Nel 1910 o giù di lì, Giuseppe Prezzolini, direttore della Voce, una delle maggiori riviste culturali
italiane dell’epoca, invitò a Firenze un collaboratore d’eccezione: Benedetto Croce. Il celebre
filosofo accettò, e nel giro di qualche settimana giunse da Napoli in treno e prese alloggio in un noto
albergo cittadino. Si era in maggio inoltrato, il tempo era splendido, Firenze si offriva al visitatore
nel suo aspetto più seducente. Sapendo che a don Benedetto la città era del tutto nuova, i redattori
della Voce gli mandarono un biglietto con la proposta di una passeggiata nei dintorni, durante la
quale l’eletta compagnia avrebbe potuto discutere degli argomenti “caldi” da trattare nei numeri
successivi della rivista. Accettata dal Croce la profferta, nel primo pomeriggio di due giorni dopo i
redattori entrano nell’albergo e si fanno annunciare all’ospite dal concierge; mentre aspettano costui li
informa del fatto, davvero inconsueto per un forestiero, che fin lì “il signore” si è mosso dalla
propria camera solo per consumare i pasti nella sala comune.
Di lì a pochi minuti Croce sbuca dall’ascensore, e dopo le presentazioni e felicitazioni di rito il
gruppetto sale su una vettura di piazza e si fa deporre ai piedi delle rampe di San Niccolò. L’idea è
quella di proseguire a piedi verso piazzale Michelangelo, in modo che l’illustre visitatore possa
ammirare il panorama che si allarga con il procedere dell’ascesa. Lungo le scale si parla, si pongono
domande e obiezioni, ci s’infervora; ma mentre gli altri, pur abituati alla veduta della città, si
soffermano ogni tanto, volgendo lo sguardo allo spettacolo di Firenze nella cornice della natura
trionfante, don Benedetto continua implacabile ad argomentare, il bastone da passeggio
sottobraccio, senza mai distogliere gli occhi dalla punta delle scarpe.
I “vociani” ne rimasero sgomenti; e oltre mezzo secolo dopo Prezzolini, a Firenze di passaggio,
racconterà divertito l’aneddoto in una conferenza tenuta al circolo Leonardo di palazzo Corsini.