“Ecco dei titoli che potrebbero essere molto attuali: impegno civico e “riferimenti antifascisti limpidamente anti totalitari di cui le forze politiche democratiche hanno bisogno oggi, nel vuoto del dibattito politico che si è creato”, come dice il presidente della Fondazione Circolo Rosselli, Valdo Spini. Sono solo alcuni dei temi affrontati a Firenze nella biblioteca della Fondazione Spadolini Nuova Antologia in occasione della presentazione del volume di Alessandro Galante Garrone, “Per l’eguaglianza e la libertà” (Einaudi editore), a cura di Paolo Borgna, Francesco Campobello e Massimo Vogliotti . Un libro che raccoglie gli articoli appassionati e puntuali, scritti su La Stampa dal magistrato, storico, antifascista, uomo della Resistenza, rappresentante del Partito d’azione nel Cln (Comitato di liberazione nazionale) piemontese e perfino giornalista che era Galante Garrone, uno dei fondatori della Repubblica italiana. Editoriali che, come spiega il magistrato e ex procuratore aggiunto di Torino, Paolo Borgna, partono sempre da un fatto specifico per assurgere poi a considerazioni generali, in modo comprensibile da qualsiasi lettore.
Il libro serve a divulgare il pensiero di “un uomo che fu un grande storico del Risorgimento, un convinto militante della Resistenza, diventato magistrato negli anni del fascismo per non essere costretto a prestare giuramento di fedeltà al regime e, solo dopo la liberazione, anche il noto professore universitario che tutti conosciamo. Ma che io ricordo soprattutto come educatore civile, lui che a 90 anni rifiutò il titolo di senatore a vita per essere libero, come disse lui” spiega Cosimo Ceccuti, presidente della Fondazione Spadolini Nuova Antologia, promotrice della presentazione del volume di Galante Garrone, insieme al Circolo Rosselli, all’Istituto Piemontese per la storia della Resistenza e alla società contemporanea Giorgio Agosti. Un omaggio a Galante Garrone che sfocia nella riflessione sulla straordinaria capacità dei suoi editoriali di parlare al presente.
Un’attualità che spinge Spini a parlare, a proposito del libro-raccolta degli articoli usciti su La Stampa come di “editoriali che vorrei leggere anche oggi” , provenienti da “un’Italia, quella dei Galante Garrone e dei Bobbio, che era un’Italia di minoranza, ma che nell’inaridimento di certe zone della politica che è avvenuto oggi può avere un grande ruolo civico. A questo scopo possiamo continuare a far risuonare la sua voce proprio con il volume che presentiamo e che ci ripresenta temi che ancora sono sul tappeto. C’era un profondo e fecondo collegamento tra l’ azionismo torinese dei Bobbio e dei Galante Garrone e l’azionismo fiorentino della rivista ‘Il Ponte’, un filone ideale e politico che si richiamava ai Rosselli e che trovava in Calamandrei e in Salvemini due grandi punti di riferimento” .
Appunto per l’attualità di quell’intreccio, “vent’anni dopo la scomparsa di Alessandro Galante Garrone – spiega Paolo Borgna nella sala dove siede anche la figlia di Galante Garrone, Giovanna – abbiamo pubblicato un’antologia degli editoriali apparsi per quasi mezzo su La Stampa. Sullo sfondo troviamo i temi da sempre cari alla intellettualità azionista e liberalsocialista: uno Stato moderno capace d’essere autorevole ma non autoritario, la difesa della Costituzione, l’importanza della scuola pubblica, la lenta dialettica tra mutamento dei costumi e modifiche legislative, la condizione della donna, una magistratura che viva la propria indipendenza senza trasformarla in arrogante separatezza. Galante Garrone fa un quadro storico dell’Italia dei primi decenni della Repubblica che ci aiuta a meglio capire il nostro presente”.
Una illuminazione sul presente che proviene dagli articoli di Galante Garrone che colpisce in modo particolare la presidente della Corte di Cassazione, Margherita Cassano, la quale irrompe nel dibattito con una brillante e inusuale riflessione quanto mai attuale sul ruolo della magistratura e le caratteristiche esclusivamente tecnico-professionali del giudice che lo devono ispirare a non fare i mestieri di altri, magari dando, se invece li facesse, un alibi alla politica per non intervenire o, al contrario, lasciandosi spingere al passo più lungo della gamba proprio dalla latitanza della politica e delle amministrazioni che si troverebbe impropriamente a supplire.
“Leggere questo libro è stato molto importante per me – esordisce – Cosa significa essere magistrato è l’interrogativo di fondo di Galante Garrone che riflette, nella parte dedicata alla Costituzione, sulle due propensioni diverse, che scattarono dentro la magistratura appena la Costituzione entrò in vigore: di chi, essendoci ancora dopo la liberazione il vecchio ordinamento giuridico, pensava che lo si dovesse scrupolosamente seguire e l’altra di chi invece era convinto di una libera interpretazione di leggi ormai incompatibili con i cambiamenti, ancora prima che arrivasse un nuovo ordinamento”.
Se pure in un consesso liberalsocialista e appassionato della Costituzione come gli scritti di Galante Garrone, verrebbe d’impulso di stare con chi vorrebbe fare il salto in avanti, ecco Cassano che ribalta le carte e che, proprio sulla base della riflessione a lei ispirata da quegli scritti, promuove il giudice che si ricorda del suo obbligo di soggezione solo alla legge e spiega che proprio la Costituzione prevede la separazione dei poteri e che dunque la magistratura non può appropriarsi anche dei poteri altrui. In sintesi, riflette Cassano, se qualcosa non torna, il magistrato, proprio perché è una figura professionale, può al massimo muovere eccezione di costituzionalità ma mai sostituirsi a un altro potere.
“Galante Garrone aiuta a riflettere – interviene – su quale deve essere rapporto tra norma ordinaria e norma costituzionale. Da un lato allora c’era la Costituzione appena entrata in vigore e dall’altro c’erano le norme primarie in vigore da prima: quale era il ruolo del giudice? Ci si aspetta che Galante Garrone propenda per un’immediata applicazione della Costituzione e invece lui fa una riflessione più profonda e sfaccettata che si intreccia con la visione della solidità dell’impianto giuridico e con la divisione costituzionale dei tre poteri per cui non poteva essere il magistrato a mettere da parte immediatamente la legge esistente per creare uno spazio nuovo . Ne nasce un interrogativo profondo che ha alla base il principio di soggezione del giudice solo alla legge la quale peraltro, come evidenzia Garrone, può avere anche il vantaggio di consentire al magistrato di non scendere a compromessi di fronte a regimi autoritari. Come, durante il fascismo, le leggi che esistevano prima della dittatura permisero a giudici cresciuti in una cultura liberale di evitare effetti ben peggiori dei quelli che già c’erano” .
Ed ecco che Cassano, ricordando il principio di soggezione della magistratura alla sola legge, passa alla “modernità di riflessione degli scritti di Galante Garrone su Mani Pulite, sul rapporto tra politica e morale, sul ruolo della magistratura che vuole sostituirsi alla coscienza sociale, banalizzando quel periodo con una visione manichea che ha avuto risultati negativi. Galante Garrone riflette su giudici che si appassionano del ruolo salvifico della democrazia e pensano di potersi sostituire alla politica e all’amministrazione quando è esclusivo compito del magistrato indagare sul reato e eventualmente attribuirlo”.
Fu allora un “errore storico evidenziato da Galante Garrone – conclude – Un’ ingenuità della magistratura che ha ritenuto di sostituirsi a tutti gli altri protagonisti dello stato democratico. Gettando, così, le basi di una supplenza dell’ordine giuridico esistente perché si occupava di temi su cui in precedenza non era permesso indagare mentre gli altri abdicavano al loro ruolo delegando tutto alla magistratura. Scordando che la democrazia deve invece avere invece più livelli e che quello giudiziario arriva solo alla fine, dopo che abbiano funzionato tutti i meccanismi di prevenzione e controllo” . In sostanza, secondo Cassano, la riflessione di Galante Garrone sul ruolo della magistratura durante gli anni di Mani pulite “porta a una fortissima autocritica da parte della magistratura su un’appropriazione di spazi non suoi che poi finisce per portare all’attacco contro la medesima”.
In foto Alessandro Galante Garrone