiutante della compagnia itinerante di famiglia, per la quale vide il passaggio di novizi poi diventati famosi: tra gli altri, un giovane Federico Fellini. L’impegno della compagnia non venne meno nemmeno durante il difficile ventennio fascista. Nel novembre 1951 Otello inizia la collaborazione con Gianni Rodari a Novara, realizzando maschere per i bambini con i personaggi Cipollino, Atomino e altri inventati da Rodari. Da quel momento Otello si dedica esclusivamente al teatro dei burattini, drammatizzando Alfred Jarry, Samuel Beckett e Bertold Brecht e realizzando, con tecniche innovative, anche figure molto grandi.

Detto di questo affascinante punto di partenza nel tentativo di valorizzazione del patrimonio della famiglia e della Fondazione Sarzi, tra i più ricchi a livello nazionale a proposito del teatro di figura, speriamo non si tratti di un’iniziativa una tantum. Ma che che serva a dare il via ad una reale politica culturale di riproposizione di quella epopea teatrale e culturale di Otello Sarzi, a suo tempo in grado di entusiasmare, con spettacoli per tutte le età, differenti generazioni. 

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